21. Stammi alla larga

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Entro esuberante nella mia nuova classe.
Dovevo andare ad una scuola tecnica di moda, ma mia madre ha preferito mandarmi al liceo classico.
È più serio, dice.
<< Ei ciao! >> Mi saluta una ragazza dai capelli castano scuro, occhi neri, con un sorrisetto stampato in faccia.
<< Ciao >> le rispondo a mia volta.
<< Sei nuova giusto? >> Mi domanda
<< Si... >>
<< Allora lascia che ti spieghi come funziona qui, gli insegnanti, le materie... e i nostri compagni >> finisce facendomi un occhiolino.
Inizio ad esaminare le persone che mi circondano.
Ad un certo punto però, qualcuno entra in classe.
È Marcus.
In teoria dovrebbe essere il momento in cui i battiti del mio cuore accelerano e tutto si ferma.
Invece niente.
Non è la classica storia da film.
Ed io non mi innamoro.
Lui sorride appena mi vede, ma non sembra stupito di trovarmi qui.
Come se già lo sapesse.
Mi si avvicina senza smettere di sorridermi.
Anche se non riesce a trasmettermi il suo buon umore, anche se quel sorriso mi sembra falso, tento di ricambiarlo.
Mi esce una smorfia.
Lui però non demorde.
<< Buongiorno raggio di sole >>.
Già ci prendiamo tutta questa confidenza?
Lo guardo negli occhi.
Qualcosa in lui non quadra.
<< Ciao >> rispondo scorbutica.
Non capisco veramente cos'ho.
È come se stessi vivendo una vita che non sento mia.
Come se alla mente cercasse di venir fuori qualcosa che mi opprime.
Appena una professoressa minuta fa capolinea nella nostra classe, il moro davanti a me scappa a gambe levate.
Dovrebbe già essere in classe sua.
Non mia.
Le lezioni, nonostante sembrino interessanti e l'insegnante eloquente, non riesco a seguirle.
C'è qualcosa che devo ricordare, ma non ci riesco.
La testa sembra scoppiarmi.
Una volta suonata l'ultima ora corro fuori da scuola, ignorando la mia compagna di banco che mi chiede se è tutto apposto e mi dice che sono pallida.
Corro.
Corro e non mi fermo.
Finisco in un parco.
C'è un laghetto.
Tutto è così familiare.
All'improvviso qualche immagine arriva alla mia mente.
Due uomini.
Una bambina.
Uno sparo.
<< Ahhh! >> Urlo forte.
La testa mi pulsa.
Troppe cose sembrano sommerse dentro di me.
Non riesco più a frenarle.
Ho paura di svenire da un momento all'altro.
Ed ho la sensazione che non sarebbe nemmeno la prima volta.
Caccio un altro urlo.
La gente si gira.
Qualcuno mi chiede se sto bene.
Poi, come svegliata da un lungo sonno, tutto mi ritorna alla mente.
Non solo capisco di essere stata drogata e messa su un aereo.
Finalmente capisco che ogni incubo, ogni mia paura, sono ricordi.
E capisco che esattamente come avevo scordato il mio incontro con Matteo, l'arresto di mia madre, che a quanto pare non era più in prigione, avevo dimenticato anche il mio passato.
La mia storia.
Adesso tutto era chiaro.
Ma per spiegare ciò che provo, bisogna risalire all'inizio, all'età di soli quattro anni.

...

<< Papà! >> Gridai felice mentre mi rincorreva per prendermi la bambola che ero riuscita a fregargli con un semplice bastoncino di legno.
<< Ora ti prendo! >> Mi urlò di rimando.
<< Guerrieri, è pronta la merenda >>
Mia madre fece il suo ingresso nel giardino di casa.
No, non è Laura, la donna che ha cercato di uccidermi.
No, mio padre non è l'uomo che mi è venuto a trovare a Roma poco prima del tentato omicidio.
Perché quelli non sono i miei veri genitori.
<< Si!! La torta di mele della mamma! >> Esultai gioiosa.
Corsi in cucina e mi sedetti accanto alla mia famiglia.
Iniziammo a mangiare.
Mamma mi porse il mio pezzo di torta, ma mentre lo mangiavo, qualcuno bussò alla porta con molta insistenza.
Papà fece per andare a vedere chi è, ma quando si voltò verso di noi, era bianco in volto.
<< Tesoro chi è? >> Chiese allarmata la mamma.
<< Tua sorella >>.
Non avevo mai conosciuto la zia.
Mamma non me ne aveva mai parlato.
Pensavo fosse arrivato il momento, così, ingenuamente, saltai giù dalla sedia e corsi ad aprire la porta.
Quello che vidi però mi scandalizzò.
Dietro mia zia c'erano due uomini con due affari in mano.
Compresi solo ora che erano pistole.
Comincio a piangere dalla paura.
<< Dammi la bambina >>
<< Scordatelo Laura >>
<< Ho detto, DAMMI LA BAMBINA! >>
La sorella di mamma mi afferrò per la vita e mi portò via con la forza.
Poi sentii due colpi in un solo attimo.
Non mi voltai, ma ebbi come la sensazione che i miei genitori non stessero tanto bene.
La zia mi tenne fino all'arrivo dei due uomini, poi mi lasciò tra le loro braccia.
Avevo così tanta paura.
Poi successe, scalciai.
Volevo vedere i miei genitori.
Volevo tornare da loro.
Ma quando mi sporsi verso la porta di casa un'immagine agghiacciante mi si paró davanti.
I miei genitori erano morti.
Due uomini con una bambina in mano.
Pareti sporche di sangue.
La bambina urla.
Io urlo.
Io sono la bambina.

...

Mi dirigo a passo svelto verso la sede della polizia usando Google Maps sul telefono per trovarla.
Stranamente mi ero accorta che la mia posizione era già attiva e collegata ad un altro dispositivo.
Non mi ci è voluto molto a capire che era quello di Laura.
Ho ripristinato la password in modo da scollegarmici e ho digitato " polizia Roma " su internet.
Impiego una mezz'oretta ad arrivare.
Una volta lì, entro e mi rivolgo ad una poliziotta che si sta prendendo il caffè ad una macchinetta.
<< Mi scusi, dovrei urgentemente parlare con un'autorità. Anche lei se ha un momento >>.
Mi guarda scettica, ma poi acconsente.
Una volta entrati nel suo studio, mi siedo ed inizio a raccontare sperando di non passare per pazza.
Lei però non lo fa, anzi, si alza e chiama dei suoi colleghi per riportarmi a casa con la macchina.
Li incarica di entrare in casa mia e prendere Pablo e Marta per poi portarli qui e farli parlare.
Finalmente mi sento al sicuro.
Finalmente spero sia tutto finito.
Finalmente so di star sconfiggendo tutti i miei incubi.

... Ei ... Non siate passivi! Commentate e ditemi che ne pensate.
State comprendendo cosa succede?
Fate anche voi il tifo per Ambra?
Presto altre informazioni vi saranno rivelate, abbiate pazienza e mettete una stellina al capitolo se vi piace.
Un saluto e alla prossima 🌸💫

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