CAPITOLO 4

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Apro e chiudo gli occhi un paio di volte cercando di svegliarmi del tutto.
Appena riesco a vedere meglio mi guardo intorno e noto di essere stata portata nell'infermeria della scuola.
Cosa mi sarà successo?
Che cosa ho fatto stavolta?
Mi alzo a sedere e sento le mani appiccicarsi al lettino, così me le guardo.
Sangue. Tanto sangue.
Spalanco gli occhi e mi alzo velocemente, andando verso lo specchio e quasi sbattendoci contro.
Sulla mia bocca è disegnato un sorriso strano e le mie labbra sono anch'esse sporche di sangue.
Merda non di nuovo.
Non succederà di nuovo!
Non posso permetterlo!
Mi metto ad urlare e tiro un pugno allo specchio, deformando il mio riflesso e facendo cadere dei pezzi di vetro dentro al lavandino sotto di esso.
Le nocche mi si arrossano e del sangue comincia a fuoriuscire dai piccoli taglietti che ci si sono formati.
Mi mordo il labbro tentando di non urlare nuovamente, stavolta per il dolore.
All'improvviso entra l'infermiera insieme ai miei genitori, che mi guardano preoccupati e si dirigono velocemente verso di me.
«Che hai fatto? Perché hai rotto lo specchio?» mi domanda preoccupata l'infermiera, mentre si dirige verso l'armadietto del pronto soccorso per prendere alcune bende.
Si accinge a mettermele intorno alla mano, ma io la scanso dicendole che sto bene.
«Cosa mi è successo?» domando invece ai miei genitori.
«Beh ecco... Appena hai visto il sangue e il cadavere sei impazzita. Hai cominciato a urlare e ti sei sporcata il viso e le mani con il sangue e poi... abbiamo chiamato la polizia con i paramedici, che appena sono arrivati ti hanno dato un tranquillante e portata qui» mi spiega mio padre, visibilmente preoccupato.
«E il cadavere di chi è?» gli richiedo senza scompormi, dirigendomi verso il lettino e risiedendomici sopra.
I miei genitori si avvicinano ancora di più e si scambiano delle occhiate.
«Sei sicuro che possiamo dirglielo?» sussurra mia madre a mio padre.
«Se non glielo diciamo subito potrebbe non fidarsi più di noi. Diciamoglielo. Lo verrebbe comunque a sapere prima o poi» le risponde mio padre e si gira verso di me
«Eurus, non ti ricordi proprio?».
Scuoto la testa in segno di diniego.
«Era di Malia, tesoro» aggiunge mia madre scoppiando a piangere.
La guardo perplessa.
Malia? L'avevo vista il giorno prima, come era possibile che fosse... morta?
Morta?!
Chi? Chi avrebbe potuto fare una cosa del genere?! Chi avrebbe voluto fare una cosa del genere?!
Mentre cerco di digerire la notizia appena ricevuta, sento la porta aprirsi e vedo entrare due poliziotti.
«Se te la senti vorremo farti alcune domande» mi chiede uno dei due,
tenendo un blocchetto e una penna in mano.
«Non credo che sia possibile in questo momento. È ancora un po' sotto shock» interviene l'infermiera mettendosi davanti a me ed indicando lo specchio rotto.
I due poliziotti spostano lo sguardo da a me allo specchio un paio di volte e fanno un cenno di assenso.
Li squadro dall'alto verso il basso con indifferenza mentre accennano ad andarsene.
«Si sbaglia io sto benissimo. Mamma, papà io vado con loro» le rispondo scansandola con un braccio e scendendo dal letto.
Mi dirigo verso i due poliziotti e mi accingo a seguirli.
«Se è quello che vuoi allora va bene. Ma prima pulisciti da quel sangue» interviene mia madre, ancora inorridita e scossa dall'accaduto.
Le rispondo di sì ed esco dall'infermeria, andando verso il bagno.
Vado di corsa nel bagno al piano di sotto e, guardandomi allo specchio, intravedo una scintilla rossa nell'occhio sinistro.
Cerco di non farci caso e comincio a lavarmi le mani.
Poi ripenso al sangue di Rocco finito sulla mio viso e di come Zack lo abbia leccato via. Sembrava gli piacesse.
Provo ad assaggiare il liquido rosso che ho sulle labbra, passandoci la lingua.
Il suo sapore simile al ferro, mi è così familiare.
Era da tanto tempo che non sentivo questo sapore.
Continuo a leccarmi le labbra senza motivo.
Ho come un flash e poi ricordo dove ho già sentito quel sapore.

Era notte e mi trovavo in vicolo.
Avevo un coltello in mano, sporco di sangue.
Non sapevo per quale motivo ce lo avessi in mano, né di chi fosse il sangue rosso scuro che colava dalla lama. Sapevo solo che aveva un colore molto bello ed era molto simile al colore dei miei occhi.
Forse per curiosità o per non vedere sprecato quel bel colore, poggiai un dito sul coltello, presi una goccia di sangue e me lo misi in bocca.
Il suo sapore era dolciastro e ferroso. Mi piaceva!

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