4 dicembre
Margareth's Pov
"Non sei nulla!"
"Ti meriti questo e peggio ancora!" Mi gridava queste parole mentre continuava a riempirmi di schiaffi e a toccarmi in un modo così disgustoso, che mi salì un conato di vomito.
"Mi dispiace che sia rimasta solo disabile. Avresti meritato di rimanerci secca."Mi alzai con il fiatone e con le lacrime agli occhi.
Erano giorni che continuavo a fare questo incubo.
Lui che continuava a dirmi che ero una nullità.
Lui che mi diceva che meritavo il peggio del peggio.
Lui, che insieme a molti altri, aveva sperato nella mia morte.
Lui che mi picchiava.
Lui che mi toccava.
I suoi amici che nel frattempo ridevano e se la spassavano.Capivo lui e la sua cattiveria, visto che non sapeva come erano andate realmente le cose, ma gli altri in tutto questo non c'entravano niente.
Lo seguivano come cagnolini.
John Wilson era molto amato a Seattle, visto che suo padre possedeva più di metà città, e aveva molti amici, più che altro cagnolini, per questo motivo.
Molti lo assecondavano solo perché i suoi genitori erano dipendenti di suo padre e altri perché così facendo avevano delle agevolazioni, essendo amici del ragazzo più ricco della città.
Quanto mi faceva ribrezzo quella famiglia, solo i santi lo sapevano.
Pensavano di essere i re del mondo, ma a me sembravano solo dei cretini con più soldi in tasca di metà Seattle messa insieme.
La cosa più schifosa è che li utilizzavano solo per i loro schifosissimi scopi e non per fare beneficenza e dare un po' di quei soldi a persone che ne avevano realmente bisogno o mandarli ad una di quelle associazioni per la ricerca di cure a malattie rare.《Amore, sei sveglia?》 Sentì dire dall'altro capo della porta da mia madre.
Non sentendo risposta aprì la porta e mi ritrovò seduta sul letto con le lacrime a rigarmi le guance.
Non era la prima volta che mi ritrovava in quelle condizioni e sapeva pure lei che non sarebbe stata neppure l'ultima volta.
Si avvicinò cauta al letto, non sapendo che dire, visto che nei giorni precedenti aveva provato a rassicurarmi in tutti i modi, dicendo che sarebbe andato tutto bene, ma sapeva pure lei, sotto sotto, che non era così.
Niente sarebbe andato bene.
Avremmo perso la causa, questo era sicuro, e quella famiglia ci avrebbe rovinato la vita più di quanto non avevano già fatto anni prima.《Amore...》Mi disse mamma mia, accarezzandomi dolcemente i capelli.
Sapevo cosa voleva dire, perciò la fermai in tempo.
《No, mamma, non dirlo! Non andrà tutto bene e lo sai anche te. Non capisco ancora il perché tu abbia voluto fargli causa. Sai anche te che giustizia non sarà mai fatta, sia per quello che è successo meno di una settimana fa, sia per quello che è avvenuto anni fa, quindi smettila di dire cazzate e accetta la realtà!》 Le urlai contro, forse con troppa cattiveria, ma non ce la facevo più.
Ogni notte avevo gli incubi per colpa loro.
Erano giorni che dormivo, si e no, qualche ora, per poi svegliarmi piangendo e con il fiatone ed ero stufa della finta speranza che mia madre provava a farmi avere.
Notavo che mia madre era sull'orlo di scoppiare in un pianto isterico, ma non lo fece.
Lei era forte e, prima di lasciare la stanza, mi disse semplicemente :《 Preparati, tra 2 ore dovremo presentarci in tribunale.》Chiusi gli occhi sospirando.
Ero veramente un disastro.
Ero riuscita ad offendere anche l'unica persona che mi era sempre stata accanto, che consideravo la mia migliore amica, oltre che mia mamma.
Mi avvicinai al bordo del letto e dopo aver avvicinato la mia sedia, alla quale mamma era riuscita a far cambiare i freni, grazie ad un suo amico il quale non le aveva fatto pagare neanche un centesimo, mi diedi una spinta e mi sedetti su essa, per poi andare a prepararmi.
Dopo essermi lavata, sempre sotto lo sguardo attento del mio genitore, la quale era tornata dopo 5 minuti per darmi il vestito elegante che mi sarei dovuta mettere, che aveva preso direttamente dal suo armadio, mi vestì.
Mi madre decise anche di acconciarmi leggermente i capelli, facendogli delle piccole onde, e truccarmi con un po' di fondotinta, mascara e lucidalabbra, per poi sparire nuovamente e ritornare con un paio di tacchi neri lucidi in mano.Appena me li mise, mi salirono le lacrime agli occhi. Un tempo andavo matta per i tacchi e ne avevo a palate, visto che prima del mio incidente, eravamo una famiglia benestante che poteva permettersi qualche ossessione, e le mie erano proprio le scarpe.
