𝑪𝒉𝒂𝒑𝒕𝒆𝒓 𝒆𝒍𝒆𝒗𝒆𝒏

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Ucraina e Canada andarono a dormire quando Giappone si calmò e andò a dormire, mentre America e Russia si rinchiusero in cucina a farneticare qualcosa fra loro. Germania, invece, tentò più volte di entrare in camera sua e di Italia, ma la porta era chiusa a chiave e Italia non rispondeva ai suoi richiami e singhiozzi. Germania, quindi, pensò che stesse dormendo, anche se la verità era un'altra.
Germania si avvicinò alla porta e bussò delicatamente.
«Italia? Ci sei?» domandò, aspettando una risposta nel silenzio più assoluto, accompagnato da una sensazione di amarezza nell'aria.
«Se mi stai ascoltando, voglio solo che tu sappia una cosa..» disse Germania, accasciandosi vicino alla porta.
«Ti amo..» sussurrò, per poi ritornare a piangere e singhiozzare come non faceva da tempo, da anni. Lo ama con tutto se stesso, vorrebbe entrare e abbracciarlo, consolarlo, fargli sentire la sua presenza, il suo amore. Vorrebbe far stare meglio Italia, ma non sa come fare, ha paura che nel farlo lo possa ferire.

«Italia?! Cosa ci fai tu qui?» esclamò sorpreso Portogallo, quando aprì la porta di casa, ritrovandosi a faccia a faccia con Portogallo. Italia si asciugò alcune lacrime che gli uscirono appena vide Portogallo e lo abbracciò, anche con la paura di un rifiuto. Rifiuto che non venne mai. Portogallo lo abbracciò stretto a sé.
«Mi sei mancato!» disse Portogallo, cominciando a piangere sulla spalla di suo fratello. Italia si fece trasportare dal momento e cominciò a piangere anche lui, dalla gioia.
«Come stai?» chiese Italia a Portogallo. Portogallo si asciugò il naso e scosse la testa.
«Romania si è trasferito qui e.. ed è un inferno vivere qui! Non ce la faccio più. Non fa altro che ordinarci cosa fare e non fa altro che parlare male di te.» raccontò in fretta Portogallo.
«Lo so. Spagna mi ha inviato una lettera.» disse Italia e Portogallo cominciò a piangere ancora più forte. Italia lo guardò preoccupato.
«Cos'è successo?» chiese agitato Italia. Portogallo singhiozzò, cercando di mettere su una frase di senso compiuto ma non ci riuscì.
«Portogallo, calmo. Dimmi con calma cos'è successo.» disse Italia e Portogallo prese dei lunghi respiri, cercando di calmarsi il più possibile.
«S-spagna.. non l-lo vedo praticamente m-mai..» disse Portogallo, balbettando. Italia lo guardò confuso.
«Si è segregato in camera sua come facevo io?» chiese Italia e Portogallo scosse la testa.
«No, Spagna è stato rinchiuso in camera sua. Non posso neanche portargli del cibo. E tutto ciò dura da tre giorni..» disse Portogallo, per poi scoppiare nuovamente a piangere. Italia spalancò gli occhi e corse su per le scale, diretto nella stanza di Spagna. Portogallo lo seguì, cercando di dirgli qualcosa.
«Oh ciao, da quanto tempo?» disse Romania, bloccandogli la strada. Italia lo fulminò con lo sguardo, mentre Portogallo cominciò a tremare.
«Vedo che Portogallo ha la lingua lunga, anche se con me a malapena riesce ad annuire.» disse Romania, ridendo.
«Beh, ha ragione.» disse Italia, guardando torvo Romania, sguardo che venne immediatamente ricambiato.
«Perché hai rinchiuso Spagna?» chiese Italia.
«Perché? Beh come punizione. Ha fatto il bambino cattivo ultimamente.» disse Romania, con un ghigno funesto.
«Punizione? Rinchiudere una persona dentro una stanza per tre giorni, secondo te potrebbe servire a qualcosa?» chiese Italia, sentendo la rabbia ribollirgli in testa. Come poteva pensare di punire Spagna? E poi per cosa? Cosa avrebbe fatto di così sbagliato da meritare tale punizione?
«Beh mi sembra una punizione adeguata. Se una persona si mettesse a guardare nelle tue cose, cosa faresti?» chiese Romania, cercando qualcosa in tasca. Italia lo guardò molto male.
«Gli direi di non farlo mai più, ma di certo non lo metterei in punizione!» esclamò Italia, facendo un passo avanti, verso Romania.
«Io non farei tanto il gradasso se fossi in te. E lo sai perché?» chiese Romania. Italia lo guardò confuso.
«Cosa intendi?» chiese Italia. Romania sorrise alla sua domanda e tirò fuori, dalla tasca, un pezzo di carta stropicciato. Lo lanciò ad Italia e lui lo prese al volo. Lo aprì e appena vide che era una foto cominciò a tremare come una foglia. Portogallo, quando vide la reazione si avvicinò a lui e lo abbracciò da dietro. Italia si mise la mano davanti la bocca e cominciò a piangere. Il sorriso di Romania si ampliò a dismisura non appena vide le lacrime bagnare le guance d'Italia.
«Lo vedi?» disse Romania, facendolo specchiare con la telecamera del telefono.
«Non sai fare altro che piangerti addosso, è per questo che tuo padre è morto. Potevi fare qualcosa, ma hai preferito piangere. Come sempre.» disse Romania, ghignando divertito dalla situazione. Italia, a quelle parole, smise di piangere. Alzò lo sguardo su Romania e digrignò i denti per la rabbia, si mise in tasca la foto di lui e suo padre. Portogallo lasciò la presa sul corpo d'Italia e Italia gli sussurrò qualcosa all'orecchio. Portogallo annuì, mentre Romania li guardò confuso. Un attimo prima Italia sembrava a pezzi, un attimo dopo sembrava rinato.
«Romania, mi sono stancato di te.» disse Italia. Romania lo guardò confuso.
«Cosa vuoi dire?» chiese Romania, con un sopracciglio innalzato.
«Sono sempre stato stanco dei continui insulti, ma un insulto che nessuno si era mai sognato di farmi è proprio quello, dirmi che potevo salvare mio padre. Come minchia ti permetti di dire una cosa del genere? Non sai minimamente com'è andata quando erano venuti a prendere mio padre. Nessuno lo sa e non lo dirò mai a nessuno. Perché non mi fido di nessuno così tanto. Prova solamente a ridirlo e sei morto. E non sto scherzando. La tua ripugnante bocca non deve azzardarsi a nominare mio padre o dire cose su di lui. Sono stato abbastanza chiaro?» spiegò Italia con una tale freddezza da far tremare anche Portogallo, a cui Italia stava tenendo la mano.
«S-s-sì..» balbettò Romania.
«Ora facci passare. Spagna ha bisogno di noi.» disse passando accanto a Romania, trascinando Portogallo impaurito da Romania. Si diressero alla porta di Spagna e Italia cominciò a dargli spallate. Sì, era esile di corpo, ma il suo amore verso i fratelli era più forte. Lui era il maggiore e aveva fatto un giuramento a sé stesso: di proteggerli sempre e comunque.
«Italia guarda che basta prendere la chiave da Romania..» disse Portogallo. Italia lo guardò e sospirò.
«Sono riuscito a farci passare ma dubito che ci dia la chiave.» disse Italia, tirando un calcio alla porta.
«Proviamo con un martello?» chiese Portogallo e Italia annuì.
Italia prese un martello e e cominciò a martellare la serratura della porta, sempre più forte. Dopo svariati minuti la serratura si ruppe e la porta si aprì. Una testa si sollevò dal cuscino e due occhi iniettati di sangue guardarono Italia e Portogallo. Senza alcuna esitazione Italia corse nel letto di Spagna per abbracciarlo.
«Mi dispiace di non essere venuto il più presto possibile. Mi dispiace veramente tanto!» disse stringendo a sé Spagna e Portogallo, che nel frattempo si misero a piangere.
«Mi sei mancato tanto fratellone!» esclamò Spagna, bagnandogli la spalla destra.
«Anche a me siete mancati tanto..» disse Portogallo, bagnando la spalla sinistra d'Italia.
«Dai, andiamocene da qui.» disse Italia e uscirono dalla stanza di Spagna. Passarono il corridoio, e il salotto, dove c'era Romania. Italia lo guardò e Romani abbassò lo sguardo.
«Io ti ritenevo mio fratello.» disse Italia e Romania lo guardò uscire e allontanarsi da casa. Ormai, non più sua.

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