CAPITOLO 12

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Mi sistemo meglio sulla poltrona e comincio a parlare.
«Mike mi ha baciata perché è stato Rocco che gli ha detto di farlo».
«E perché avrebbe dovuto farlo?» mi domanda Rachel.
«Perché avremmo litigato e lui avrebbe raggiunto il suo scopo».
«E sarebbe ?» chiede Madison.
«Dividerci. Vuole rovinarmi la vita ma non so ancora perché».
Sembra una storia completamente inventata.
Magari fosse così.
«Poteva scegliere un'altra persona. Che hai di speciale?» dice Rachel.
«Beh ecco io... sono stata adottata. Lui sa cosa ho fatto e cosa è successo alla mia famiglia. Sa anche che io sono stata in orfanotrofio. Ma non so come abbia fatto a saperlo e cosa gli ho fatto» dico tutto d'un fiato.
Si guardano tra di loro sorprese e incredule.
Madison invece si alza dal divano di scatto e si dirige verso di me.
«Ti sei inventata tutto! Non è vero che tu sei stata adottata! Non è vero che sei stata in orfanotrofio! Sei una bugiarda!» mi grida contro, mentre delle lacrime le cominciano a rigare il volto.
Vorrei abbracciarla e dirle che va tutto bene, ma non posso.
Io non sono così.
Mi alzo dalla poltrona e indico la porta.
«Se non mi credete, non mi conoscete.
Forse non saprete mai chi sono veramente se non mi credete. Sarà meglio che andiate a casa, prima che i vostri genitori si preoccupino per la vostra incolumità» dico con sarcasmo, incrociando le braccia.
Si dirigono verso la porta di casa ed escono, mentre sento i singhiozzi di Madison e le rassicurazioni di Rachel rivolte a lei.
Luce si gira verso di me e mi guarda scuotendo la testa.
«Non me lo aspettavo da te Eurus» mi dice poi si gira e se ne va, chiudendo violentemente la porta.
Mi risiedo sul divano, continuando a leggere il libro.
Non avrei dovuto dirgli la verità, sapendo che non mi avrebbero creduto. È stato stupido.
E faccio sempre questo errore.
Dico sempre la verità qualunque essa sia. E quando ero piccola questo mi ha rovinata e macchiato la reputazione.
Mi ha lasciato un marchio che non se ne andrà mai.
Sento nuovamente suonare alla porta.
Mi alzo spazientita e guardo chi è.
Devono proprio venire tutti oggi?
«Eurus apri la porta» sento dire a Zack da dietro di essa.
«Lasciami in pace!».
«C'è una persona che ti vuole salutare» mi risponde.
«Non mi interessa».
Esco dal corridoio e vado in cucina per prendere un bicchiere d'acqua.
Sento suonare di nuovo, così vado all'ingresso e la apro.
«Che vuoi?» chiedo di nuovo a Zack.
«C'è una persona che vuole parlarti» mi risponde, indicando le scale.
Mi affaccio spazientita e vedo un ragazzo con una chioma bionda e riccioluta salire le scale a testa bassa.
Si ferma davanti a me e alza il viso, mostrandomi gli occhi pieni di lacrime e mi abbraccia.
«Mi sei mancata» mi sussurra nell'orecchio.
«Jack?!».
Non so cosa dire.
Che ci fa qui?
«Si sono io. Sono tornato. Sono tornato per te».
Stringo le braccia intorno al ragazzo che ho davanti mentre appoggio la testa sul suo petto.
«Mi sei mancato anche tu».
Ci stacchiamo dall'abbraccio e ci sorridiamo, mentre Zack mi fulmina con lo sguardo per poi passare a osservare Jack con disappunto.
«E Malia come sta? Posso andarla a salutare?» mi chiede lui sorridendo.
Il mio sorriso si trasforma in un'espressione che Jack comprende subito.
«Che cosa le è successo?» mi chiede, abbassandosi fino ad arrivare davanti alla mia faccia.
«Sta bene?» domanda nuovamente.
«È morta» dice Zack con tono freddo e distaccato.
Lo vedo spalancare gli occhi per lo stupore.
Si gira verso di lui e vedo il suo labbro inferiore che comincia a tremare.
Cerco di farlo calmare ma Jack si copre la bocca con la mano e lo sento correre per casa, cercando il bagno.
Sento la porta chiudersi e la tavoletta della tazza alzarsi.
Comincia a vomitare.
Io guardo Zack con rabbia e gli punto il dito contro.
«Perché glielo hai detto in quel modo? È appena tornato e tu lo stravolgi così? Sei proprio un insensibile».
«Lo sei anche tu o mi sbaglio?!» mi dice con sarcasmo.
Sbuffo e incrocio le braccia sul petto.
«Ora che ti osservo bene sei vestita in modo diverso. Da quando ti metti le magliette corte?» chiede Zack osservandomi.
«Ti importa davvero?».
«Per niente. Sei carina vestita così».
Distolgo lo sguardo dal suo e mi appoggio al muro, in attesa che Jack esca dal bagno.
Sento Zack entrare in casa ma non ci bado molto.
Non mi importa ciò che fa.
Mi basta solo che mi lasci in pace.
Alzo lo sguardo da terra e incontro quello di Zack che guarda ogni livido o ferita che ho sul corpo.
Lui mi sorride e mi passa la mano sul viso, dove si trova il taglio che mi ha fatto Rocco, coperto con un grande cerotto.
Riabbasso lo sguardo, evitando di seguire la voce nella mia testa che mi dice di tirargli un calcio.
Mi toglie la mano dal viso e me l'appoggia sulla pancia dove ci sono i lividi che mi ha fatto lui stesso.
Faccio una smorfia per il dolore, ma non voglio dargliela vinta.
Non mi vedrà soffrire.
«Perché non piangi? Perché non gridi per il dolore?» mi domanda, chiudendo la mano a pugno e continuando a spingerla sulla pancia.
«Te lo puoi scordare! So resistere bene al dolore perché dovrei? ».
«Hai davanti a te colui che ti ha baciata e il giorno dopo ti ha picchiata. Ora sto toccando i lividi che io stesso ti ho fatto. Cosa dovresti fare se non piangere o gridare per il dolore che ti sto procurando?!» mi risponde, aumentando la pressione.
In effetti a ragione.
Ma non sono una stupida ragazzina che piange per un ragazzo.
Io non piango mai.
«Ti odio» gli sussurro a denti stretti.
«Vorrei poter dire lo stesso» mi risponde con voce triste.
Si sposta da me e si va a sedere sul divano, aspettando che Jack torni dal bagno.
Dopo qualche minuto lo vedo uscire un po' scosso e con le lacrime agli occhi.
Zack lo guarda con disprezzo ma io lo abbraccio di nuovo, cercando di consolarlo.
Dopo essersi calmato si siede sul divano e io mi metto accanto a lui.
«Ti starai chiedendo perché sono qui e perché non sono morto. Beh, quando tuo padre mi ha investito sono andato in coma e per questo è stato assolto. Mia madre non ha voluto farti sapere nulla e abbiamo cambiato città all'insaputa di tutti.
Mi sono trasferito qui e sono sempre andato a scuola nelle vicinanze. Ora vado alla tua succursale. Per questo non ci siamo mai incontrati».
Non credo a ciò che sento.
È sempre stato qui.
Sapevo che non era morto.
Sto fissando il nulla per l'incredulità.
«Ma andremo insieme al camposcuola. Sei contenta?» continua Jack, passandomi una mano davanti agli occhi.
Annuisco e gli scompiglio i capelli come quando eravamo piccoli.
Ridiamo entrambi mentre vedo Zack irrigidirsi ancora di più.
«E tu? Perché ti sei trasferita qui?» mi domanda a sua volta.
«I miei genitori sono morti e mi ha adottato una famiglia che abitava di fronte a Malia. Ora sono la loro figlia».
«Ti dispiace per la morte dei tuoi genitori?» mi domanda Jack.
«Neanche un po'».
Ci mettiamo a ridere.
«Ora dobbiamo andare. Ci vediamo domani va bene?» dice Jack.
«Va bene. A domani» gli dico dandogli un bacio sulla guancia.
Mentre Jack esce dalla porta di casa, Zack si gira verso di me.
«Non sapevo che fossi stata adottata».
«Ci sono tante cose che non sai di me» gli dico passandomi una mano tra i capelli.
«Su questo non ci conterei. A domani» mi dice baciandomi la testa e se ne va.
Dopo aver chiuso la porta, migliaia di pensieri mi si affollano in testa e cerco di zittirli guardando un po' di TV.
Sento che c'è qualcosa che non quadra in tutto ciò, ma non riesco a capire cosa.
Perché è tornato dopo così tanto tempo?
E come fa Zack a conoscerlo?
Dopo un po' guardo l'orologio sul mio polso sinistro e mi prende un colpo.
Le due di notte?!
Come ho fatto a non accorgermi dell'orario?!
E come mai i miei genitori non sono ancora tornati?
Spengo la TV e corro in camera per mettermi il pigiama.
Dopo averlo indossato prendo il telefono e chiamo mia madre.
Mi risponde la segreteria telefonica. Sbuffo e li maledico mentalmente.
Oggi era uno dei pochi giorni in cui lavoravano la mattina fino alle 15.
Avremmo potuto fare quello che facevamo ogni sera: la serata film.
Cibo ordinato da asporto, il dolce della mamma, le patate al forno di papà, il film stupido che ci fa sempre ridere...
Ma a quanto pare preferiscono passare la serata da soli che con me.
Sospirando, poggio il telefono sul comodino per poi stendermi sul letto.
Mi infilo sotto le coperte ma proprio in quel momento, sento le chiavi girare nella toppa di casa.
Non voglio parlarci con loro.
Mi giro verso il muro e provo ad addormentarmi.
Penso che domani dormirò in pullman.

Scusate scusate scusate 🙏🙏🙏🙏.
So che avrei dovuto aggiornare ma ho avuto gli esami di riparazione e altri problemi (tra cui il telefono che mi è caduto in acqua e quindi sto usando l'Ipad e Internet dei miei genitori, non sempre disponibile).
Dopo questo capitolo aggiornerò più spesso. PROMESSO.
(Spero che il blocco dello scrittore non si presenti).
Se vi va andate a leggere la storia della mia amica .
Comunque se il capitolo vi è piaciuto lasciate una stellina ⭐ e un commento 💬.
-Verlu

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