Dopo l'incidente avevo detto a mia madre di sbarazzarsi di tutti i miei tacchi, visto che mi faceva male vederle e non poter camminarci, ma non avevo assolutamente idea che avesse tenuto il mio paio preferito da parte.
《Perché le hai tenute?》 Le chiesi ancora sotto shock, con le lacrime agli occhi, che cercavo in tutti i modi di non far uscire per non rovinare il trucco.
《Perché dentro di me non è mai morta la speranza che un giorno io ti possa rivedere camminare in giro per casa con questi tacchi addosso.》Mi venne da ridere e da piangere allo stesso tempo per la sua affermazione.
Adoravo a tal punto queste scarpe che un tempo le usavo pure come ciabatte a casa.
Sotto sotto ho sempre saputo che in lei era ancora viva la speranza di vedermi alzare da questa sedia a rotelle e camminare per casa, ma sapevamo entrambe che tutto ciò non sarebbe mai successo, che questo desiderio non sarebbe mai stato esaudito.《Ti voglio bene. Scusa per prima.》 Dissi di getto, guardandola con occhi lucidi per l'emozione.
《Anche io, tesoro, te ne voglio. E non ti preoccupare, ti ho già perdonata. Devi capire, però, che sono tua madre e che sarò sempre lì a sperare per il tuo bene.》 Mi disse, abbassandosi alla mia altezza e abbracciandomi forte, al che io ricambiai immediatamente con quanta più forza possibile.
Lei era la mia forza.Dopo aver fatto colazione insieme, mentre mi raccontava degli aneddoti avvenuti a lavoro il giorno precedente, ci dirigemmo con il suo furgone verso il tribunale.
Erano giorni che non andavo all'università, visto che il preside mi aveva concesso dei giorni di congedo dopo ciò che era avvenuto, anche se secondo me c'era qualcos'altro sotto, ma non avevo avuto il coraggio di chiederglielo quel giorno quindi sarei rimasta nel dubbio, anche se per non molto.Appena mia madre aprì lo sportellone del furgone, capì che eravamo già arrivati a destinazione.
Mi aiutò a scendere e appena fui con le ruote sull'asfalto, salutai la mia accompagnatrice, la quale mi abbracciò e mi augurò buona fortuna prima di rientrare nel furgone e rifare la strada da dove eravamo arrivate.
Mi avviai verso l'entrata, facendo una piccola salita, al posto delle scale che oramai non potevo più fare.
Appena arrivai di fronte al portone aperto da cui entravano e uscivano avvocati e persone di ogni genere, una domanda mi balenò nella testa.
Chi era il mio avvocato?Era strano, ma non lo avevo ancora incontrato e forse ero l'unica persona che prima di presentarsi in tribunale non lo aveva mai visto.
Da quel che so ci aveva parlato mamma mia al telefono. Sapevo solo che era un uomo giovane e che era uno dei migliori.
Non aveva mai perso un caso e mi dispiaceva veramente per lui, visto che questo, allora, sarebbe stato il primo che avrebbe perso e penso che pure lui ne era consapevole se sapeva il nome dell'accusato.Presi un enorme respiro e, successivamente, mi feci forza ad entrare, ma quel che vidi appena entrata fece crollare quel minimo di forza che mi ero costruita interiormente.
John Wilson se ne stava beatamente appoggiato ad una delle grandi finestre, annoiato da ciò che il suo avvocato gli stava dicendo.
Appena si girò e mi vide, un sorriso diabolico gli si formò sul viso e mimò delle parole.
Quelle parole che avrebbero dovuto spaventarmi, ma che non fecero altro che far aumentare la mia voglia di vincere e di veder il suo mondo crollare.
Ero pronta.
Pronta a provare a sconfiggerlo.
Sarebbe stata dura, ma confidavo in me e il mio avvocato che neanche conoscevo.《Ti distruggerò Evans. Te e la tua cara mammina.》
Ma non sapeva che la sua famiglia ci aveva già distrutto una volta e che stavolta saremmo stati noi a ridurlo in pezzi.
Che il gioco abbia inizio caro Wilson!
♡♡♡♡
Ehi!!!
Sono tornata con un nuovo capitolo.
So che non è lungo, ma come ho anticipato nello scorso capitolo questa storia conterrà capitoli corti e non troppo dispersivi, per non annoiare il lettore.
Ditemi se vi è piaciuto e se vi sta piacendo la storia commentando o lasciando una stellina☆!
STAI LEGGENDO
Love's Justice
Romance《Dichiariamo John Wilson colpevole.》 Erano queste le parole che Margareth Evans avrebbe da sempre voluto sentir dire in tribunale. John Wilson colpevole. Quello che le aveva fatto era orribile e non riusciva a togliersi dalla testa la sua cattiveri...