[Sol]

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Più i giorni passavano, più mi piaceva illudermi che le cose tra me e Jungkook stessero tornando come quelle di un tempo.

Insomma, quando eravamo insieme agli altri cinque tendeva a lanciarmi occhiate o a trattarmi con indifferenza - cosa normale - ma era nella sala prove che il suo carattere sembrava di nuovo sincero.

Ogni tanto mi ritrovavo ad osservarlo, mentre suonavamo, cercando di non sbagliare le note per non farmi beccare e lo vedevo sorridere.
Sorrideva in modo spensierato come non accadeva da anni e la cosa mi alleggeriva il cuore.

Non mi ero reso conto di quanto mi fosse mancato averlo vicino come Kookie, dato che si era sempre comportato come uno spocchioso Jungkook.
Aveva anche smesso di urlarmi contro quando sbagliavo qualche battuta ed era un enorme passo avanti per mister perfettino!

La nostra sincronia non era totalmente tornata ma di sicuro le cose stavano migliorando.
Non serviva più che ci scambiassimo le parti da suonare, avendo capito il ritmo dell'altro, eppure... Averlo così vicino su quel dannato sgabello mi metteva sempre una certa ansia e non ne capivo il motivo. Lo avevamo sempre condiviso quindi perché ero così rigido?

Proprio a causa di questa confusione, avevo deciso di rivolgermi al mio migliore amico.

Seduto su una delle sedie sparse per l'aula, lo ascoltavo suonare l'arpa, incantato. Le sue piccole mani erano capaci di creare delle melodie sensazionali.
Ogni volta che mi ritrovavo davanti a quello spettacolo, mi sembrava di essere trasportato in un'altra dimensione, dove tutto appariva tranquillo e limpido.

La sua musica non aveva mai presentato incertezze e questa era probabilmente la caratteristica principale della sua popolarità.
Certo, c'erano quelle malelingue che sostenevano che fosse dovuta a suo padre ma se avessero ascoltato anche solo un quarto di uno dei suoi brani, si sarebbero ricreduti subito.
Era ipnotico.

«Allora? Che te ne pare?»

Gli sorrisi enormemente, battendo le mani come un bambino.

«Sei stato fantastico, Minnie! Non mi sorprenderei se si scoprisse che in un'altra vita eri una musa greca»

Al mio complimento alzò gli occhi al cielo, non riuscendo però a sopprimere una risatina.
"Musa greca" era proprio il nomignolo che gli avevo affibbiato subito dopo averlo sentito suonare la prima volta.
Se avesse indossato una tunica bianca sarebbe stato identico ad una di loro, data anche la sua eterea bellezza.
Ecco, Jimin era etereo. Un angelo bianco.

«Basta con le lusinghe, signorino. So che sei qui per parlarmi di qualcosa... E sono abbastanza sicuro che riguardi un certo Beethoven»

Non feci nemmeno finta di essere preso alla sprovvista; mi conosceva fin troppo bene.

Mi dondolai sulla sedia, mordendomi l'interno della guancia e lasciando vagare lo sguardo sulle pareti giallognole della sala.

«Non lo so. È... Strano» 

Nonostante ci avessi riflettuto a lungo, in quel momento sembrava che qualsiasi parola usassi non fosse mai quella giusta.

«Strano tipo "ha una pistola nascosta nei pantaloni" o tipo "mangia la pizza con l'ananas?"»

«Sappiamo tutti e due che quel coglione la mangia per davvero. Ma non mi riferisco a questo... È più... Strano carino»

Sgranando gli occhi, si avvicinò a me con la sedia, in modo che fossimo a pochi centimetri di distanza, faccia a faccia.
Mi sarei quasi messo a ridere per il suo stupore se non avesse pronunciato le frasi successive.

First Love // Kooktae Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora