Il giorno in cui Papillon fu sconfitto (2)

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«Cosa c'è oltre il varco che lei ha aperto?» domandò Rena Rouge.

«Anime, ovviamente, di chi è morto a causa di un Miraculous. Anime di vecchi portatori che hanno fallito la loro missione, di posseduti dall'energia del Miraculous.»

«Una di quelle anime ha preso possesso del corpo di Chat Noir.» realizzò Ladybug. «Come lo liberiamo?»

«Non so come.» confessò il signor Agreste. «Non credevo neppure che gli spiriti potessero uscire da soli dal varco, sarebbe dovuta venirne fuori solo lei.»

Rena Rouge sbatté una mano sul tavolo, la mascella era serrata mentre si sporgeva in avanti come per attirare l'attenzione dell'uomo. Lui le lanciò solo una rapida occhiata, così lei fu costretta a chinarsi ancora di più ed a fissarlo dritto in faccia.

«Lei?» domandò. Poi scosse il capo. «Non importa. Perché proprio Chat Noir?»

Ladybug inspirò, anche lei voleva saperlo, ma sentiva che se l'uomo l'avesse costretta a richiederglielo l'avrebbe colpito dritto in faccia, tanto le mani le fremevano.

«Ci deve essere per forza una ragione?» chiese il signor Agreste. «Magari si trovava solo nel posto sbagliato al momento sbagliato.»

«Cosa vuole da lui?» domandò Carapace.

«Coloro che hanno avuto un Miraculous dovevano compiere una missione, ovviamente. Il fatto che siano morti solitamente significa che non sono riusciti a compiere la loro missione.»

Ladybug rimase a fissarlo, con lei anche Carapace e Rena Rouge. Realizzò che, probabilmente, lo spirito che possedeva Chat Noir stava soltanto cercando di portare a termine la sua missione. