𝑪𝒉𝒂𝒑𝒕𝒆𝒓 𝒕𝒘𝒆𝒏𝒕𝒚-𝒇𝒊𝒗𝒆

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Giappone prese il telefono e cominciò a sfogliare la galleria, in cerca di alcune bozze di alcuni lavori che aveva trasferito dall'iPad - su cui crea, prima le bozze e poi, le tavole complete di alcuni volumi unici di genere yaoi -.
Ne trovò alcune e passò il telefono a Nord Corea, così che potesse guardare meglio il lavoro. Giappone va molto fiero di quello che disegna, forse anche di più dei suoi libri horror. (Ultimamente gli stava passando per la mente la bizzarra idea di finirla di scrivere libri horror e di iniziare a pubblicare manga yaoi, quindi trasformando il suo hobby nel suo lavoro a tutti gli effetti; ma ha sempre evitato di rifletterci attentamente o di prenderla in considerazione in modo serio. Anche perché, mettendo caso decidesse di iniziare a pubblicare manga yaoi, non era sicuro che alle persone poi sarebbero piaciuti, e visto che ci deve guadagnare qualcosa per vivere, non ci ha mai pensato in modo molto serio.)
«Giappone, ma sono bellissimi!» esclamò Nord Corea guardando i disegni dal telefono. Passò alla foto successiva e a bocca aperta.
«Se li pubblicassi faresti un successone assoluto.»
«Te lo garantisco. Non mi intendo di arte, certo, ma sono bellissimi. Sono fatti benissimo e si vede che ci hai speso molto tempo. Per non parlare di come hai fatto i dettagli del corpo, dello sfondo!» esclamò estasiato, per poi guardare Giappone che stava arrossendo per i troppi complimenti.
Giappone non era solito far vedere le cose che disegnava, le poche persone a cui aveva fatto vedere qualcosa erano i suoi due migliori amici, ovvero Cina e Sud Corea, e qualche disegno a Italia, quando era giù di morale e voleva distrarlo un po'.
Nord Corea si alzò e si diresse verso la teiera, ormai con l'acqua che stava bollendo da qualche minuto. Spense il fuoco e versò l'acqua calda nelle due tazze. L'acqua iniziò a prendere un colore verdognolo e iniziò a girare due cucchiaini all'interno delle due tazze, per far sciogliore di più lo zucchero. Prese le due tazze, ne passò una a Giappone e si sedette, provando a bere un po' di thè, rischiando di ustionarsi la bocca con la elevata temperatura della bevanda.
«Forse è meglio se aspetti qualche minuto prima di berla.» disse e Nord Corea annuì, cosciente che se avesse bevuto anche solo un altro sorso di thè, la sua lingua lo avrebbe abbandonato per andare nel mondo dei morti.
«Tu, invece, che lavoro fai?» chiese Giappone a Nord Corea.
«L'impiegato. Fa schifo.» disse e Giappone rimase in silenzio, non sapendo cosa dire al riguardo o se cambiare di scorso - o di cos'altro parlare -.
Calò un silenzio imbarazzante.

[•••]

Franci uscì dalla porta, lasciando Italia al suo libro.
Pochi minuti dopo l'infermiera entrò e disse ad Italia che il dottore lo stava aspettando.
"Di cosa dovrà parlarmi?" pensò leggermente agitato Italia.
Arrivò e Svizzera lo fece accomodare, per poi sedersi davanti a lui.
«Come stai?» chiese Svizzera, cominciando a prendere appunti su un taccuino.
«Discretamente.» rispose Italia, cominciando a grattarsi il dorso della mano per l'ansia.
«Ho saputo che oggi uno dei tuoi fratelli è venuto a trovarti.» disse e Italia annuì.
«Hai contatti con gli altri tuoi fratelli?»
«Solo con Portogallo e Spagna.»
«E tuo fratello Romania?» chiese Svizzera incuriosito.
«Mi odia, presumo.» rispose Italia, cominciando ad essere ancora più nervoso.
«Lo sai che è stato lui a chiedere che tu venissi ricoverato a tempo indeterminato?» chiese e Italia sentì come un blocco alla gola. Suo fratello aveva fatto questo? Perché? Perché lo aveva fatto? Sapeva che odiava stare chiuso in una stanza forzatamente. Sapeva che odiava essere sotto il controllo delle persone, essere osservato, esaminato. Perché gli aveva fatto una cosa tanto cattiva? Perché lo odiava? Perché gli aveva rivolto quelle parole crudeli? Perché non poteva essere una persona senza questo tipo di problemi? Tutte queste domande stavano affollando la testa di Italia, come mille uccelli che stavano volando sulla stessa area di cielo, planando su e giù, cambiando direzione ogni minima volta, senza mai scontrarsi tra loro.
«Italia, posso vedere le tue braccia?» chiese Svizzera e Italia, senza proferire parola, alzò le maniche della sua maglietta e gli fece vedere le braccia, piene di cicatrici ma nessuna nuova ferita.
«Italia, per oggi va bene così. Sono contento che non ti sia fatto altri tagli, spero tu riesca a continuare su questa strada.» disse per poi congedare Italia, che uscì dalla stanza molto rapidamente. Gli sembrava che avesse il cervello come in time out, le domande smisero di fluttuare e rimasero fisse sullo stesso punto per una decina di minuti, il suo corpo funzionava bene, non aveva nessun problema, nessun attacco di panico imminente, sembrava come vuoto.
Finché non iniziò a salire l'adrenalina. I ricordi che aveva di Romania - belli e brutti - cominciarono ad riaffiorare e passargli davanti agli occhi velocemente. Tutte quelle volte che gli aveva detto 'ti voglio bene', quella sera dove litigarono e provó a fare del male a Spagna e Portogallo. La rabbia cominciò ad insinuarsi prima nella sua mente, poi nel resto del corpo, causandogli un respiro innaturale, irregolare. Strinse i pugni per la rabbia. Li strinse talmente tanto che affondò le unghie nel palmo della mano, riuscendo quasi a tagliare la pelle.
All'improvviso iniziò a urlare come un matto, lanciando le cose che gli capitavano sotto tiro, rompendo le cose che trovava, urlando insulti, bestemmie, frasi disconesse ma che nella sua testa erano collegate e con un senso logico. Arrivò subito l'infermiera, accompagnata da Australia, ed entrambi rimasero scioccati dalla scena: Italia stava rompendo e lanciando tutto ciò che trovava, tirava pugni al muro, al tavolo, urlava, imprecava e poi cadde in ginocchio. Tiró un ultimo urlo pieno di sofferenza, per poi cominciare a singhiozzare e piangere come un bambino. Si sentiva tradito. Odiava questa sensazione. Odiava questa vita.

#spazioautrice
Scusate la lunga attesa ma tra la scuola e il lutto non ho trovato molto tempo. Cercherò di aggiornare nuovamente entro fine mese <3

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