CAPITOLO 5

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La giornata sembrò interminabile. Per far passare il tempo, Nadâ tornò a casa per lavarsi e cambiarsi d'abito. Decise di provare a cucire un po', magari avrebbe potuto preparare qualcosa di bello da regalare ad Osman. Purtroppo il cucito non era un lavoro adatto ad una donna inquieta e nervosa, aveva bisogno di distrarsi e sfogare il nervosismo. Infastidita dalla pessima riuscita di ciò che stava cucendo, gettò il proprio lavoro sul letto, si alzò di scatto e uscì a fare due passi.

Dopo una lunga camminata, decise di raggiungere il palazzo del sultano, magari il suo amico sarebbe riuscito a liberarsi e parlare con lei prima del previsto. Purtroppo non fu così, Osman era così impegnato che poté incontrarla solo a sera inoltrata.

La giornata del sultano era stata parecchio intensa. Era diventato necessario sbarazzarsi di Fasir che stava diventando sempre più arrogante e autoritario. Cosa credeva? Che fosse ancora un bambino manipolabile? Non era sanguinario come i suoi fratelli, ma questo non significava che fosse debole. In fondo cosa avevano ottenuto con la violenza e l'impulsività? Era decisamente meglio prendere decisioni razionali e sagge.

Grazie all'aiuto di Ahmelek, Osman era riuscito a trovare il modo e soprattutto il coraggio di rimuovere Fasir dall'incarico. Ahmelek sarebbe diventato il nuovo Gran Visir, era un amico fidato, oltre che un uomo in gamba, all'altezza di un compito del genere. Sapeva che in molti non avrebbero approvato la sua scelta, vista la giovane età dell'amico, che era addirittura ancora più giovane di Osman. Fasir aveva più esperienza e aveva servito abilmente suo padre. Contava molti amici e molti sostenitori, specialmente all'interno del consiglio dei visir. Ma Osman era certo che il tempo avrebbe dimostrato che aveva preso una decisione saggia.

Stanco per la giornata intensa, Osman si ritirò nelle proprie stanze, trascinando il proprio corpo che ancora non si era ripreso dopo la lunga guerra.

«Oh, sei qui! Mi stavi aspettando?» chiese perplesso, notando che la sua amica passeggiava davanti la sua camera. Non si sarebbe aspettato di trovarla lì a quell'ora.

«Si, certo. Avevi detto di volermi parlare ed eccomi qua».

«Ma non era necessario aspettarmi, ormai è tardi».

«Ormai che sono qui parliamo».

«OK, magari prima permettimi di mettermi un po'comodo».

Nadâ annuì cercando di nascondere la propria ansia crescente.

«Puoi attendermi in camera mia. Ti raggiungo tra poco» le disse Osman facendole l'occhiolino e determinando un ulteriore aumento del suo battito cardiaco. Nadâ era convinta che continuando così, quella sera le sarebbe venuto un infarto.

La ragazza lo guardò sparire in un corridoio ed entrò nella stanza dell'amico, dove cominciò a passeggiare nervosamente. Era così tesa che saltò in aria non appena il sultano aprì la porta.

Osman rise nel vedere la sua reazione. «Ehy, chi ti aspettavi? Sono io».

«Si, sono solo un po'stanca» mormorò in imbarazzo cercando di nascondere le reali motivazioni della sua agitazione

«Ci accomodiamo sul letto e ci rilassiamo? Sono parecchio stanco anche io».

Nadâ annuì e si sdraiò accanto all'amico.

Osman si voltò verso di lei guardandola con affetto, spazzando via di colpo ogni preoccupazione.

«Come ti ho anticipato, durante la mia assenza ho avuto modo di riflettere sulla questione dell'erede...».

Nadâ annuì, sperando che arrivasse subito al dunque.

«Hai già individuato le possibili candidate?».

La sua amica annuì nuovamente, non riuscendo a proferire parola.

«Perfetto! Quanto sei efficiente! Si può sempre contare su di te» esclamò ridendo mentre le accarezzava dolcemente la guancia. Nadâ si sentiva confusa, non sapeva come reagire o cosa pensare.

«Ho pensato che mi piacerebbe avere una donna che sappia ballare e che ogni tanto danzi per me. Credi di poter organizzare al più presto una festa, magari per giovedì? Così le candidate potrebbero esibirsi per me e potrei decidere chi scegliere».

Nadâ rimase ammutolita per un istante. Poi si sforzò di sorridere e promise all'amico che tutto sarebbe stato pronto per giovedì. Fece per alzarsi, ma Osman le afferrò rapidamente un braccio, facendola ricadere sul letto. «Dove stai andando?».

«A casa».

«Ma sei impazzita? A casa da sola a quest'ora?».

«Ho così tante cose da fare domani. Se deve essere tutto pronto per giovedì, ho bisogno di mettermi subito all'opera».

«Non c'è fretta, vieni qui» esclamò stringendola a sé.

Nadâ tentò di nascondere la propria malinconia senza alcun successo. Osman le afferrò delicatamente il mento e le sollevò la testa per guardarla bene negli occhi. «Che succede? Cosa ti turba?» le chiese con un tono realmente preoccupato.

«Nulla, sono solo stanca» mormorò lei voltandosi ed interrompendo il contatto con lui. Improvvisamente sentì il gelo, lì dove prima la sua mano calda la stava toccando.

«Non mentire, non sei brava a farlo e odio che tu mi dica bugie».

«Beh, non voglio fartelo pesare, ma tutti questi cambiamenti hanno stravolto un po' anche me».

«è ovvio! Mi dispiace! E smettila di volermi proteggere! Devi condividere con me qualsiasi preoccupazione, così come io faccio con te. Non sono così fragile! Sono qui per aiutarti e sostenerti! Sempre!»

«Ma sei tu che hai perso il padre e che ti sei ritrovato in una situazione nuova e densa di responsabilità. E comunque non potrai esserci sempre per me. Le cose cambieranno».

«Che vuoi dire?».

«Stai cominciando a popolare il tuo harem con le schiave portate dalla guerra, prenderai moglie e ti dedicherai alla generazione di possibili eredi, il nostro rapporto non sarà più lo stesso».

«E perché mai? Sono il sultano, se voglio trascorrere del tempo con la mia migliore amica o dormire con lei nessuno potrà impedirmelo. Tutto rimarrà esattamente come adesso».

Nadâ fece per replicare, ma Osman la zittì chiudendole la bocca con una mano. «Adesso basta con questi discorsi stupidi! Sono stanco e vorrei dormire. E smettila di preoccuparti, andrà tutto bene».

Osman chiuse gli occhi abbracciando la sua amica. La ragazza si accoccolò contro di lui stringendolo forte mentre una lacrima solitaria le scendeva lentamente lungo la guancia. Voleva godere a pieno degli ultimi momenti di intimità con l'uomo che amava.


La rugiada del desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora