«Eurus! Eurus svegliati! Sono quasi le otto e sei in ritardo!» mi grida mia madre nell'orecchio.
Mi sveglio di soprassalto, mettendomi velocemente a sedere sul letto.
Mia madre è accanto a me, con le braccia incrociate sul petto e con una maglietta ed un paio di pantaloni in mano.
«Mettiti questi» mi dice lanciandomi i vestiti in faccia.
Si gira senza guardarmi ed esce dalla stanza.
Mi alzo dal letto ancora assonnata e mi guardo allo specchio.
Di prima mattina sono assolutamente spaventosa.
Non che io sia migliore nel resto della giornata.
Mi tolgo il pigiama ed indosso i vestiti, per poi guardarmi nuovamente allo specchio.
Ho indosso un paio di jeans grigi attillati con una maglietta nera a mezze maniche, che mi lascia leggermente scoperta la pancia.
Non mi piace affatto ma non ho tempo di cambiarmi, così mi metto lo zaino sulle spalle e prendo la valigia.
Prima di uscire dalla stanza, prendo una felpa dall'armadio e me la metto in vita.
«L'appuntamento è davanti scuola alle otto. Mancano cinque minuti» mi dice mia madre appena entro in cucina.
Annuisco e prendo un muffin dal cestino sul tavolo.
Mi dirigo verso la porta mangiucchiando la mia colazione, mentre mia madre mi guarda con un'espressione che non riesco a decifrare.
«Ci vediamo tra cinque giorni» le dico senza neanche salutarla.
Non mi risponde e non vedendo mio padre, esco dalla porta e la chiudo.
Mi appoggio al muro e indosso le mie cuffie, mettendo un po' di buona musica.
Dopo aver preso l'ascensore, esco dal portone e comincio a camminare velocemente.
Sono in ritardo come di consueto.
Ma comunque non si accorgeranno di me.
Arrivo sotto scuola appena in tempo e vedo da lontano il pullman.
Mi avvicino ad esso e vedo le mie tre amiche che parlano tra loro.
Comincia a camminare verso quella direzione ma penso alla scenata che hanno fatto ieri, così cambio strada e vado davanti al cancello.
Non ho nessuno con cui stare.
Sono da sola.
Come al solito.
Ma va bene.
Mentre continuo ad ascoltare la mia playlist, sento qualcuno che si mette vicino a me.
«Che fai non saluti?» mi dice il ragazzo.
Tolgo le cuffie e sorrido sottecchi.
«Ciao Jack» gli rispondo girando i verso di lui.
«Ti metti vicino a qualcuno in pullman?».
«Non credo, perché?».
«Posso mettermi io vicino a te?» mi si rivolge nuovamente, cercando di non ridere.
«Se non ti dà fastidio fai pure».
Mi mette una mano in testa e mi spettina capelli, scoppiando a ridere.
Gli prendo il polso e lo sposto dalla mia testa, sorridendo.
Almeno c'è qualcuno che ancora tiene a me. Sono felice di questo.
Dopo qualche minuto ci chiamano per salire sul pullman e ci dirigiamo verso di esso.
Ci dicono di salire, così diamo la valigia all'autista.
Vedo le mie amiche sedersi in fondo, mentre gli altri si siedono nei sedili per due.
Io e Jack ci sediamo nella fila di destra, io al finestrino e lui sul sedile esterno.
Avrei voluto sedermi vicino a loro.
Mi mancano tanto.
«Cominciamo l'appello. Iniziamo con la terza B» dice la nostra prof di matematica.
Mentre fa l'appello vedo Zack sedersi nel sedile accanto a noi e guardare Jack con uno sguardo di fuoco.
«Holdener Eurus?».
Alzo la mano distraendomi dai miei pensieri.
Finiscono l'appello e cominciano a fare quello della classe di Jack, la terza I.
«Jacopo Evan».
Jack alza la mano.
«Perché hai alzato la mano?» gli chiedo mentre sistemo la zaino sotto i piedi.
È visibilmente confuso e per qualche secondo penso che mi stia prendendo in giro.
«Jacopo è il mio secondo nome. Mia madre me lo ha fatto cambiare dopo l'incidente. Scusa, te lo dovevo dire» mi risponde imbarazzato.
Non posso fidarmi neanche di lui.
Lo sapevo. Mi ha mentito anche lui. Ma perché?
«Non fa niente» gli rispondo sorridendo.
Mi abbraccia e sento i suoi compagni di classe fischiare, così mi giro verso di loro guardandoli male.
«Scusali. Sono fatti così» mi dice lui e con la coda dell'occhio vedo Rachel guardarmi.
Il suo sguardo mi fa sentire in colpa.
Vorrei parlare con loro, ma non so se mi vogliono ancora nella loro camera.
Distoglie lo sguardo e si mette a guardare fuori dal finestrino.
«Prima di partire ci sono ancora due persone che non hanno una stanza.
Zack Foster e Eurus Holdener» ci dice la professoressa.
«Non posso mettervi nella stessa stanza ma vi posso far mettere con altri compagni. Quello che è successo non si dovrà ripetere. Zack, tu avrai una stanza separata mentre Eurus... hai delle amiche?» mi domanda.
«Beh si ma...».
«Chi sono?».
«Luce Wonder, Rachel Moore e Madison Davis» le dico balbettando.
«Voi tre starete in stanza con lei. E non voglio nessuna lite» ci intima.
Annuisco e l'autista parte.
Cerco di sistemarmi come meglio posso sul sedile, provando a recuperare il sonno dell'altra notte.
«Hai sonno?» mi domanda Jack.
«Si. Ieri non ho dormito».
«Posso darti il bacio della buonanotte?».
Esito un po'. Che gli posso dire?
«Chi tace acconsente» sussurra sorridendo.
Si avvicina e mi bacia sulla guancia.
Sento il viso andare a fuoco ma non capisco perché.
Perché mi crea imbarazzo stare insieme ad altre persone?
«Dormi bene».
Faccio un mezzo sorriso e mi giro verso il finestrino.Sento qualcuno che mi tocca la mano.
Apro lentamente gli occhi e sento due dita che mi spostano il mento verso sinistra.
«Ben svegliata» mi dice Jack sorridendo «Siamo arrivati».
«Dove?».
«All'hotel! Dove pensavi che fossimo diretti?» risponde ridacchiando.
«Ma che ore sono? Non dovevamo fare un giro turistico?».
Mi stropiccio gli occhi non sapendo ancora dove mi trovo.
«Hai dormito per tutto il tempo. Non riuscivamo a svegliarti e hanno lasciato Zack a farti compagnia, mentre noi uscivamo dal pullman. Hai il sonno pensante».
Ridacchia ancora.
«Quindi che ore sono?» gli domando con la voce ancora impastata dal sonno.
«Sono le sei e si cena alle otto e mezza».
Dovrei smetterla di dormire il pomeriggio!
Mi alzo dal mio posto e prendo lo zaino che ho sotto i piedi.
«Buongiorno Holdener. Hai dormito abbastanza?» mi dice la mia prof mentre gli altri ragazzi ridono.
Abbasso lo sguardo leggermente imbarazzata.
«Scusi ma ieri notte non ho dormito».
«Non è un buon motivo. Ora uno alla volta scendete dal pullman e prendete le vostre valigie».
Mi incammino sospirando e mi dirigo verso l'uscita.
Scendiamo dal pullman e l'autista prende le valigie, poggiandole a terra.
Prendo la mia e vado a sbattere contro qualcuno.
«Scusa...».
Mi giro verso la persona che ha parlato e vedo Luce, che mi guarda negli occhi.
Abbasso lo sguardo ma la vedo sorridere e si allontana.
Dopo aver preso le valigie, riuniscono tutte le classi all'ingresso e ci assegnano le stanze.
La nostra è la 112.
Danno le chiavi a Madison e ci mandano al secondo piano dove ci sono anche le stanze di Zack, di Jack, del gruppo di Jenna e di quello di Rocco.
Un misto di problemi, insomma.
Le seguo per le scale a testa bassa. Mentre saliamo le sento parlottare tra loro, lanciandomi ogni tanto qualche occhiata.
Arrivate davanti alla stanza, entriamo e poggiamo le valigie a terra.
«Noi tre prendiamo il letto matrimoniale. Tu prendi quello singolo» mi dice Rachel, indicando un letto che si trova in un angolo della stanza.
Metto la valigia sotto il letto e vado in bagno.
I segni che mi ha fatto Mike ci sono ancora e riprovo a coprirli con del correttore.
Ovviamente non funziona!
«Eurus sbrigati!» mi grida Madison dall'altra parte della porta.
Non voglio replicare.
Voglio sono andarmene.
Prendo il correttore e me lo metto in tasca.
Esco dal bagno e faccio preparare le altre per la cena.
Dopo circa due ore sono pronte per andare, così ci dirigiamo nella sala principale per cenare.
Dopo una cena con fettuccine e soufflé di patate, passata da me a guardare silenziosamente il piatto, escono tutti sulla terrazza.
Vorrei uscire fuori a prendere un po' d'aria, ma non voglio stare con gli altri ragazzi.
Chiedo timidamente le chiavi a Madison e lei me le porge senza neanche guardarmi.
Le prendo ed esco dalla sala, dirigendomi verso le scale.
Salgo lentamente ed entro nel corridoio per arrivare in camera.
Voglio stare in silenzio.
Magari sentire un po' di musica ma niente di più.
Arrivo davanti alla porta e mi accingo a mettere le chiavi nella serratura, ma sento dei passi dietro di me.
Mi giro incuriosita e vedo Jack che cammina verso di me, sorridendomi.
«Ciao Jack. Che ci fai qui? Non stai con i tuoi amici?» gli chiedo, rigirandomi verso la porta.
«Fai troppe domande» mi dice e passa il braccio intorno al mio collo, costringendomi a girarmi verso di lui.
Si avvicina sempre di più e non so cosa fare.
Scruta ogni centimetro del mio collo poi sorride e si mette un dito in bocca; dopodiché lo passa sul mio collo, togliendo il correttore che avevo messo poche ore prima.
Lo sento ridere tra sé e sé.
«Aggiungiamo qualche livido alla collezione» mi dice aprendo la porta alle mie spalle.
Avrei dovuto immaginarlo.
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Il Segreto del Vento dell'Est
Mystery / ThrillerEurus significa Vento dell'Est. E così come questo vento, lei porta dentro di sé nuvole e tempesta. Così quando il suo più grande nemico scopre il suo segreto, tutto ciò che ha sempre soffocato dentro di sé comincia ad uscire fuori. E nessuno ne esc...