Rottura

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La luce ballerina della torcia faceva comparire strani giochi di ombre sulle pareti, alimentati in buona parte dallo spostarsi di alcuni arazzi causato dal vento notturno. Preannunciava tempi di pioggia, Alannis ne era certa: da fuori portava un'aria fresca, diversa da quella che aveva percepito nei giorni precedenti. Chiuse gli occhi, sentendo le prime, grosse gocce di pioggia cadere.

Sospirò, passando una mano tra i capelli di Hesperos, che teneva la testa sul petto della moglie. Quello aprì leggermente gli occhi, puntellandosi su un gomito e guardando Alannis.

«Non annuncia guerra. Solo il periodo delle piogge» le disse scostandole una ciocca di capelli dal viso. «È sempre stato così... e continuerà per anni, finché gli dèi lo vorranno».

Alannis annuì con un cenno della testa, rimanendo con lo sguardo fisso alla finestra. C'era qualcosa che la preoccupava da giorni, ma non riusciva a capire di cosa effettivamente si trattasse. Sapeva che continuava a mentire dicendo di aver paura per il ritorno della nave ad Atlantide.

«Tuo fratello arriverà sano e salvo. Sai meglio di me che i marinai di Atlantide sono i migliori».

«Contro una tempesta se gli dèi lo desiderano, l'intera nave verrà spezzata».

Hesperos sospirò, stringendo poi il mento di Alannis fra le dita e costringendola a voltarsi verso di lui.
Sapeva che era cambiata negli anni, che era stata capace di tirare fuori la fierezza che contraddistingueva gli abitanti di Atlantide, in silenzio, senza che né lui né Esi se ne accorgessero aveva allungato le mani verso il potere, schierandosi dalla parte del popolo che pure vedeva in quella giovane regina l'unica possibilità di parlamentare con il sovrano.

Ma era anche consapevole che a Esi la cosa non piacesse: aveva perso il conto delle volte in cui gli aveva intimato di sbarazzarsi di Alannis, in cui gli aveva urlato che i tempi erano ormai maturi per attaccare Atlantide e che non sarebbe molto per poter mettere Ktesias con le spalle al muro.

La costrinse ad avvicinare il volto al proprio, dandole poi un bacio sulle labbra; le bloccò un braccio sopra la testa, continuando a baciarla mentre si spostava sopra di lei, premendo il bacino contro il suo. Almeno quella volta, si disse, non le sarebbe sfuggita.

Hesperos appena scosse la testa, guardandola mentre stringeva i pugni sulle lenzuola, mordendosi il labbro pur di non lasciarsi andare. Lei non lo voleva, ma il suo corpo continuava a tendere verso di lui, a ricercare quel contatto che Alannis si ostinava a ripugnare. Avrebbe ceduto, prima o poi - Hesperos ne era sicuro mentre le stringeva un fianco, chinandosi di tanto in tanto a baciarle il collo e la bocca.

Aveva paura? Aveva paura di lei?

Forse.

Non sapeva quale fosse il timore che lo fermava dall'uccidere Alannis. Non voleva cedere all'idea che, senza volerlo, si era affezionato a lei, lei che non aveva niente di diverso dalle altre donne che gli facevano compagnia se non la patria. Per un guerriero non esistono né l'amore né la paura, era solito ripetere il padre.

Anni prima non avrebbe esitato ad alzare il coltello, sfoderare la spada o preparare un veleno: Amyntas li aveva istruiti a non aver rimorsi nell'uccidere, a raggiungere l'obbiettivo con ogni mezzo, ma Atlantide rimaneva sempre un ostacolo e quell'isola doveva - o voleva? - entrare in ogni faccenda riguardante Mu, tanto più che Ktesias ci era riuscito benissimo, visto che quel matrimonio che Hesperos diceva di maledire ogni giorno e contro cui Esi imprecava fra sé in ogni momento avevano permesso ad Atlantide di allungare le mani fino al cuore della corte di Mu e mettere mano alla loro politica interna.

Lasciò andare la presa sul polso e subito Alannis si strinse a lui, avvinghiandosi alla sua schiena come se da lui dipendesse la propria salvezza; Hesperos spostò di poco il volto, guardandola negli occhi per un attimo prima di morderle un labbro, facendola gemere.

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