Profezia

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Non così in fretta.

Le parole di Esi continuavano a rimbombargli in testa mentre la lama fredda premeva contro la pelle del collo: era ciò che aveva sentito prima della stretta sul petto – prima di rendersi conto di chi gli era arrivato alle spalle senza che nessuno se ne accorgesse.

Non era mai stata una caccia al fuggitivo: Esi doveva aver calcolato tutto come al solito, aveva immaginato quali sarebbero state le loro mosse e alla fine era stato lui a seguirli, aspettando il momento adatto per balzare fuori.

Alexandros cercò di fare un cenno con la testa non appena notò Alannis fare un passo avanti, ma subito la parte affilata del pugnale premette con più contro il collo.

«Non siete nella posizione per fare mosse avventate» ringhiò Esi. Alexandros rabbrividì, sentendo il fiato solleticargli il collo.

«Lascialo stare!»

«Potrai anche avermi ferito, ma io non prendo ordini da te, bambinetta. Non un altro passo o Atlantide si ritroverà di nuovo senza un sovrano».

Alexandros si morse un labbro: nell'immobilità del gruppo, Alannis era l'unica che aveva fatto più di un passo avanti.

«Cosa intendi fare, eh? Non hai armi e la vita di tuo fratello – il tuo re – dipende dal mio pugnale. Non farei mosse avventate».

Alannis strinse i pugni, rilasciandoli non appena Kyriakos le mise una mano sulla spalla.

«Dobbiamo trovare una soluzione» sentì mormorare dire a Niketas mentre si accarezzava il mento.

«Non possiamo rischiare troppo» fu la risposta di Kyriakos. Alexandros incrociò il suo sguardo per un attimo, cercando di scorgere una speranza di togliersi da quella situazione.

Sapeva che Esi non avrebbe indugiato nel premere di più il pugnare sulla gola: aveva già ucciso troppe persone, ma non si sarebbe mai ritenuto soddisfatto del sangue versato.

«Perché ti ostini a combattere? Hai perso la battaglia e Mu ha perso la guerra! Non puoi vincere ogni volta».

«Tu hai perso! Che tu sia dannato, Hesperos, non avrei mai dovuto fidarmi di te. Nostro padre aveva ragione: sei inutile, sei un rammollito! Sei riuscito a perdere il trono di Mu e quello di Atlantide – i miei complimenti» sibilò in risposta Esi al gemello.

«Cos'è che vuoi adesso?»

«Una nave. Per tornare a Mu».

«E organizzare un'altra guerra? I tuoi soldati sono qui, prigionieri o morti! Perché non capisci che è ora di affrontare le tue responsabilità per quel che hai fatto?»

«Io non perderò contro Atlantide» sibilò Esi, facendo un passo indietro e trascinando con sé Alexandros che spostò lo sguardo su Hesperos, in una muta richiesta di aiuto. L'espressione sul suo volto mutò per un attimo, trasformandosi da corrucciata a preoccupata; movimento che però non sfuggì a Esi.

«Quindi le voci sono vere».

«Quali voci?» chiese Alannis.

«Niente che adesso sia importante» le rispose Hesperos agitando una mano.

«Oh, davvero non sai niente, bambinetta

«Chiamami ancora una volta in quel modo e giuro che non mirerò alla gamba» gli rispose Alannis, guardandosi intorno per trovare un'arma. Quando serrò le labbra, Alexandros fu certo che stava maledicendo ogni legge vietasse di portare armi in tribunale.

«Con cosa pensi di ferirmi? Non hai armi, non avete armi! Datemi una nave e lo lascerò andare».

Alexandros strinse le mani sulla stoffa: sapeva che non sarebbe stato in grado di combattere contro Esi. Chiuse gli occhi, ripetendo mentalmente in testa una preghiera agli Dèi: se anche non avesse avuto la possibilità di sopravvivere, poteva tenersi stretta la speranza di una morte rapida.

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