La notte successiva...
Si trovava in un luogo che era certa di non aver mai visto prima... era sui gradini di un edificio costruito completamente in una pietra bianca e farinosa, probabilmente calcare. Si appoggiò ad una delle grandi colonne in stile dorico, confusa. Intorno a lei, la vita cittadina continuava indisturbata: la gente chiacchierava e rideva, alcuni osservavano la merce esposta sui vari banchi e i venditori urlavano le loro offerte; in certo senso quel posto le ricordava il mercato a Firenze. Ma non era a Firenze. E non si trovava nella sua epoca.
Sia le donne che gli uomini che le passavano davanti indossavano lunghe tuniche dai colori più disparati e parlavano in una lingua che Elettra conosceva bene, ma che di certo era morta da tempo: il greco antico.
Fece qualche passo in mezzo alla folla, allontanandosi da quell'edificio, che le ricordava tanto l'epoca classica, per averne una visione d'insieme: era più imponente di quanto pensasse e sul frontone aveva inciso a grandi lettere la parola Biblioteca.
"Magnifica, vero?", le disse una voce alle sue spalle. Nonostante Elettra indossasse abiti che di certo non appartenevano a quell'epoca, quella persona era la prima a notarla; cominciava a pensare di essere invisibile...
"Finalmente ci incontriamo, Elettra", continuò l'uomo nel mentre che lei si girava a guardarlo. Aveva i capelli e la barba bianchi e un intricato labirinto di rughe gli solcava il viso.
"Voi sapete il mio nome, ma io non conosco il vostro", gli rispose lei con tono cauto, poggiando istintivamente la mano sinistra nel punto dove solitamente teneva la spada. Ma essa non c'era.
"Al-Rahim mi aveva avvisato della vostra poca propensione a fidarvi del prossimo, ma dopo quello che avete passato vi capisco"
Elettra si mise ancora di più sulla difensiva.
L'anziano sospirò, sorridendo alla ragazza con fare paterno.
"Seguitemi e tutto vi sarà più chiaro", le disse prendendola sottobraccio e portandola all'interno della biblioteca.
Ovunque Elettra posasse lo sguardo vi erano scaffali ricolmi di papiri accuratamente arrotolati e tavolette di argilla nelle lingue più disparate: vi erano scritti in greco e arabo, rune celtiche, geroglifici egizi..., riconobbe anche degli alfabeti provenienti dall'oriente e vi erano anche strani segni mai visti prima.
"Immagino avrete molte domande da farmi", continuò l'uomo, "ma il tempo a nostra disposizione è davvero poco... quindi cercate di ascoltarmi attentamente e non interrompetemi", il suo tono s'era fatto molto serio e il sorriso di poco prima era scomparso. "Dunque, io sono Zenodoto da Efeso..."
"Il primo direttore della biblioteca d'Alessandria", disse la ragazza. Mordendosi subito il labbro per averlo interrotto. Aveva finalmente capito dove si trovava.
"Esatto", confermò l'altro sospirando nuovamente. "E come i vostri antenati sono un Figlio di Mitra."
Elettra lo guardò stupita. Solo in quel momento si accorse della strana chiave che l'uomo portava al collo.
"Ho costruito questa biblioteca per preservare e divulgare la conoscenza ma ho fallito il mio compito. Tuttavia non tutto è andato perduto: alcuni documenti sono sopravvissuti alla distruzione e tramandati alle generazioni successive. Voi dovete ritrovarli e proteggerli, vi aiuteranno ad assolvere al vostro destino".
Lentamente tutto cominciò a svanire di fronte agli occhi di Elettra.
"Il tempo è finalmente giunto. Il peggio può essere ancora evitato, se vi sbrigate", la voce di Zenodoto era ormai lontana e quasi impercettibile.
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L'altra Gemella (IN REVISIONE)
Fanfiction[ Fantasy storico ] Dal capitolo XIX: "Lo osservò prenderle lentamente una mano e portarla alle labbra. Le avvertì calde contro la propria pelle. «Mettiamola in questo modo: quando saremo in compagnia di altre persone io sarò il freddo e apatico Co...