2.8K 104 16
                                    

"Quello che chiedo signorina è una proroga di trenta giorni per la rata di questo mese. Vede devo fare sistemare la mia auto e il meccanico mi ha chiesto seicento euro."
Rivolse uno sguardo vacuo all'uomo davanti a lei e continuò a tracciare linee dritte sulla gonna lunga del vestito da sera che stava disegnando.
Aveva deciso.
Lo avrebbe cucito e indossato al matrimonio della collega Carola il prossimo settembre.
Doveva però scegliere un tessuto morbido e leggero che si adattasse bene al taglio ma che non sottolineasse troppo le forme, forse georgette per il corpetto e organza per la gonna. Poteva optare anche per uno scampolo di seta, il problema era trovarlo del giusto colore.
La sposa aveva deliberatamente avvisato che non voleva nessuno vestito di nero, quindi spazio ai colori ai fiori e alle forme astratte o i colori pastello.
"Ovviamente mettendo la proroga su questa rata dovrebbero scalare di un mese tutte le successive. Il fatto è che il mio stipendio non è di duemila euro al mese altrimenti di certo non avrei aperto un mutuo. Ma devo pur mangiare e pagare l'affitto e le bollette. Può fare qualcosa lei?"
Ovviamente essendo una persona di incarnato pallido non poteva di certo vestirsi di rosa confetto o di verde pallido, in pratica sarebbe sembrata un fantasma.
No doveva scegliere un colore che risaltasse la sua pelle pallida e i suoi capelli color oro.
"Signorina ma mi sta ascoltando?"
Alzò gli occhi e guardò leggermente annoiata il tipo che le stava davanti.
Piercing al sopracciglio destro, un  tatuaggio sul polso sinistro maglia nera e jeans bianco talmente stretto che si chiese se non avesse avuto problemi a infilarlo, occhiali specchiati sulla testa.
"Senta signor.."
Guardò la pratica aperta sul monitor perché non aveva la minima idea di chi fosse.
" Signor Lorenzi, ascolti, quando lei è venuto a chiedere l'erogazione del mutuo è stato informato circa le clausole contrattuali. Ora non è che io non possa farle una proroga, ma ecco vede... è già in ritardo con la rata di febbraio."
L'uomo la guardò come se stesse dicendo la stronzata più grande dell'intero pianeta.
"Ne è sicura?"
Era sempre la solita storia, ogni mese doveva presentarsi al suo sportello un esemplare che la credeva tanto stupida da non saper controllare su una cartella informativa.
Con calma e pazienza girò il monitor verso di lui e con la biro gli indicò la rata del mese di febbraio che risultava non pagata.
"Ecco vede? Questa è la sua cartella informativa relativa al mutuo da lei richiesto erogato dalla banca.
Lorenzi Andrea nato a Rovigo il ventotto ottobre del settantanove residente a-"
Una mano alzata la interruppe dal continuare a leggere con voce informe e annoiata.
"So leggere grazie. Eppure mi ricordavo di averla pagata la rata di febbraio, come è possibile? Devo avere il tagliando da qualche parte a casa. Senta ma lei non può proprio fare niente?"
Mise sotto al banco il blocco dove disegnava e rivolse nuovamente lo sguardo al tipo che le stava davanti.
Erano questo insieme ad almeno altri 99  i motivi che le facevano detestare il suo lavoro.
Per volere dei suoi genitori si era vista costretta a studiare scienze economiche bancarie, si era laureata con un meritato centodieci e lode e la Banca Credito cooperativo di Rovigo l'aveva assunta appena discussa la  tesi due anni prima.
Da allora ne aveva visto di casi umani come questo che le stava davanti, per carità in un epoca in cui i giovani erano la maggior parte a spasso si riteneva fortunata ad avere un lavoro ben remunerato.
Ma nonostante tutto non si sentiva realizzata, il suo sogno era aprire una sartoria, creare un marchio tutto suo.
Fare la stilista insomma.
Ma secondo suo padre sardo di nascita, testardo per eredità e permaloso per acquisizione doveva studiare e non aveva voluto sentire ragioni. Perciò mentre ai suoi fratelli era stato concesso di scegliere la strada da intraprendere a lei invece era stata imposta.
Aveva studiato, studiato e ancora studiato finché suo padre aveva appeso con orgoglio la sua tesi di laurea come un quadro di Sant'Elena, la patrona di Quartu, in salotto appena sopra il divano dove tutti potessero ammirarla come una reliquia.
Ora si ritrovava a quasi settecento chilometri da casa, dove il suo adorato mare lo trovava a più di cinquanta chilometri mentre a Quartu lo aveva a cinque minuti di strada dall'abitazione dei suoi.
Aveva lasciato il clima mite, caldo e assolato della sua amata Sardegna per quello uggioso, piovoso e umido di Rovigo.
Divideva l'appartamento con due ragazze un po' fuori dagli schemi e faceva poca vita mondana. Si era iscritta in palestra solo per non condannare il suo didietro a diventare a forma di poltrona e spesso si dimenticava di andarci.
Non aveva un fidanzato e tutti quelli che le avevano presentato, appena sentivano quale era la sua più grande aspirazione le davano della pazza e sparivano al primo appuntamento.
Non capiva se era lei ad essere sbagliata o gli altri sette miliardi e settecento novantanove milioni di persone al mondo ad avere dei problemi a intersecarsi con lei.
Sì riteneva una persona semplice, evitava di vantarsi del suo titolo di studio e purtroppo aveva ereditato da suo padre la permalosità.
Era un pelino disordinata ma niente di catastrofico, a volte dimenticava la caffettiera sul fuoco ma solo perché preferiva le tisane e di sicuro si era scordata di qualche bolletta ma per fortuna c'erano le coinquiline.
Sfoderò il sorriso più convincente che avesse, nonostante Eleonora, la sua coinquilina, le aveva più volte detto che era inquietante perché sembrava IT, e prese il telefono in mano per chiamare il direttore.
Gli comunicò che gli girava sul suo terminale la pratica del Lorenzi e che lo mandava da lui.
"Bene signor Lorenzi, può andare nell'ufficio del direttore. Prenda il corridoio, è la terza porta a destra non può sbagliare, il direttore le dirà se può aiutarla."
L'uomo non le parve molto felice della soluzione ma lei non poteva di certo prendersi determinate responsabilità.
"Quello lì non mi darà la proroga!"
"Mi dispiace signor Lorenzi, ma non è nelle mie possibilità farlo. Solitamente di queste cose se ne occupa il direttore. Ora se è così gentile da lasciare il posto alla signora dietro di lei..."
Fortuna volle che il direttore addirittura uscì dal suo ufficio e venne a cercarlo.
"Prego signor Lorenzi da questa parte."
Quando se ne andò tirò un sospiro di sollievo e abbozzò un sorriso alla donna che le arrivò davanti subito dopo.
Alle due chiuse la cassa a chiave, spense il monitor raccolse le sue cose e uscì dalla postazione.
"Ciao Carola ci vediamo domani, ciao ragazzi, buon rientro a casa signor Riccardo mi saluti la signora Adele."
Per lei il rito dei saluti era molto importante, per dimostrare che i sardi erano un popolo civile e non i pecoroni che tutti credevano.
Tutti le rivolsero un saluto e mentre stava per uscire il direttore la chiamò.
"Amoccada!"
Alzò gli occhi al cielo e pregò dio che non la trattenesse a lungo, non aveva intenzione di aspettare il pullman delle diciassette.
Si voltò verso di lui e sorrise.
"Direttore mi dica, c'è qualche problema?"
L'uomo un tipo piuttosto corpulento le si avvicinò lisciando il baffo approssimativo che aveva iniziato a crescere da una settimana.
"Marianna la prossima volta non mi mandi più nel mio ufficio esemplari della portata di Lorenzi. Ho dovuto ridimensionare le rate del mutuo da estinguere a un corrispettivo più basso. Ovviamente gli interessi andranno ad aumentare ma non è questo il punto. Quell'uomo mi sembra sordo a tutto quello che gli viene detto, perciò la prossima volta.."
"Direttore mi perdoni, se avessi potuto risolvere io la situazione non avrei richiesto il suo intervento. Purtroppo il signor Lorenzi chiedeva qualcosa che non era nelle mie possibilità fare. Per questo l'ho mandato da lei. Ora se non le dispiace dovrei davvero andare o perderò il pullman."
"Va bene, vada vada. Buona giornata."
Tirò un sospiro di sollievo e andò alla porta bunker per uscire, odiava quella porta. Ogni due giorni suonava quando c'era lei dentro nonostante non avesse con sé nulla di metallico. E in due anni ci era rimasta dentro bloccata almeno cinque volte.
Fortuna volle che una volta tanto Saturno non ce l'avesse con lei. Eppure aveva controllato, durante la sua nascita non era lui a transitare ma Giove essendo nata nella seconda decade del mese di aprile, non si spiegava perché era sempre contro di lei.
Raggiunse il Franchin e entrò trafelata, aveva il tempo per una calda e rilassante tisana al limone e zenzero.
Lanciò un occhiata in giro ma non guardò nessuno degli avventori, c'era chi prendeva un semplice caffè e chi invece consumava un pasto frugale.
"Ciao Alessio mi fai la mia tisana?"
Il ragazzo dietro al bancone le lanciò un sorriso e preparò la tazza con il filtro.
"Signorina lo prende al banco o vuole un tavolo?"
Arricciò il naso.
Bere una tisana al tavolo da sola avrebbe dato l'impressione della vecchia zitella.
"Grazie Alessio la prendo al banco."
Raggiunse uno sgabello e si sedette accavallando le gambe, per quanto la gonna glielo permetteva, almeno quella mattina aveva fatto in tempo a passare il rasoio sulle gambe.
Doveva ricordarsi di chiamare il centro estetico, non aveva mai tempo per niente.
Ridursi al rasoio non le era mai piaciuto, preferiva restare liscia un po' più a lungo ma ultimamente non riusciva a conciliare lavoro e tempo libero.
Sorrise ad Alessio che le aveva messo la tazza davanti e prese la cartina del filtro giocando con la stessa.
Un uomo seduto a uno dei tavoli la guardava rapito, era di una bellezza semplice ed eterea.
Di donne nei suoi trentaquattro anni ne aveva viste ma nessuna lo aveva rapito come lei.
Sembrava non rendersi conto dell' aura di sensualità che emanava. 
In molte nel corso degli anni avevano cercato di abbordarlo, ma lui non si fidava più del gentil sesso.
Erano subdole, bugiarde e arriviste.
E di sicuro lei non sarebbe stata diversa dalle altre.
Fece segno al ragazzo dietro al bancone di portargli il conto.
Poteva essere anche una discendente della Vergine di Lujan per lui non aveva alcuna importanza, aveva giurato, nessuna donna sarebbe diventata più padrona del suo cuore.
E quando Luis Ignacio Ramirez giurava non veniva mai meno alla parola data.
"Grazie Alessio come al solito era eccellente. Buona giornata."
Lasciò una banconota da cinque euro sul banco e dopo un saluto al ragazzo uscì dal bar per andare alla fermata della navetta.
Rabbrividì e si strinse nel cappotto.
Sperava che arrivasse presto la primavera con i suoi colori e profumi inconfondibili anche se non le avrebbe giovato molto, data la sua allergia ai pollini.
Quando arrivò a casa era sopraffatta dal senso di nausea, non era schizzinosa, ma se c'era una cosa che non sopportava era il tanfo di sudore che permeava su certe persone.
Che per carità poteva anche trattarsi di soggetti dalla sudorazione acida ma in commercio si trovava ogni tipo di soluzione.
"Non so come faccia certa gente a non sentire il cattivo odore che gli permea la pelle, bleah che schifo!"
Eleonora si affacciò dal tinello con la lima in mano e una pappetta viola spalmata sul viso.
"Che vai farneticando lady Marian?"
Alzò gli occhi al cielo.
La sua coinquilina, nonché amica Eleonora Fizzi Contini, eccentrica fiorentina fissata con le rughe di espressione e con la lingua italiana per eccellenza.
"Ciao anche a te Ele, che cavolo ti sei spalmata sulla faccia?"
"Oh ti prego, viso mia cara, viso non faccia. Comunque è pappa reale mischiata a mirtilli macerati. I mirtilli hanno gli antiossidanti che aiutano a  rallentare il processo di invecchiamento cellulare, mentre la pappa reale è un ingrediente naturale rinvigorente e stimola il sistema immunitario. Inoltre, le sue proprietà, contrastano le rughe e i segni del tempo, mantenendo la pelle compatta ed elastica. Tra dieci minuti quando andrò a sciacquare il viso vedrai che pelle."
La guardò scettica, sembrava avesse imparato a memoria uno slogan.
Lei non era così fissata.
Aveva una crema per la faccia e una per il corpo, stop.
Non faceva miscugli e intrugli anche perché non ne aveva il tempo.
"Hai sentito Tina?"
Eleonora fece una smorfia nel sentire nominare la terza inquilina.
"Sì. Ha detto che fa il doppio turno, sostituisce una collega. Torna verso le dieci e ha gentilmente chiesto se le possiamo far trovare qualcosa di pronto e leggero per il suo rientro."
La guardò scettica.
"Sul serio Ele? Tina ha davvero chiesto gentilmente?"
Tolse le scarpe e camminò scalza fino alla sua stanza.
Era stata la prima ad arrivare in quell'appartamento e quindi aveva avuto la possibilità di scegliere la stanza singola con veduta sulla torretta del Duomo. Aveva il letto contenitore a una piazza e mezza, un armadio a due ante e una scrivania.
Poi lei aveva aggiunto un pouf contenitore ai piedi del letto dove teneva la coperta fatta a mano da sua madre e due plaid e di fianco alla scrivania aveva montato una libreria Ikea bianca dove teneva i libri che leggeva quando restava da sola a godersi la tranquillità della casa.
Eleonora l'aveva seguita e si era appoggiata allo stipite della porta con le braccia conserte.
"Lo sai benissimo gioia che la nostra coinquilina e la parola gentile non possono stare nella stessa frase. Comunque ha detto per favore e vuole seriamente qualcosa per stasera. Che le prepariamo?"
La osservò curiosa mentre si toglieva gli orecchini e iniziava a spogliarsi per andare a fare una doccia bollente.
Eleonora era fissata con la dizione, aveva frequentato anche una scuola per affinare la sua pronuncia e non incappare nel frequente aspirare la lettera C mentre parlava.
Aveva le sue fisse per la pelle e preferiva mangiare biologico a volte, era una ragazza precisa, garbata e simpatica.
A volte però litigava con Tina.
Diceva che non la sopportava e che avrebbe preferito di gran lunga ospitare il ragazzo che doveva entrare in seminario a lei.
Tina era di origini pugliesi, ma da piccola i suoi si erano trapiantati nei pressi di Comacchio.
Quando era arrivata a scegliere l'università e che strada intraprendere aveva litigato con i suoi ed era andata via di casa.
Non avevano capito come diavolo era finita a Rovigo ma si era presentata a vedere l'appartamento dove abitavano lei ed Eleonora e ne era rimasta entusiasta, unica pecca condividere la stanza con Eleonora, che lei reputava troppo saccente, troppo perfettina, troppo altezzosa e poco normale.
Alla fine a condividere la stanza con un probabile prete aveva deciso che si sarebbe fatta andare bene Tina piuttosto che indurre in tentazione un futuro uomo di Dio.
Entrò in bagno sempre seguita da Ele e aprì l'acqua.
Da allora erano passati circa quattro anni e ancora litigavano perché Tina russava, perché Eleonora voleva la luce accesa fino a tardi, perché Tina sbagliava i congiuntivi, perché Eleonora riempiva il ripiano del lavandino di vasetti e flaconi, perché Tina andava prima in bagno, perché Eleonora la correggeva e la lista era lunga e infinita.
Ma nonostante tutto Eleonora era quella che si premurava di cosa dovesse mangiare Tina e di non permetterle di lavare un piatto quando faceva il doppio turno.
Alla fine in fondo si volevano bene, molto in fondo.
"Non so Ele, petto di tacchino ai ferri e insalata?"
Le propose prima di entrare in doccia.
Eleonora fece una smorfia di disgusto.
"Il tacchino è stopposo e non mi piace. L'insalata va bene."
"Ele ma non devi mangiarlo tu. Sai che Tina preferisce la carne bianca. Altrimenti non so cosa vorresti prepararle?"
"Tu hai mangiato?"
"Sì mamma ho mangiato un tramezzino a lavoro."
Altra smorfia di disgusto.
"Tu e quella specie di pane! Non capisco cosa ci trovi di buono. Si attacca ai denti, al palato, e dio solo sa dove, quando lo ingerisci, per non parlare del suo sapore simile alla paglia. Quando ti deciderai a portarti qualcosa di decente dietro lady Marian?"
Marianna sbuffò sonoramente.
Uscì dalla doccia si asciugò e infilò un paio di leggins e un maglione sull'intimo.
"Che strazio che sei Ele! Ho appena un quarto d'ora per la pausa credi che sia facile mangiare in un quarto d'ora?"
Prese il blocco dei disegni con il carboncino e andò in cucina seguita da Eleonora.
"Va bene cambiamo discorso o mi viene l'emicrania. Hai pensato a quello che ti ho detto ieri?"
Si era seduta accanto a lei e la guardava con gli occhi furbi di chi sa di aver la situazione in pugno.
Aprì il blocco e scosse la testa.
Lo aveva detto lei che avrebbe dovuto trovare una casa con una sola stanza.

Tu es caliente Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora