14. The first hearing. *1*

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14 dicembre

Margareth's Pov

Ho aspettato questo giorno con ansia e tensione: oggi ci sarà la prima udienza ed io sono più che tesa.
Sabato mattina, insieme a Matthew, abbiamo fatto delle prove su come sarebbe andata oggi ed è andata bene: ho risposto a tutte le domande con sicurezza, solo l'ultima mi ha lasciata un po' spiazzata come, d'altronde, anche la risposta del mio avvocato.
"Tu sei meravigliosa, Margareth Evans."
Ho pianto.
Ho pianto così tanto una volta tornata a casa e per una volta, erano lacrime di gioia.
Lui mi ha sentire così importante in quella frazione di tempo in cui mi fissava negli occhi ed esprimeva il suo pensiero.
Mi ha fatta sentire veramente meravigliosa.
Era strano tutto questo, dopotutto lo conoscevo da meno di 2 settimane, ma era riuscito a capirmi più lui che persone che conoscevo da anni.
Ha capito quanto io mi senta sbagliata e diversa, come una rosa nera in un campo di rose rosse rubino.

Tutta la notte fra sabato e domenica l'avevo passata a pensare a lui ed al suo sguardo con un sorriso stampato in faccia, ma la mattina seguente la mia felicità era svanita immediatamente, sostituita dall'ansia.
Avrei rivisto tutti loro.
Le persone che odiavo di più al mondo e non avrei potuto fare niente.
Non sarei potuto scappare a nascondermi dalla loro arroganza e cattiveria e questo era quello che mi spaventava di più.
Un solo mio passo falso e loro si sarebbero presi gioco di me.
Potevo farcela. Dovevo farcela.

Questa mattina mi ero svegliata molto presto rispetto al solito e mia madre con me.
Si vedeva che anche lei fosse in ansia.
Le avevo detto che non c'era bisogno che si presentasse in aula a guardare le loro facce da schiaffi. Lei si era opposta fermamente, affermando che voleva esserci per sostenermi, così, se avessi avuto bisogno di un ancora ad un certo punto, avrei potuto fare affidamento sulla sua figura.
Inutile dire che quando mi ha detto queste parole, sono scoppiata a piangere e l'ho stretta forte a me.
Sapevo quanto le costasse fare questo sforzo ed il fatto che lo facesse per sostenermi e non lasciarmi sola, mi faceva sentire così fortunata ad avere una mamma come lei.

Mi ero vestita elegante e, sotto consiglio di mamma, avevo messo i tacchi rossi che mi aveva regalato come portafortuna.
Come vestito, ne avevo scelto uno completamente nero che arrivava al ginocchio non molto aderente, ma semplicemente elegante.
Per l'ansia non avevo neanche fatto colazione una colazione abbondante: giusto un po' di spremuta di arancia con due biscotti.
Era veramente poco per una abituata a mangiare quattro pancakes sciroppati quasi ogni mattina.
Eravamo salite sul furgoncino e per tutto il viaggio non avevo fatto altro che mangiarmi le pellicine delle mani e sbuffare.

《Siamo arrivate!》 Eccole lì, le famose due parole che per tutto il viaggio mi ripetevo che non avrei voluto sentire.
Avanti Margareth, ce la puoi fare!
Tu sei forte e meravigliosa e....!
Accidenti Margareth, non mi sembra proprio il momento giusto per pensare alle parole di Matthew.
Chiudi gli occhi e inspira ed espira, inspira ed espira.
《Buongiorno Margareth.》 Perfetto adesso mi sognavo anche la sua voce ed il suo dolce profumo.
Forza Margareth!

Riaprì gli occhi, facendomi coraggio finalmente, e mi accorsi che non era per niente un sogno e il mio avvocato era proprio davanti ai miei occhi.
《Scendi o rimani tutto il tempo là dentro a fare meditazione?》 Non risposi, per la prima volta, alla sua frecciatina.
Ero troppo tesa.
Gli feci un debole sorriso e grazie al suo aiuto riuscì ad uscire da quella scatoletta di metallo che cominciava a starmi troppo stretta.
Con una lentezza disarmante e io in religioso silenzio, mentre mia madre e Matthew chiacchierando, arrivammo di fronte al portone in legno scuro dell'aula in cui si sarebbe svolta l'udienza.
Non vi era nessuno davanti, quindi sicuramente erano già tutti dentro, visto che mancavano pochi minuti al suo inizio.
《Pronta?》 Mi sussurrò il ragazzo al mio fianco, abbassandosi alla mia altezza.
Lentamente annuì, incerta sul da farsi, ma non potevo mica tornare indietro arrivata a questo punto.
Lo dovevo, prima di tutto, a me stessa e a mia madre, ma anche a tutte quelle ragazze che si erano trovate in situazioni simili alle mie e non avevano ricevuto giustizia.

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