"La morte di un uomo non dovrebbe essere definita divertente", si ripeté nuovamente Leonardo. Solitamente non andava mai ad assistere alle esecuzioni pubbliche, ma quella mattina in qualche modo Zoroastro lo aveva convinto ad andarci insieme a lui e Nico. Di lì a momenti sarebbe stato impiccato un ebreo sorpreso a rubare in Via dei Librai.
Il poveretto se ne stava sul patibolo con la paura negli occhi. Era stato malamente rasato in testa e molto probabilmente picchiato dai suoi carcerieri. Indossava una lunga tunica lercia.
La folla aveva riempito la piazza ed incitava festante il boia a sbrigare il suo lavoro, impaziente di lanciare uova e frutta marcia e di fare scempio del cadavere del semita.
Era un'usanza barbara, pensò ancora Leonardo, che stonava con Firenze e la sua aura di progresso.
Poco prima che la botola si aprisse l'ebreo parlò e quelle parole fecero gelare il sangue nelle vene di Da Vinci. "Sono figlio della terra e del cielo stellato, di sete sono arso. Vi prego, fate che io mi disseti alla fontana della memoria", disse.
Un attimo dopo il suo corpo senza vita penzolava davanti ai presenti.
Nico e Zoroastro guardarono l'amico, che sembrava parecchio impressionato da quella scena così cruda.
"Devo trovare Elettra", disse semplicemente prima di andarsene via di fretta.
***
Elettra si trovava nella piazza del Duomo, intenta a dirigere i preparativi per il carnevale che si sarebbe tenuto a breve. In particolare, quando Leonardo arrivò, stava urlando ordini ad un uomo in bilico su una delle impalcature poste sul muro della grande chiesa. Sembrava parecchio irritata."Devo parlarti", le disse.
"Al momento sono molto occupata, Leonardo, ne parliamo dopo"
"É importante". Le mise una mano sulla spalla per trattenerla lì con lui.
La ragazza lo guardò negli occhi e si rassegnò a quella pausa imprevista. Fece cenno agli operai di fermarsi un attimo. Avrebbero ripreso più tardi.
"Dimmi tutto". Si stava preoccupando per l'amico.
"L'ebreo che hanno giustiziato oggi..."
"Non sapevo che avrebbero giustiziato un ebreo oggi". Quando Elettra aveva un progetto in ballo si isolava dal mondo esterno.
"Sì, poco fa... Comunque, prima di morire mi ha guardato e ha ripetuto anche lui la frase che ti aveva insegnato Cosimo de Medici!"
La ragazza corrugò la fronte: quel fatto aveva un che di strano. Era già la seconda persona che ripeteva quella frase in poche ore. Non poteva essere un caso.
"Dobbiamo andare dal turco", gli disse l'artista.
"Ne avevamo già parlato ed eravamo d'accordo sul lasciar perdere..."
"Dobbiamo andare", gli ripeté e al vedere Elettra guardare in direzione del cantiere aggiunse: "Subito".
***
Si trovavano davanti all'insegna della Locanda del Cigno Nero. Elettra si chiese per la millesima volta perché avesse accettato di seguire Leonardo fino a lì. Aveva un carnevale da organizzare ed era rimasto poco tempo per farlo. Non sarebbe dovuta andare via. A consolarla un po' c'era comunque il fatto che, per qualsiasi progetto assegnatole, creava bozzetti in modo che, nel caso le fosse successo qualsiasi cosa che le avesse impedito di lavorare, chiunque, anche un bambino, seguendo alla lettera le sue istruzioni, lo avrebbe portato a termine. Aveva lasciato tutto al capo degli operai, sperando che questo non volesse fare tutto di testa sua. Odiava delegare agli altri.
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L'altra Gemella (IN REVISIONE)
Fanfiction[ Fantasy storico ] Dal capitolo XIX: "Lo osservò prenderle lentamente una mano e portarla alle labbra. Le avvertì calde contro la propria pelle. «Mettiamola in questo modo: quando saremo in compagnia di altre persone io sarò il freddo e apatico Co...