25 anni dopo PT.2

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Jesse, Boston

Parcheggiai l'auto a pochi metri della scuola di Danny

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Parcheggiai l'auto a pochi metri della scuola di Danny. Per la prima volta ero riuscito ad arrivare in tempo. Mi posizionai davanti ai cancelli blu dell’ asilo insieme agli altri genitori nel momento esatto in cui i bambini superavano le porte dell’istituto per la fine delle lezioni.
Vidi Danny in mezzo alla folla di bimbi. Era facilmente riconoscibile grazie al suo asino fluorescente dei Pokémon. Stava parlando con un suo amichetto, ma quando incrociò il mio sguardo lo lasciò perdere e corse da me.
-Papà! Sei venuto a prendermi tu! – lo presi in braccio facendolo poi volteggiare in aria come piace a lui. -Pensavo venisse la mamma.-
-Non sei contento che sia venuto io?-
-Ma si certo!-
Gli arruffai la chioma castana e lo presi per mano, dirigendomi verso la macchina.
Ero uscito prima dal lavoro per poter passare a prendere io Danny. Avremmo passato tutto il fine settimana insieme, come ogni settimana da ormai tre mesi, da quando avevo firmato le pratiche di divorzio.
Per Danny non era stato facile affrontare la separazione, ma nonostante avesse solamente cinque anni, era un bambino forte e sia io che Juno non gli facevamo mancare l'amore. Cercavamo sempre di non litigare e di passare del tempo tutti e tre assieme. Juno stava con Danny dal lunedì al venerdì sera. Io avevo solamente due giorni da passare con mio figlio, ma cercavo di vederlo spesso anche durante la settimana per ricordare quella famiglia che eravamo una volta.
-Come è andata oggi ?-
Danny, che era un chiacchierone come sua madre, mi raccontò nei dettagli la sua giornata divertente all’asilo. Adoravo ascoltarlo. Lui era la cosa migliore che mi era capitata, la parte migliore di me. Da quando era nato, nient’altro aveva più importanza.
-Ehi, campione, Mc'Donald? –
-KFC papà!-
-Va bene, sei tu il capo. Ma non dirlo alla mamma!-
Mi ero trasferito a Boston otto anni prima. Ero uscito due anni prima della mia pena iniziale grazie alla buona condotta. Non era stato per nulla facile abituarmi alla libertà. 18 anni passati in un carcere non i potevano dimenticare. Boston era un buon punto di partenza. Mi piaceva come città e ci giocavano i Red Sox. Jesse Houseman non esisteva più. Ora ero Ryan Ralphen, un normalissimo operaio che viveva in piccolo e modesto appartamento in centro città.l’affitto era altro, ma il lavoro alla fabbrica di hamburgers e l'aiuto degli sponsor mi aiutavano a mantenere me e mio figlio. Quasi nessuno mi rionosceva più per strada. I primi mesi era stato difficile. Vivevo sotto scorta e si era parlato della mia liberazione su tutti i notiziari, ma ora le acque si erano calmate e potevo vivere la mia vita tranquilla e nell’ombra.
Avevo rifiutato le offerte di interviste nei giornali o in televisione. Avevo preferito cambiare la mia identità, i nuovo.
Di certo, non mi sarei aspettato di farmi una famiglia.
Avevo conosciuto Juno pochi mesi dopo essere arrivato a Boston. Lei non conosceva la mia storia, conosceva solo Ryan, e quando le raccontai quello che era successo, a lei non importò.
Ho sempre provato un profondo affetto per Juno, a non era Amore, e lo sapevamo entrambi. La nascita di Danny però ci fece riavvicinare. Eravamo felici, quasi innamorati. O forse eravamo innamorati dell’ idea di una famiglia. Juno aveva delle basse probabilità di avere figli, perciò quando nacque il bambino, tutto cominci a girare intorno a lui. La sposai perché era la cosa giusta da fare. Un matrimonio semplice, in comune, nessuna festa e nessuna luna di miele. Furono quattro mani di menzogne. Non ci parlavamo nemmeno più, ma non potevamo Rovinare la famiglia.
Quando finalmente ci separammo, ero distrutto, perché nonostante tutto le volevo bene e mi mancavano i primi tempi quando tutto andava bene e quando dormivamo con il piccolo di Danny di qualche mese sul lettone e lo guardavano con occhi lucidi, pensando che eravamo stati noi a creare quella meraviglia.
-Papà? Siamo arrivati, perché non scendiamo?-
Mi guardai intorno risvegliandomi. Da quando eravamo parcheggiati al centro commerciale?
Quel giorno non c'era molta gente così trovammo facilmente posto in uno dei tavoli della famosa catena di fast food.
Dopo il mio trasferimento, non vedevo più molto spesso mio zio Mase. Ci incontravamo durante le festività, ed era sempre una grande gioia anche per Danny. Si stava ammalando, e l'idea che Presto non ci sarebbe stato più mi spezzava il cuore.
Quando finimmo di mangiare, Danny mi chiese di entrare in libreria, voleva vedere delle riviste di fumetti che sfogliava sempre.
Sulla vetrina della libreria, c'era un grande poster pubblicitario.
Dollhouse – storia di un’assassina.” Di Kira Maxwell.
Ormai non si parlava d'altro. Il suo libro era dappertutto. Era uscita da pochi mesi dal carcere di New York, ma si era rimessa subito in carreggiata.
Afferrai un dei tanti libri esposti vicino all’entrata. Lo sfogliai velocemente, riposandolo subito vicino agli altri. Non avevo ancora avuto il coraggio di leggerlo. Non ero pronto nemmeno per vedere la sua foto nella biografia del suo libro. Come compertina c'era proprio lei. Era una foto in bianco e nero e aveva diciotto anni. Ricordavo quella foto perché era stata scattata in tribunale nel momento del suo arresto a cui avevo assistito. Al polso aveva un paio di manette.
Smisi di osservare la sua foto quando il cellulare sulla mia tasca iniziò a vibrare. Era un numero sconosciuto, e dopo qualche secondo di esitazione risposi.
-Si?-
-Ryan Ralphen?-
Era una donna, un voce che non avevo mai sentito ma familiare.
-Chi lo vuole sapere?-
-Kira. Kira Maxwell.-

BEHIND THE HOUSE - "The House Saga " Spin offDove le storie prendono vita. Scoprilo ora