25 anni dopo PT.1

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Kira, New York City

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Kira, New York City.

Il rumore della macchinetta mi avvisò che il Mio caffè era pronto.
Ne bevevo a quantità industriali da quando avevo comprato quella fantastica macchina supermoderna.
Ero in ritardo per la conferenza, ma volevo bere il mio caffè in santa pace.
Camminai verso la grande vetrata affacciata a Central Park. La neve della notte aveva coperto interamente le strade affollate di New York. Mi piaceva guardare la gente al mattino, il modo in cui correvano per i marciapiedi perché in ritardo per il lavoro . Amavo tutta quella libertà e anche quel monolocale che avevo affittato.
Era più grande di tutti gli altri e molto più moderno. Affittavo monolocali in giro per il mondo solo per pochi mesi, perché non restavo mai nello stesso posto per lunghi periodi.
Posai la tazza nel lavabo e finii di cambiarmi.
Il tailleur che avevo scelto per l'incontro era molto semplice ma di classe, grigio ma con le cuciture rosa. Sotto indossavo una semplice camicia bianca. Infilai i miei stivali neri col tacco e presi la mia Louis Vuitton. Prima di uscire, mi diedi una veloce occhiata allo specchio vicino all'uscita. Non mi ero truccata molto, ma andava bene. Mi passai una mano fra i capelli, ricordandomi mentalmente di passare dalla mia parrucchiera quel pomeriggio.
Il mio Uber mi aspettava a pochi metri dall'appartamento. Nonostante potessi permettermi un'autista privato, preferivo risparmiare e usare i mezzi, anche se era più rischioso.
Appena salì sull'auto, l'uomo alla guida trasalì. Indossava un capello degli yankee che coprivano i lunghi capelli neri.
-Buongiorno.-
-Signora Maxwell? Buongiorno...lei è davvero K-Kira Maxwell?-
Annuii solamente, abituata a tutto quello.
Lo vidi mentre afferrava il cellulare e scriveva qualcosa velocemente, forse un messaggio ai suoi amici. "Oggi sono l'autista di Kira Maxwell! L'assassina seriale!"
L'uomo non disse più nulla e partì per raggiungere la mia direzione.
Ero uscita dalla prigione da cinque mesi e la mia vita aveva preso una piega totalmente diversa da ciò che mi aspettavo.
Il mio avvocato mi aveva consigliato di cambiare identità e citta per vivere al meglio la mia libertà, ma io avevo preferito pubblicare la mia biografia che avevo scritto durante la mia prigionia, un mattone di seicento pagine, e vivere come Kira Maxwell.
La mia storia era diventata virale. Avevo venduto centinaia di copie in tutto il mondo, andando spesso in TV nazionali e internazionali. Potevo permettermi una guardia del corpo (ero sempre un ex carcerata) e monolocali sparsi per le città.
Non capivo cosa era successo. Il mio libro era diventato il più letto dell'anno. La gente sembrava adorarmi. Camminavo per strada firmando autografi ai miei fan. Ma ero una serial killer, e non tutti mi amavano. Avevo sempre una scorta. Tranne quando andavo alle conferenze con Uber.
L'autista mi lasciò vicino al palazzo con gli uffici.
-Possiamo fare un foto, signora Maxwell?-
Gli sorrisi dolcemente e annuii. Scattammo un selfie velocemente, e dopo averlo salutato gentilmente scesi dall'auto.
La conferenza era all'ultimo piano.
Ero fondatrice della mia organizzazione che aiutava i giovani bambini vittime di abusi familiari. Io, serial killer, avevo una organizzazione con il mio nome. Una percentuale del ricavato dei libri andava proprio a questa fondazione.
Nella sala riunioni c'erano già diversi giornalisti.
Il mio manager mi raggiunge, il viso teso per via del mio ritardo.
-Kira, sei in ritardo di quaranta minuti! Ti rendi conto!?-
Lo zittí con la mano e andai a sedermi nella mia postazione, vicino ai soci della mia fondazione.
Rispondevo alle solite domande dei giornalisti come un robot. Avevo una vita molto impegnata e l'unica cosa che mi importava in quel momento era aiutare gli altri bambini.
Il Giorno seguente a quell'ora mi sarei trovata all'interno di un jet privato in direzione Québec, per aprire la prima sede e casa famiglia per bambini in difficoltà K.M fuori dagli Stati uniti e per promuovere il mio libro.
Era un grande traguardo ed ero molto fiera di me stessa.
-Kira Maxwell, il suo libro "Dollhouse - storia di un'assassina" sta per diventare una serie o sono solo dicerie?-
-Ebbene si, ora posso dirlo. Netflix ha acquistato i diritti della storia e presto troveremo Dollhouse nello schermo. Sono molto fiera di questo traguardo, ci sarà molto lavoro da fare, ma sono molto sicura del talento della regista emergente Kylie Peters.-
Non so cosa pensasse la gente di tutta questa fama. Avevo scontato la mia pena senza sconti di pena, ed ora ero finalmente una donna libera.
Volevo godermi la mia vita.
-Ha ancora contatti con suo fratello Austin?-
-Ma certo, ci vediamo sempre quando sono a New York. Passo molto tempo con lui, sua moglie Violet e i miei due nipotini. Non mi ha mai abbandonata durante questi anni.-
-E suo fratello più piccolo?-
-Certo, ci siamo ricongiunti quando è uscito dalla casa famiglia. È un'assistente sociale ed è un volontario in una delle case famiglia di Los Angeles. Quando ne abbiamo la possibilità ci incontriamo spesso. E poi, sto per diventare nuovamente zia! Dovrei fermarmi in America un po' di più.-
-È una donna molto impegnata...Ha mai visto sua madre?-
Sussultai, non mi piaceva parlare di quella donna, tanto meno come "madre".
-No. Non vive più in America. Altre domande?-
Si era trasferita vent'anni prima in un paese europeo, aveva cambiato nome e nessuno sapesse cosa facesse precisamente. Non esisteva nemmeno più, per me.
-Un ultima domanda...Jesse Houseman? Ha più visto Jesse Houseman?-
Deglutii. I giornalisti sapevano che non parlavo di Jesse. Nell'ultima intervista avevo detto espressamente di non volerne parlare, ma evidentemente non mi avevano ascoltato.
Non sapevo nulla di Jesse. Avevamo smesso di scambiarci lettere e telefonate dopo i primi tre anni di prigionia. Ci avevano permesso i premi, ma non ci avevano mai fatto incontrare, e giorno dopo giorno le lettere erano sempre meno, come lo erano le chiamate e le videochiamate su Skype del giovedì. Non sapevo nulla di Jesse Houseman e mi dispiaceva, perché avevo dimenticato il suo volto, i suoi occhi e i suoi lineamenti. Avevo dimenticato il suo corpo e la sua voce, e forse anche lui aveva dimenticato me.
Era incredibile come una persona così importante potesse pian piano sfumare dalla mente.
-No. Non l'ho più visto né sentito. -
Finii l'intervista e ringraziai i presenti. Avevo un pranzo di famiglia a casa di Austin, e dovevo ancora comprare un regalo ai miei nipoti. Non andavo mai dai miei nipoti senza un regalo.
Il mio manager chiamò un autista, che mi avrebbe portato prima in un negozio di giocattoli e poi a casa di mio fratello .
Non pensavo spesso a Jesse Houseman. Non volevo ricordare perché faceva troppo male, il mio passato lo faceva, ma Jesse Houseman più di tutto.

Continua...

BEHIND THE HOUSE - "The House Saga " Spin offDove le storie prendono vita. Scoprilo ora