Prologo

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Dolci soffi di vento provenienti da nord smuovevano le fronde dei maestosi alberi, generando il tipico fruscio che ora cullava ogni creatura lì abitante.
La quiete regnava sovrana quel dì: era ancora l'alba, e pareva che ogni Pokémon del Bosco Evopoli fosse caduto in un millenario torpore beandosi magari della melodia della natura, il sonno protetto dalla lì onnipresente foschia scura che sarebbe stata in grado anche di mascherare l'ora più luminosa del giorno nel tempo delle tenebre.
Quasi invisibile a ogni residente del bosco, il disco solare fece lentamente capolino. Il cielo, inizialmente d'un pallido se non incerto azzurro, si tinse di magnifici colori pastello: un tenue violetto lasciò spazio ad un delicato rosa pesca, che lentamente sfumò in un mai troppo acceso arancione.
Quando, come un timido bambino, il Sole si scoprì ulteriormente, a dominare la scena vi era il giallo della stella del mattino per annunciare la fine del regno dell'oscurità.
Un universale messaggio di speranza, avrebbe potuto pensare qualcuno: la luce che torna a scaldare il mondo scacciando un gelido terrore.

Ma la pace è qualcosa di estremamente fragile, e presto venne infranta quasi come fosse di delicato - ma pur sempre splendido e lucente - cristallo.

Brevi ma rapidissimi passi di piccoli piedi nudi calpestarono l'erba verde intrisa di rugiada mattutina, facendo così zampillare microscopiche goccioline.
Un respiro affannoso riempì l'aria circostante, i giovani polmoni disperatamente in cerca di ossigeno dopo quella folle corsa che anelava alla libertà e il petto che si alzava e si abbassava a una velocità tale da far sembrare che il corpicino fosse sul punto di collassare.

Una bambina dai lunghi e ricci capelli ramati arrestò la propria lesta avanzata solo quando giunse dinanzi l'unico edificio presente nel bosco: un'immensa, ma decadente villa completamente costruita in legno, sul quale erano ben visibili non solo i segni del tempo, ma anche diverse bruciature.
I vetri delle ampie finestre presenti su ogni parete della vecchia abitazione, che un tempo dovevano aver avuto il compito di illuminare ogni sala della stessa, erano ora coperti da cumuli e cumuli di polvere, rendendoli più simili a oscuri portali per chissà quale remota dimensione d'ombra.
L'Antico Chateau, nonostante fosse oramai abbandonato da decenni e considerato alla stregua di un mucchio di legna da ardere, ancora conservava una certa maestosità, probabilmente dovuta alle dimensioni della struttura e del cortile, il quale ad un primo acchito pareva sconfinato.
Ma a donargli davvero quell'aspetto austero era l'aura di mistero che aveva sempre avvolto il maniero: vecchie leggende e dicerie affermavano che l'incendio che l'aveva distrutto era stato appiccato di proposito, e qui sempre più voci si erano unite in un macabro coro che cantava di rancori serbati troppo a lungo sfociati nel sangue; e avvistamenti di presunti spettri portavano avanti racconti intrisi di tradimenti e violenze che avrebbero fatto affiorare in certe anime strappate via dal mondo terreno un'inarrestabile sete di vendetta.

Dinanzi quella visione, la piccola trattenne il fiato ansante per un attimo avvertendo un gelido brivido lungo la spina dorsale: quel luogo la inquietava.
I grandi occhi scuri e spenti scrutavano la sagoma dell'Antico Chateau, come se qualcosa potesse spuntar fuori dalla facciata da un momento all'altro.
Indecisa sul da farsi, strinse le mani in due piccoli pugni così forte da far sbiancare le nocche dalla pelle già di per sé lattea.
Le gracili gambe, scoperte dal ginocchio in giù, tremavano per la sforzo compiuto.
Sapeva di dover prendere una decisione e alla svelta, ma un innocente timore la frenava dal cercare rifugio in quella villa.

Fu un remoto fruscio colto grazie al suo ipersensibile udito a spingerla ad agire.
Avvertì anche un bizzarro verso in lontananza che la fece sussultare.
Scariche elettriche le attraversarono il corpo prima che ella scattasse ad impressionante velocità verso il maniero. I piedi nudi lasciarono alcune piccole bruciature sul terreno, e la distanza venne percorsa in pochissimi istanti.
Nel momento in cui la bambina fu a un soffio dallo schiantarsi contro la facciata, la sua intera figura divenne traslucida, e senza batter ciglio attraversò la parete.

Nel momento in cui la bambina fu a un soffio dallo schiantarsi contro la facciata, la sua intera figura divenne traslucida, e senza batter ciglio attraversò la parete

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I passi veloci della donna, accentuati dai tacchi, risuonarono nel mutismo del bosco. Al suo seguito, un possente esemplare di Dusknoir scrutava in ogni direzione con sguardo vigile e al contempo minaccioso. Il Pokémon Pinza scostò il ramo di un albero con una delle possenti mani grigie così da agevolare il passaggio della propria allenatrice.
I capelli argentei dalle punte che sfumavano nel viola le ricadevano elegantemente sulle spalle dritte. La postura era impeccabile, gli zigomi alti e pronunciati e le labbra carnose contorte in una smorfia soddisfatta che lasciava intravedere i denti bianchi. Teneva lo sguardo fisso dinanzi a sé, le iridi color pece si confondevano con la pupilla rendendo così gli occhi sottili simili a due oscuri pozzi senza fondo.
Indossava un completo che consisteva in un paio di pantaloni e una camicia d'un tetro blu notte. Quest'ultima, tuttavia, presentava delle venature rosso sangue dal gomito fino alla fine della manica.
Sul lato sinistro del petto, in corrispondenza del cuore, vi era un fiore a cinque petali ricamato con filo cremisi. Dagli spazi tra un petalo e l'altro, partivano delle linee curve simili a inquietanti tentacoli.
Lo stemma spiccava sulla stoffa scura come un'oasi nel deserto più arido.

Quando ella spostò lo sguardo sul decadente edificio dinanzi il quale era giunta, l'accenno di ghigno sul suo volto si allargò.
"È in trappola". Pensò, rivolgendo un'occhiata complice al proprio Pokémon.
Estrasse dunque dalla tasca della camicia un telefono cellulare, digitò velocemente un numero e portò l'apparecchio vicino al proprio orecchio. Quando parlò, la sua voce risuonò fredda e meccanica, il tono di un automa programmato per un solo e unico scopo.

«Qui è Narges. Ho raggiunto M-137».

La voce all'altro capo del telefono le impartì alcuni ordini. La donna sputò un secco "Ricevuto" prima di interrompere la comunicazione.

Si voltò dunque verso l'Antico Chateau.
A larghe falcate si diresse verso l'ingresso, attraversando l'incolta vegetazione dell'ampio giardino, il Dusknoir che la seguiva come un fedele soldato.

«Per il Team Rinascita».

«Per il Team Rinascita»

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