Capitolo nove

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Vi è mai capitato di pensare: "Cavolo ho fallito, ritenterò la prossima volta?"

È una cosa che si può pensare quando sei al luna park e devi colpire con un fucile di plastica i bersagli.

È una cosa che ho pensato anche io quando avevo dodici anni e presi cinque ad un compito.

Non si può pensare peró quando quello che hai combinato ha conseguenze inevitabili.

Ad esempio quando i miei mi hanno cacciato di casa,non ho pensato di riprovarci.
Ormai era andata così.

E quindi, adesso, circondato da fogli accartociati,cerco di scrivere cose che hanno veramente un senso.
Da circa due ore.

È una cosa impossibile!

Come si fa a scrivere un tema sul primo amore?

La mia prof di italiano è una pettegola, una stronza, una che racconta alle sue amiche oche tutto quello che gli alunni scrivono nei temi assurdi che da.

L'altra volta ci aveva dato "Descrivi la tua famiglia".
È un tema che non ho fatto, e mi sono beccato un due.
Ma tanto a chi interessa? Ai miei sicuramente no.

E poi da quando io ho avuto un primo amore? Perché dovrei descrivere una realtà che non mi è mai capitata?

Non ho mai dormito abbracciato ad un'altra persona, non ho stretto la mano a nessuno tranne che ad Alex, non ho mai dato un bacio né ne ho ricevuto uno.
Ma cavolo, è veramente un tema da dare a ragazzi di quest'età?

Sto ancora un pò a pensare poi mi viene un'idea e scrivo tutto quello che sento.
Dopo mi rendo conto che non posso dare questo tema ad una prof quasi sicuramente omofoba.

E quindi me lo invento, mi invento una bambina delle elementari con cui mi sono fidanzato e le emozioni infantili che provavo.
Bhe, meglio di niente.

Mi alzo sbuffando e vado in camera di Alex, che dorme.
Prendo la rincorsa e mi butto sopra di lui.

Alex sussulta per poi iniziare a gridare che sono un coglione.
"Lo so che mi vuoi bene" dico ridendo.

Lui sbuffa e si gira di spalle, rido ancora e lo abbraccio da dietro poi mi alzo e torno in cucina.

Due giorni fa a scuola Renè mi ha dato il suo numero e mi scrive tutti i giorni per sapere se ci sono novità.
I miei incontri con Noah l'hanno tanto interessata che era abbastanza seccata di non averli saputi al momento.

Eppure dopo la volta sul tetto non l'ho più visto. Ho persino sostato vicino al suo armadietto e,con delle scuse, ho spiato tutte le classi del mio anno.
Non sono salito al terzo piano, ma qualcosa mi diceva che Noah non era proprio a scuola.
È strano dirlo, lo sentivo e basta.

Sospiro sul bancone della cucina quando mi arriva un messaggio. Afferro il cellulare. È Renè che mi ha scritto se domani a scuola avverto i prof che entrerà alla seconda ora. Non gli chiedo il perché,non sono molto curioso in realtà. Mi limito a scrivergli un "ok" e a pensare che tanto mi racconterà il motivo domani.

Guardo l'orario e sono le venti, è il caso che cucini qualcosa.
"Dobbiamo cenare!" grido.
"Ordina qualcosa, io non voglio niente" mi risponde Alex con voce roca. Sembra stanco.

Comunque sia apro il figro e afferro l'hamburger rimasto di ieri. Alex non lo accetterebbe, lui odia che si mangino i resti ma ,visto che nemmeno io ho tanta fame, questo mezzo hamburger mi basta.
Mi siedo e addento il pane.

Pochi minuti dopo guardo la tv seduto al divano. Capito in un servizio al telegiornale dove raccontano di un altro attentato.
Rammaricato vado a dormire,non mi va proprio di sentire altre brutte notizie.

Mi sveglio con le urla di Alex che mi dice di muovermi.
Sbuffo e mi alzo piano, faccio colazione e una doccia veloce.
Poi scendo correndo le scale visto che non voglio chiedere ad Alex di accompagnarmi.

Arrivo in orario e, una volta nell'istituto, tiro un sospiro di sollievo per i termosifoni accesi. Fa davvero freddo in questi giorni.

Cammino per i corridoi finché non arrivo di fronte a quel armadietto, il 137.

Lo guardo per un po'  consapevole di poter sembrare uno stolker di armadietti, poi rivolgo di nuovo lo sguardo in avanti.

Ed è lì che lo vedo: indossa una felpa blu, il capuccio calato sulla testa, jeans e sneacker nere.

Cammina finché non mi raggiunge. E qui mi immagino un caloroso saluto, o almeno, un cenno. Invece mi rifila un breve sguardo di ghiaccio per poi girarsi verso il suo armadietto e ignorarmi.

"Noah" lo chiamo avvicinandomi.
Niente.

"Ehy, esisto" riprovo.

Finalmente si gira, mi squadra tutto e fa una smorfia seccata.
"Ho notato" dice per poi chiudere l'armadietto e diregersi in classe.
Lo seguo, perché abbiamo lezione insieme.

Ci sediamo vicini, o meglio io mi siedo vicino a lui.
La prof fa l'elenco e io le comunico che Renè entra alla seconda ora, motivo per cui lei non le mette l'assenza.

Il resto della giornata passa così: ci spostiamo per i corridoi insieme e, quando arriva Renè,si unisce,anche se stranamente non dice una parola che non sia essenziale.
Nel break mangiamo uno di fronte all'altro e a volte Noah mi guarda facendomi gelare il sangue, allora io abbasso gli occhi e lo sento sorridere. Prima fa l'antipatico, accetta con disinteresse di sedersi con noi e poi si diverte nel farmi imbarazzare?
Che piani ha, si può sapere?

Verso la fine delle lezioni, all'uscita, Noah mi saluta dicendomi di farmi vedere domani perché mi vuole dire una cosa.

Tremo quasi quando scende le scale e mi rivolge il suo ultimo e solito sguardo indifferente.
Mi chiedo dove stia andando e poco dopo, Renè mi fa la stessa domanda.

Rain of feelings  -Tematica GayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora