Capitolo II: Il Turco

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Il giorno dopo...


"Un altro carnevale?", chiese Elettra stupita.

Si trovava nello studio del Magnifico. Era stata convocata lì di prima mattina per parlare di questioni urgenti: l'assassinio del duca Sforza aveva mandato nel caos l'intera corte medicea e all'interno di quella stanza l'ambiente si era fatta parecchio pesante, niente a che vedere con l'atmosfera rilassata del giorno precedente.

"Proprio così!", le rispose Giuliano.

"Firenze ora è sola, dobbiamo dimostrare al popolo che siamo comunque forti", aggiunse Lorenzo.

Elettra sapeva benissimo di cosa stava parlando: lei e Becchi avevano discusso spesso del futuro della repubblica in caso di rottura dell'alleanza con Milano, sapeva a cosa Firenze sarebbe andata incontro. Annuì: avrebbe avuto un carnevale da organizzare.

"Mi date carta bianca o avete già qualche idea?", disse rivolta a tutti i presenti.

"Niente di troppo sfarzoso", rispose Lorenzo.

"La colombina, qualche fuoco d'artificio, qualche musico, un po' di saltimbanchi...", Becchi sembrava le stesse dettando la lista della spesa.

"Per la colombina mi posso informare io", aggiunse Giuliano.

"Potresti chiedere a Leonardo Da Vinci, sta facendo parecchie ricerche sul volo e sono certa che potrebbe essere magnifica", disse Elettra con un grande sorriso.

"Il figlio bastardo del nostro notaio? Avevo sentito che era un artista". Il volto di Lorenzo esprimeva perplessità.

"Ha molti interessi." lo corresse Elettra, aggiungendo poi: "Dico davvero, Giuliano, ti conviene andare da lui".

"E dove dovremmo andare, precisamente?", chiese Becchi.

"Alla bottega del Verrocchio", rispose con tono ovvio.


***


La sera successiva...


"Organizzare questo carnevale mi sta prosciugando di tutte le energie e ho bisogno bere", disse Elettra posando una grossa caraffa ricolma di vino sul tavolo.

Si trovava al "Can che Abbaia", una nota osteria fiorentina in compagnia di Nico, Leonardo e Zoroastro.

A differenza sua, gli altri erano di pessimo umore.

L'argomento di conversazione fu la situazione di Firenze, tesa a causa della dipartita di quel maiale dello Sforza. A palazzo non si parlava d'altro e sperava che almeno lì si potesse svagare un po', ma non era così. Trasse un sospiro di sollievo quando Zoroastro decise di parlare del vitello a due teste nato morto alla fattoria di un suo amico. Come al solito sperava di poterlo vendere a Leonardo per i suoi studi di anatomia ma l'altro non accettò.

Sembrava che l'evento più divertente della serata fosse la battuta di Nico riguardo ai carciofi. Elettra aveva sentito quella frase almeno un milione di volte.

"Io non mangio niente che abbia un cuore", aveva detto Leonardo a Zoroastro dopo che quest'ultimo gli aveva offerto del salsiccio di maiale.

"E i carciofi allora?", era intervenuto.

"Smettila Nico!", lo avevano zittito tutti in coro.

Poi era arrivato Jacopo Saltarelli a fare gli occhi dolci a Leonardo che, ovviamente, lo aveva mandata via. Si vedeva lontano un miglio che quel prostituto si era preso una cotta per lui.

L'altra Gemella (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora