Capitolo 10

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Ho passato la gran parte del pomeriggio in ginocchio ai suoi piedi mentre lui era comodamente disteso sul divano, tutto questo solo perché non gli ho risposto nel modo più adeguato, io provo qualcosa per lui, è ancora presto e ho ancora tanto da sapere su di lui ma non so se resisterò a lungo continuando in questo modo.
<<Voglio portarti in un luogo bimba, preparati, questa volta mettiti qualcosa di più sobrio>>, lo dice probabilmente ripensando al modo indecente in cui mi ero vestita la scorsa sera, bhe lo capisco ma non sono così stupida da ricommettere lo stesso errore.
Mi preparo vestendomi il più comodamente possibile, una camicetta e un jeans.
In macchina parliamo del più e del meno e come il giorno prima ridiamo e scherziamo, questo lato di lui mi piace, in realtà mi piacciono tutte le sue personalità però quando è tranquillo mi sento a mio agio.
Arriviamo in un luogo incantevole, siamo immersi nella natura, nella pace e nel silenzio più totale se non fosse per il piacevole rumore della cascata che si abbatte contro le rocce per poi finire nella piccola e cristallina piscina naturale nascosta dalla vegetazione, di artificiale c'è solo un piccolo pontile in legno rovinato dall'acqua e dal tempo.
Lo guardo sedersi comodamente sul bordo del pontile immergendo i piedi nell'acqua, non mi ero nemmeno accorta che si fosse tolto le scarpe.
Mi siedo accanto a lui, però non riesco a non pensare alla quantità esorbitante di donne che probabilmente avrà trascinato qui, del resto non penso che abbia bisogno di un luogo del genere per abbindolare le donne, ci riesce anche da solo.
<<A che pensi? >>, si volta verso di me con sguardo interrogativo.
<<A nulla, è bello qui... Quante donne ci hai portato? >>, le parole mi escono quasi in automatico, ma che mi salta in mente, perché devo rovinare un momento così bello.
<<Non ci riesci mai vero a non pensare male e a tenere quella dannata lingua a freno? >>.
<<Scusa>>.
<<Sei la prima che porto>>.
<<Perché proprio me? >>.
<<Perché sei diversa>>.
Diversa in cosa, non capisco, non mi conosce nemmeno così tanto bene da poterlo dire.
<<Smettila di pensare, sei un libro aperto per me>>.
<<Io non pensavo>>.
<<Non mentire, piutosto senti come è bella l'acqua>>, si china per raccogliere un po' d'acqua con una mano e con un gesto veloce me la butta addosso sghignazzando come un bambino.
Per fortuna non me ne arriva molta, ma per vendetta eseguo il suo stesso gesto schizzandolo.
<<È così che la metti eh! >>.
Si alza veloce provando a raggiungermi, io scappo ma lui essendo molto più veloce di me mi prende dalla vita e mi getta sulla sua spalla destra.
<<E adesso che fai?>>.
In risposta gli inizio a tirare qualche pugno sulla schiena urlando e ordinandogli di mettermi giù , ma lui non mi lascia e ride divertito.
<<Tutto qui, ti credevo più combattiva di così, mi deludi sai >>.
Gli tiro uno schiaffo sul sedere mettendoci tutta la forza che ho.
<<Questo non lo dovevi fare, riprovaci e non solo verrai punita ma ti ritroverai anche direttamente in acqua e scommetto che è fredda, molto più di quanto immagini>>.
Ma in quel momento non m importavano le conseguenze pensavo solo ad avere la mia vendetta così gli tirai un altro schiaffo e lui in risposta mi buttò in acqua.
È davvero gelata, vado giù affondo sentendo il freddo ghiacciarmi tutti i muscoli della faccia.
Riemergo e lo vedo lì sul pontile con quello sguardo severo a braccia incrociate.
<<Quella incazzata dovrei essere io>>.
<<Come al solito non fai ciò che ti dico e adesso ne paghi le conseguenze, probabilmente ti prenderai un malanno e tra qualche minuto avrai anche il culo a strisce, ma questo lo hai voluto tu, prima o poi imparerai ad obbedire>>.
Lo odio, stavamo solo scherzando.
Esco dall'acqua infreddolita, cerco di riscaldarmi circondandomi il corpo con le braccia, ma nulla da fare tremo come una foglia.
Lui inizia a camminare e io lo seguo finché non si ferma vicino a uno dei tanti alberi.
<<Poggia le mani sul tronco e chinati leggermente in avanti >>, mi guarda severo e usa un tono che non ammette repliche.
<<Ti prego portami a casa ho freddo, non resisto >>.
<<Non lo voglio ripetere un'altra volta>>, mi guarda in attesa.
Faccio come mi dice, il mio corpo mi sta maledicendo per aver abbandonato la posizione precedente che mi forniva una piccolissima possibilità di riscaldarmi.
Tanto per peggiorare la situazione  lui mi cala i jeans fino alle caviglie e mi aggiusta le mutandine bagnate in modo che ricoprano per quanto possibile le natiche.
Non capisco il suo gesto fin quando la sua mano non si abbatte con forza al centro del sedere procurandomi un bruciore molto più intenso dell'altra sera.
Però non continua a sculacciarmi quindi mi giro per vedere cosa sta facendo e lo vedo spezzare un rametto sottile da un albero.
Che ci vuole fare con quel coso.
Me lo appoggia piano sul sedere.
<<perché lo sto facendo? >> ed ecco che arriva la fatidica domanda, lo odio ma decido di non peggiorare ulteriormente la situazione.
<<perché ti ho disobbedito>>.
<<Lo rifarai? >>.
<<No padrone>> tutto questo continua ad umiliarmi.
<<conta e chiedi scusa a ogni colpo>>.
Senza aspettare una mia risposta mi colpisce, sento la mia pelle segnarsi sotto i duri colpi del rametto e la pelle bagnata amplifica il dolore rendendolo insopportabile.
<<Uno, scusa padrone>>, lo dico più per non peggiorare la mia situazione che per obbedienza, ma in questo momento lo vorrei mandare al diavolo.
Arriva il secondo colpo e poi il terzo, ma poco dopo non riesco più a trattenermi e inizio a urlare, lui mi poggia una mano sulla schiena spingendomi con forza contro il tronco, le braccia mi cedono e mi ritrovo con  la guancia contro la parete ruvida dell'albero. Continua a colpirmi con tutta la forza che possiede, sto arrivando al limite e appena lui toglie la mano dalla mia schiena mi accascio a terra ancora infreddolita e dolorante.
Mi rannicchio su di un lato per provare a fermare il tremore che non mi da tregua e le lacrime mi scendono copiose sul viso.
Perché mi fa questo, cosa gli ho fatto di male?!

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