CAPITOLO 3

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Dopo parecchi giorni di cammino sotto il Sole cocente, Osman e i suoi uomini non erano ancora giunti a destinazione. Ogni notte, quando facevano una breve sosta per riposare, l'uomo accarezzava dolcemente il medaglione che portava al collo e aveva quasi la sensazione che Nadâ fosse lì con lui. Ogni notte le scriveva una lettera immaginando di parlarle di persona. In queste lettere Osman si apriva, manifestando tutte le proprie angosce, le proprie speranze e i propri progetti per il futuro. Probabilmente l'amica non le avrebbe mai lette, ma questa attività lo aiutava a riflettere e a sentirsi meno solo e spaventato. La sua amica era tutto il suo mondo. Sin da quando il padre l'aveva portata a casa, dopo la morte dei genitori, avevano subito legato. Anche lui aveva da poco perso la madre e questo probabilmente li aveva aiutati a capirsi e sostenersi a vicenda. Ogni volta che era triste, Nadâ riusciva a farlo stare bene. Se aveva bisogno di qualcosa, lei era lì a prendersi cura di lui. Il nome che le aveva dato la madre le si addiceva in modo incredibile, nel calore e nell'aridità del deserto, lei era come rugiada che gli forniva sollievo e conforto.

La sua amica era l'unica persona di cui si fidasse veramente, l'unica a cui fosse veramente legato. Durante la sua vita aveva visto andarsene numerose persone, ma era convinto che nessun dolore sarebbe stato pari a quello che avrebbe provato se avesse perso Nadâ. Lei era la sua anima gemella, ma non in senso romantico, lui non credeva in queste stupidaggini, erano spiriti affini che si completavano a vicenda. Osman aveva avuto molte donne, ma nessuna a cui si fosse mai affezionato. Dopo aver fatto sesso con loro non aveva nessuna voglia di intrattenersi in loro compagnia. L'unica con cui voleva trascorrere tutto il suo tempo era Nadâ. A volte dormivano anche insieme. Non sapeva se qualcuno nel palazzo se ne fosse accorto, ma in ogni caso nessuno aveva mai detto nulla in proposito. A volte si vergognava del fatto che dormisse meglio e si sentisse più sereno quando l'aveva accanto, come se fosse un bambino piccolo che ha bisogno della mamma. Anche adesso che era diventato sultano nulla sarebbe cambiato. Le concubine avrebbero soddisfatto i suoi bisogni e gli avrebbero fornito eredi, niente di più. Nadâ sarebbe stata sempre ben accolta a palazzo, anzi forse si sarebbe potuta trasferire di nuovo lì e avrebbero trascorso tanto tempo insieme. Non l'avrebbe mai e poi mai relegata nell'harem insieme alle altre, avrebbe vissuto nella sua dimora. Lui l'avrebbe sempre protetta e non le avrebbe fatto mancare nulla.

Mentre rifletteva su questi pensieri, Osman si addormentò lentamente con un sorriso sulle labbra e nella mente l'immagine della sua cara amica.

Dopo numerosi giorni finalmente Osman e i suoi uomini raggiunsero la loro destinazione. Il Sole picchiava forte sulla loro pelle e non c'era neanche un alito di vento a fornire loro sollievo, erano grondanti di sudore e stremati, ma finalmente ce l'avevano fatta, anche se adesso avrebbero dovuto affrontare la parte più difficile e pericolosa della loro impresa.

Il loro obiettivo era finalmente davanti ai loro occhi: una fortezza imponente e dalle spesse mura, circondata da parecchi soldati che la tenevano sotto assedio.

Senza neanche bisogno di parole, Osman e il fidato Ahmelek si scambiarono un'occhiata eloquente.

Ahmelek era uno dei visir più in gamba di Osman, oltre che amico fidato sin dall'infanzia. Era un uomo parecchio alto e dal fisico asciutto, con la pelle scura. Il viso spigoloso con il naso leggermente aquilino era abbellito da due magnetici occhi scuri a mandorla, da una folta chioma che gli ricadeva sulle spalle e da una barbetta scura come i lunghi capelli, che gli davano un aspetto un po' selvaggio.

I due uomini si separarono, guidando ciascuno un gruppo di soldati per accerchiare e cogliere di sorpresa i nemici attaccandoli alle spalle. L'effetto sorpresa fu determinante, in poco tempo gran parte degli avversari caddero sotto le armi del sultano e dei suoi uomini senza quasi neanche accorgersene. Il comandante nemico ritenne più saggio battere in ritirata insieme ai superstiti, sapeva di non avere possibilità.

La rugiada del desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora