𝑪𝒉𝒂𝒑𝒕𝒆𝒓 𝒇𝒐𝒖𝒓

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«I-italia?!» sentii mio padre urlare il mio nome alle mie spalle. Mi voltai e vidi mio padre con le lacrime agli occhi.
«PAPÀ!» urlai correndogli incontro. Lo abbracciai e lo sentii allontanarsi da me. Alzai il capo confuso e lo guardai. Mi guardava con... delusione? Perché? Perché è deluso? Perché?
«Papà...» sussurrai incerto. Lui mi guardò e mi tirò uno schiaffo.
«TU NON SEI COME ME! TU SEI MEGLIO! NON PUOI MORIRE! SVEGLIATI, ORA! RITORNA DI LÀ! NON PUOI ESSERE QUI! VATTENE!» urlò incazzato. Lo guardai e abbassai il capo.
«Non mi vuoi...» sussurrai cercando di trattenere le lacrime.
«Non sto dicendo questo. Non voglio che mio figlio muoia.» disse abbracciandomi.
«Devi vivere e dimostrare a tutti chi sei realmente.» disse accarezzandomi la testa.
«Ma io voglio rimanere con te...» mi lamentai stringendolo a me.
«Lo so, lo vorrei anch'io, ma devi vivere. Devi dimostrare agli altri che non sei come me, che sei meglio.» disse dandomi un bacio sulla fronte.
«Tu n-non sei u-un t-traditoresinghiozzai.
«Lo sono, ma tu non lo sei. Non hai mai fatto del male a nessuno.» disse asciugandomi alcune lacrime.
«Ma-» cercai di protestare, venendo interrotto da mio padre.
«Niente ma.» disse semplicemente.
«Ora vai. Stai facendo preoccupare tutti.» disse e lo guardai poco convinto. Voglio rimanere qui, con lui.
«Alla prossima.» disse senza lasciarmi il tempo di rendermi conto di stare scomparendo.

«ITALIA!» urlò Spagna quando vide che suo fratello si stava risvegliando dopo qualche ora dall'operazione. Spagna si chiedeva cosa fosse saltato in testa a suo fratello. "È impossibile che abbia tentato di suicidarsi solo per la nostra litigata. Non farebbe mai una cosa così solo per un motivo così futile."
«D-dove sono? E p-papà dov'è?» chiese Italia cercando di alzare il busto, ma appena lo fece sentì una specie di peso enorme sull'addome che lo schiacciava e iniziò a respirare con affanno.
«Sta giù!» lo sgridò Spagna.
Italia obbedì e si guardò intorno disorientato.
«Perchè s-sono qui?» chiese e notò Portogallo fissarlo con gli occhi sul punto di piangere.
«PERCHÈ L'HAI FATTO?!» urlò Portogallo alzandosi bruscamente in piedi e dirigersi verso il letto d'Italia. Italia lo guardò confuso. "Che cos'ho fatto? Perché sono qui? Non sto capendo un cazzo..." pensò Italia.
«Secondo te perché sei in ospedale? Per un controllo medico?» disse sprezzante Romania, seduto in un angolo della stanza. Lo guardò e capì.
Aveva provato a suicidarsi e i suoi fratelli lo avevano trovato in fin di vita. Perché? Perché ha voluto farli soffrire così tanto? Cosa gli era saltato in mente quando aveva deciso di suicidarsi? Si sentiva uno schifo. Aveva fatto del male ai suoi fratelli. Come ha potuto? Come?
«Perchè l'hai fatto?» chiese Portogallo stringendo i pugni e con lo sguardo basso, fisso a terra.
Italia li fissò uno ad uno e chiuse gli occhi.
«Scusate.» disse semplicemente. La porta si aprì e rivelò un Germania fra lo shock e la felicità.
«TI SEI RISVEGLIATO!» urlò contento. Italia lo guardò a lungo. "Perché sembra felice? Non è arrabbiato? E perché lui è qui? Come ha fatto a sapere che stavo morendo? Perché i miei fratelli lo avrebbero chiamato? Perché... ha una reazione diversa dai miei fratelli? Loro sono arrabbiati, mentre lui sembra felice e neanche minimamente arrabbiato per quello che ho fatto... ma perché?"
«Perchè sei qui?» chiesi guardandolo male.
«È grazie a lui se ora sei qui.» disse Spagna, per poi uscire dalla stanza, seguito da Romania e Portogallo. Italia li guardò. "Mi odiano."
Germania prese una sedia e si sedette vicino al letto d'Italia.
«Perchè sei ancora qui?» chiese bruscamente.
«Non voglio lasciarti da solo.» disse Germania sorridente. Italia lo guardò a bocca aperta. "Non vuole lasciarmi da solo? Perché? Cosa gli importa se sono da solo o no?" pensò confuso.
«Perchè?» sussurrò Italia.
«Perchè è brutto stare da soli. Una volta ero finito in ospedale. Mi ero rotto una gamba e tu hai costretto tuo padre a portarti qui per farmi compagnia, ricordi? Avevi detto "Nessuno deve rimanere da solo, che sia una bella o brutta persona. Quindi io, Italia, da oggi fino a quando non ti dimettono, rimarrò qui a farti compagnia!".» disse sorridendo con nostalgia.
«Non ricordo.» disse Italia. In parte era vero, non ricordava, essendo troppo piccolo, ma non gli interessava ricordare. "Tanto, non mi interessa ricordarmi di lui." pensò Italia.
«Peccato. Sai, da piccolo eri molto più allegro e pieno di energie, ora sembri un morto.» disse Germania ridacchiando. Italia lo fissò con indifferenza. "Perché è qui? Cosa gli importa di me?" pensò Italia.
Calò il silenzio. Nessuno dei due parlava. Italia guardava con indifferenza Germania, mentre, lui, lo guardava con disagio. Si sentiva come non desiderato e questa cosa, oltre a ferirlo, lo metteva in agitazione. Non sapeva se avrebbe dovuto andarsene, ma se se ne andasse via lo lascerebbe da solo, e non gli va.
«Puoi anche andartene. Sto bene anche da solo.» disse all'improvviso Italia. "Non è vero..." pensò Italia.
«Nessuno sta bene da solo.» rispose semplicemente Germania. Italia lo guardò sotto shock. Come aveva potuto capire i suoi veri pensieri come se niente fosse?
«Beh io sì.» insistette Italia.
«Beh io non ci credo.» rispose Germania, concludendo la discussione.
«Ora riposati. Sarai stanco.» disse Germania e Italia obbedì senza fare problemi, per una volta.

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