Sono il tuo angelo, tu, il mio

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Flashback, Michigan, agosto 2012




Trasalii.

Mi voltai di scatto e sulla soglia vidi nonna Nelly, Simonah, Cristina e alcuni bambini in pigiama, che si erano svegliati. Il viso di Harry, già di per sè pallido, sbiancò ulteriormente.

«Cos'è accaduto, Sarah? Vi abbiamo sentiti gridare... tu... stai piangendo», chiese nonna Nelly, con un'urgente preoccupazione nella voce.

«Nonna Nelly...», corsi verso di lei e la strinsi forte in vita. Non potevo dire la verità. Se lo avessi fatto, avrei rischiato che Harry fosse espulso, definitivamente, dato che già la sicurezza della sua permanenza nella nostra casa famiglia era minacciata.

«Scusami... scusatemi... se vi ho svegliati ma...», il mio cervello cercò velocemente una scusa plausibile, ma non la trovò.

Come avrei potuto giustificare la nostra presenza sul terrazzo, in un orario in cui in genere si andava a dormire?

«Ecco... Harry non si è sentito bene... mi sono spaventata. Ora sta meglio... perdonateci se vi abbiamo svegliati».

«Harry... come ti senti?-

«Un dolore alla pancia, ma ora sto bene», osservai il suo viso pallido piegarsi e fissare il pavimento.

«Torniamo a letto, da oggi chiuderemo a chiave la porta del terrazzo, così nessuno ci verrà più», disse Simonah.

«Ben detto, non sta bene che due bambini stiano qui di sera. Inoltre, Harry ha una brutta influenza», aggiunse Cristina.

«Sei un incosciente, nelle tue condizioni non saresti dovuto uscire fuori, perchè anche se siamo ancora in estate, di notte è umido. Sai che... se le tue condizioni di salute non miglioreranno... dovrai andare in ospedale per ulteriori accertamenti?», sbottò Simonah.

Osservai i muscoli facciali di Harry contrarsi e le sue sopracciglia aggrottarsi.

«Va bene. È tardi. Torniamo in camera ragazzi».

Tornammo dentro a passo veloce.

Harry tornò sul suo materassino e io al mio letto a castello.

Trascorsi quella notte rigirandomi tra le coperte, senza riuscire a prendere sonno. Piangevo, silenziosamente, senza farmi sentire da nessuno e bagnavo il cuscino con le mie lacrime.

Non riuscivo a smettere di pensare a Harry, al suo gesto disperato, al suo dolore, alla malattia di cui mi aveva accennato, al fatto che, se fossi arrivata solo qualche minuto dopo, per lui sarebbe potuta essere la fine.

Mi strinsi forte le tempie tra le mani e sentii un'angoscia devastante stridere nel mio petto. I miei pensieri dolorosi mi colpivano come dei proiettili.

Non riuscii più a stare lì, così in punta di piedi, scesi dal mio letto a castello e mi diressi nel corridoio dove si trovava Harry.

Mi fermai a pochi centimetri da lui e lo osservai tremare al di sotto della sua copertina, tirata fin sopra i capelli e avvertii i miei arti tremare.

«Harry...», sussurrai e vidi la copertina muoversi in movimenti lenti, appena accennati.

«Harry...», ripetei e, all'improvviso, sussultò.

«Sei sveglio?».

Vidi le sue dita scheletriche afferrare i lembi della copertina e tirarli giù: i suoi occhi erano lucidi e leggermente arrossati. Doveva essere ancora molto scosso.

L'amore è come la polvere da sparo (#Wattys2020) COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora