CAPITOLO 8

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La mattina seguente Osman non riusciva a concentrarsi sui fogli che aveva davanti a sé. Amehlek gli aveva portato alcuni documenti che richiedevano urgentemente la sua attenzione, ma il sultano non riusciva a togliersi dalla testa la lite con Nadâ. Odiava litigare con lei e odiava il fatto che lei gli avesse mentito, non lo aveva mai fatto prima. Sin da quando erano piccoli non avevano segreti, perché all'improvviso tutto stava cambiando così in fretta? Si sentiva totalmente disorientato.

Inoltre il solo pensiero che lei potesse prendere in considerazione l'idea di sposare Fazil gli faceva affluire il sangue alla testa. Non perché fosse geloso, ma lui non era la persona adatta per la sua amica. Pensava che Nadâ avesse una maggiore capacità di giudizio. Inoltre lo infastidiva l'idea che il rapporto tra lui e la sua amica si modificasse. Credeva che anche lei volesse mantenere tutto invariato. L'unica costante della sua vita, l'unica certezza, l'unica cosa che lo rassicurava era la loro splendida amicizia. Trascorrere del tempo con lei a parlare, scherzare, passeggiare, o fare qualsiasi altra cosa, basta che stessero insieme. E soprattutto dormire tenendola tra le sue braccia, traendo conforto dal suo calore, dal suo meraviglioso profumo leggermente fruttato. Ogni volta che si sentiva triste e solo o che aveva un incubo, bastava la sua sola presenza a risollevarlo.

Qualche timido colpo alla porta fece sussultare Osman distogliendolo dai suoi pensieri. Sperava che non si trattasse di Amehlek, erano trascorse già due ore, come avrebbe giustificato il fatto di non aver letto i documenti?

Il sultano si schiarì la voce e invitò il visitatore ad entrare.

Tirò un sospiro di sollievo quando sulla soglia vide comparire il volto di Nadâ che sorrideva timidamente. Probabilmente si sentiva in imbarazzo e in colpa per l'accaduto del giorno precedente.

Osman si drizzò sulla sedia e la invitò ad accomodarsi. «In questo momento sono molto occupato. Spero che si tratti di qualcosa di importante» esclamò simulando un tono infastidito.

Aveva voglia di far pace con lei, ma prima voleva fargliela pagare. Avrebbe dovuto faticare un po' per ottenere il suo perdono, così forse avrebbe imparato la lezione.

«Allora magari passerò in un altro momento» sussurrò la ragazza alzandosi immediatamente.

«Si, forse è meglio».

«Peccato, ti avevo portato il Güllaç» mormorò Nadâ guardandolo con attenzione.

«Davvero? Mi hai portato il mio dolce preferito?» esclamò Osman con l'entusiasmo di un bambino davanti alla vetrina di una pasticceria. La ragazza gioì interiormente. Lo conosceva bene e sapeva quali fossero i tasti giusti da toccare.

«E pensi che questo basti a farti perdonare?» aggiunse Osman pentendosi immediatamente della propria reazione entusiasta.

«D'accordo. Io ci ho provato» commentò Nadâ avviandosi verso la porta.

Come previsto, Osman la bloccò. «Non ho mica detto che non lo accetto».

La fanciulla trattenne un sorriso soddisfatto e si sedette di fronte ad Osman, posando il dolce sul tavolo su cui l'uomo stava lavorando.

Il sultano fece per afferrare il cucchiaio, ma Nadâ lo fermò ricevendo un'occhiataccia. Come era adorabile quando metteva il broncio! Ma anche quando si mostrava felice, era adorabile in ogni circostanza!

La ragazza si fece coraggio e decise di imboccare il suo amico cogliendolo di sorpresa.

Osman rimase per un po' a fissarla con uno sguardo indecifrabile. Nadâ decise quindi di continuare ad imboccarlo e lui la lasciò fare finché non ebbe consumato tutto il dolce.

La rugiada del desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora