La dimora dell'oscuità

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Il giorno in cui Papillon fu sconfitto:

L'agente Roger lasciò Villa Agreste con espressione vacua, passo tra i pochi colleghi rimasti senza destare alcun sospetto e, superando il blocco della polizia, percorse il resto della strada che aveva davanti a sé in silenzio. Procedette a passo di marcia, mettendo meccanicamente un piede dietro l'altro, le braccia immobili contro i fianchi e le dita abbandonate a sfiorare il pantalone della divisa.

Nessuno lo fermò, nessuno gli domandò nulla e nel frenetico vivere tipico della metropoli nessuno fece caso al suo sguardo spento e privo di vita.

«Scusi, mi sa dire in che direzione è Notre Dame?» gli domandò un turista di mezz'età, quella che probabilmente era la moglie stretta a braccetto.

L'agente Roger li superò senza neppure notare le loro espressioni perplesse e contrariate, quel poco di lui che riusciva a rendersi conto di ciò che stava facendo non poté che lasciarseli indietro ricordando solo vagamente le loro sagome ed i loro capelli ingrigiti dal tempo.

Non si fermò ai semafori pedonali, poiché ciò che lo controllava non sapeva cosa fossero, né si preoccupò di evitare di andare addosso ai passanti. La direzione in cui doveva andare gli era tanto chiara che gli pareva essere dipinta nell'aria, ondeggiante e scintillante, prepotente e incantevole.

Quanto fu arrivato, dopo poco più di tre quarti d'ora di cammino, dischiuse la porta dell'edificio senza annunciarsi, quasi sorprendendo il vecchio che stava nel corridoio.

Estrasse la pistola dalla fondina, prese la mira e sparò prima che l'uomo potesse rendersi conto di ciò che stava accadendo.

Maestro Fu crollò a terra con un rantolo, la macchia di sangue iniziò ad allargarsi attorno a lui subito dopo. L'agente Roger, comandato dall'ombra che in quel momento lo possedeva, se ne andò.

***

Ladybug precedette Carapace e Rena Rouge e sorrise all'agente all'interno. Il ragazzo fece loro un cenno dall'altra parte del vetro e premette il pulsante. La porta principale della centrale si aprì con uno scatto e, oltre essa, l'agente Roger pareva aspettarli.

I lo seguirono, Attraversarono la sala d'aspetto passando davanti alle poche persone che sedevano in attesa, e l'uomo li condusse lungo il corridoio che Ladybug aveva già percorso una volta e poi fino alla stanza in cui aveva parlato con Gabriel.

Richiusa la porta dietro di loro osservarono la stanza, attorno al tavolo c'erano solo tre sedie, ma comunque né Ladybug né gli altri avevano intenzione di sedersi. Ladybug incrociò le braccia, l'agente era ancora sulla porta, la mano alla pistola, li osservava con sguardo fisso, senza sbattere le palpebre e senza muovere un solo muscolo.

«Tutto bene?» gli domandò Rena Rouge, ma lui non aveva occhi che per Ladybug.

Non le rispose, non si voltò a guardarla, non diede segno di aver visto né lei né Carapace. Estrasse la pistola e la puntò verso Ladybug, che sgranò gli occhi.

Il colpo partì prima che potesse rendersene conto, tanto veloce che non vide neppure il proiettile. Ma vide la scia verde di Carapace che si parava davanti a lei, sentì le sue mani che la spingevano via, la schiena che urtava contro la parete alle sue spalle.

Gemette, la vista le si offuscò ed il mondo si fece nero per alcuni secondi. La testa pulsò ripetutamente e le gambe le tremarono mentre provava a tirarsi su, quando riuscì a tornare a mettere a fuoco ciò che aveva davanti scoprì Carapace che teneva lo scudo sollevato per difenderla. Rena Rouge suonò il suo flauto, così che un'altra versione di Ladybug potesse esistere al centro della stanza. Ora che Carapace impediva all'agente Roger di vederla, l'attenzione dell'uomo era tutta per l'illusione. I proiettili la attraversarono, rimbalzarono contro la parete e, quando finirono, l'agente Roger continuò a premere il grilletto come se non se ne fosse accorto.

L'ombra del gatto - INCOMPIUTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora