Capitolo 1

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Martina

Tamburello le dita sulla mia borsetta, mentre alzo lo sguardo sull'enorme edificio di fronte a me. Sono nervosa e non è nella mia indole esserlo, ma ho come la sensazione che da oggi la mia vita prenderà una piega diversa. Prendo coraggio, sposto una ciocca ribelle di capelli castani sfuggita dal mio chignon basso e spettinato e mi incammino dentro a quello che forse sarà il mio futuro. Tutto è enorme e ordinato, nulla è fuori posto e non so perché tutto ciò che mi circonda ha su di me una certa influenza, mi mette soggezione. Una delle guardie vicino agl'ascensori mi sorride, io ricambio nervosa, quasi con paura. << Riprenditi Martina, è solo uno stupido colloquio di lavoro >> dico dentro di me, << Un colloquio di lavoro in una delle aziende più potenti di Washington, che ritira aziende in fallimento e le rimette sul mercato >>, ribatte un'altra voce dentro di me, per mettermi ancora più ansia. Mentre inizio a salire, fino al quattordicesimo e ultimo piano di questo palazzo, mi tornano in mente le parole di incoraggiamento della mia migliore amica, che in questo momento è nel mio appartamento che mi aspetta. << Tini, sei fantastica, ti assumeranno sicuramente, chi meglio di te... secchiona >>, ricordo il suo sorriso e il suo abbraccio che mi dà sempre sicurezza e con un po' di coraggio in più sono uscita di casa questa mattina, ora sono qui ad affrontare ciò che mi aspetta. Mi stiro con la mano i miei pantaloni neri e cerco di sistemare ordinatamente la camicetta bianca che indosso. Finalmente le porte si aprono, mi trovo in un ambiente diverso da quello luminoso di prima, qui tutto è un contrasto tra tonalità scure e chiare, tra oscurità e luce, è silenzioso e quasi inquietante. Appena metto piede fuori dall'ascensore un senso di soggezione mi pervade. << Salve >> mi sorride una ragazza dietro un bancone, << Benvenuta alla Blanco Enterprise, mi chiamo Alba e sono la segretaria >>, mi fa un gran sorriso lei che io ricambio, << Sono Martina Stoessel, sono qui per il colloquio >> le rispondo con tutta la sicurezza che riesco ad avere, << La stavamo aspettando, fra qualche minuto il signor Blanco la riceverà >>, io rimango in silenzio a guardarla, i suoi occhi scuri, la pelle ambrata e quei ricci che le danno un'aria romantica, ma anche da leonessa. << Vuole un bicchiere d'acqua? >> chiede, << No sono apposto così, grazie >> le sorrido e mi metto comoda sulle poltroncine nella sala d'attesa. Il silenzio è sovrano, ma nella mia testa c'è troppo rumore. Mi alzo a guardare fuori dalla enorme vetrata che dà sulla città, il cielo di Washington è coperto dalle nuvole grigie che mi mettono addosso ancora più agitazione. Non so perché mi sento così, io di solito sono fin troppo sicura di me. Aspetto con ansia di essere ricevuta dall'amministratore delegato di questa azienda, un giovane che ha fatto un impero grazie alla sua intelligenza e anche al suo bel faccino, aggiungo io. Io e la mia migliore amica abbiamo fatto delle ricerche su di lui, oltre ad essere etichettato come miglior imprenditore dell'anno, è anche lo scapolo d'oro d'America, tutte lo vogliono, ma a quanto pare è il classico ricco uomo che si diverte, quei uomini da cui io sentimentalmente sto sempre alla larga, ma qui parliamo di lavoro, poco mi importa cosa faccia nel privato, mi importa quello che ha costruito e lavorare per lui come assistente personale sarebbe un grande passo per la mia futura carriera, insomma avere nel curriculum il fatto di lavorare qui non è cosa da poco. << Signorina, è ora di andare >> attira la mia attenzione la segretaria, dal corridoio compare una donna alta e bella da lasciare senza fiato, biondissima, sembra quasi uscita da una rivista, molla in mano ad Alba una pila di fogli, << Li voglio sulla mia scrivania domani mattina >> ordina e poi mi squadra lentamente, si volta e torna da dove è venuta. Noto Alba alzare gl'occhi al cielo, appoggia i fogli sul bancone e si presta subito ad accompagnarmi nell'ufficio del capo di questa azienda. La porta a doppio battente è enorme e ho come la sensazione che anche il suo ufficio sia così, << Prego può entrare, la sta aspettando >> mi sorride lei prima di voltarsi e lasciarmi lì da sola. Faccio un gran respiro, cerco di rimettere apposto i miei pensieri prima di entrare. Quello che mi trovo davanti mi lascia senza fiato, l'ufficio è enorme e luminoso, ha una parete tutta fatta di vetro che dà sulla città, i muri bianchi con appesi pochi quadri ma d'impatto, starei ore ad esaminare le figure strane e contorte di quei dipinti, poi mi concentro su una libreria sulla parete di fronte a me, cerco di leggerne i titoli, ma sono troppo lontana, un salottino sull'angolo destro è composto da un piccolo tavolino, con al centro dei fiori rossi che contrastano con il legno scuro e con le due poltroncine blu navy. Metà parete di destra è fatta di vetro con una porta che si affaccia su un piccolo ufficio, carino e accogliente. Sento qualcuno schiarirsi la voce dietro di me, mi volto di scatto trovandomi davanti l'amministratore delegato e ricordandomi perché sono qui. Non mi ero nemmeno resa conto della sua presenza da quanto ero preso a guardami in giro. << Lei deve essere la signorina Martina Stoessel >> allunga una mano mentre i suoi occhi si scontrano con i miei. Non me li ricordavo così verdi, così grandi. Il suo sorrisino beffardo mi fa tornare con i piedi per terra, sento la puzza di arroganza che sprigiona. Le foto non gli rendono giustizia, è più alto di quanto pensassi e sotto la sua camicia scura si delineano le forme di un corpo scolpito. Gli afferro la mano, << E' un piacere >> dico sorridendo nel modo più reale che riesco in questo momento, << Si accomodi pure >> mi indica un'altra poltroncina che si trova davanti alla sua scrivania, di legno di ciliegio, fatta a mano, credo costi più del mio appartamento. Appoggio la mia borsetta in parte alla poltroncina, lui prende posto difronte a me e inizia a scrutare dei fogli. << Molto bene è laureata in economia aziendale alla Washington University con il pieno dei voti e ha un master in Marketing e Comunicazione, sono sorpreso >> alza lo sguardo su di me per qualche secondo e poi ritorna sui fogli, << Ha fatto degli stage? >> chiede, << Si... io sono stata in Inghilterra per tre mesi e in Spagna per due mesi, le referenze sono nell'ultimo foglio >> gli faccio notare, non ha controllato il mio curriculum prima di incontrarmi? << Molto... molto bene >> dice con una voce quasi soave, dal vivo è molto più bello, ma si percepisce la sua arroganza, sa chi è e cosa può ottenere e questo mi infastidisce parecchio, ma non lo do a vedere. Mi squadra intensamente prima di dire qualcosa, << Perché vuole fare questo lavoro? >> domanda incrociando le mani sulla scrivania, << Perché amo il controllo >> riesco semplicemente a rispondere, lui mi scruta confuso, << Amo la precisione e in questo tipo di lavoro la precisione, la perfezione è tutto, e io sono così, non amo le cose confuse, non amo il caos >>. Lui sembra quasi stupito dalle mie parole, << Bene... se verrà assunta ovviamente il suo lavoro sarà quello di assistermi in tutto, ho bisogno che gestisca le mie faccende personali, che mi organizzi gli incontri e che mi porti il caffè quando ne ho bisogno >>. Rimango un attimo perplessa, non è di certo il lavoro che cercavo, << Cerca una serva? >> mi esce dalla bocca senza pensarci, purtroppo si è un mio stupido difetto che avevo deciso di tenere sotto controllo in queste situazioni, ma a quanto pare non ne sono in grado. << Come scusi? >> chiede guardandomi innervosito, ma anche stupito, << Si insomma, vuole una serva che le porti il caffè, che gli porti i vestiti in tintoria e che magari le organizzi appuntamenti con supermodelle per divertirsi? >>. Ecco che sono partita, quando succede poi non mi fermo più, mi alzo di scatto è meglio non peggiorare la situazione, << Mi scusi, ma non è quello che cerco, ho bisogno di qualcuno che mi insegni questo lavoro, che mi induca e che renda migliore, non che mi faccia fare da sguattera >>. Lui fa un sorrisetto arrogante che mi fa ribollire il sangue nelle vene, perché è così strafottente e perché mi mette soggezione? << E' meglio che me ne vada >> esclamo poi e lui torna serio, sfidandomi con gl'occhi, come se non avessi le pelle di farlo, senza nemmeno salutarlo giro sui miei tacchi e me ne vado, con i suoi occhi che seguono ogni mio passo. Non posso crederci, che stronzo, non è questo che voglio fare, non voglio portargli il caffè, voglio essere un assistente che cerca di imparare il suo lavoro, come deve essere. Alba al bancone mi sorride, << Grazie per essere venuta, le auguro una buona giornata >> dice gentile, almeno lei. Mi affretto a chiamare l'ascensore, quando la sua voce profonda e arrogante mi raggiunge, << Signorina Stoessel >> mi chiama, ma non mi volto, << Non ha dimenticato qualcosa? >> continua poi e a quel punto mi volto trovandomelo davanti a me con la mia borsetta tra le mani. Senza dire niente l'afferro e i nostri occhi si incrociano ancora, non so perché ma rimaniamo a guardarci finché il suono dell'ascensore che è arrivato mi distrae. Mi ci infilo subito e prima che le porte si richiudano i nostri sguardi si scontrano ancora, per l'ultima volta. La pioggia fresca e leggera che è iniziata a scendere dal cielo mi riporta alla realtà appena metto piede fuori dall'azienda e ricomincio a respirare.

AUTORE: Ecco a voi il primissimo capitolo. Allora voglio subito mettere in chiaro che i capitoli saranno divisi, alcuni narrati da Martina e alcuni da Jorge, non saranno sempre alternati. Comunque detto questo spero che vi piaccia e spero di poter pubblicare presto un'altro capitolo <3 

 Comunque detto questo spero che vi piaccia e spero di poter pubblicare presto un'altro capitolo <3 

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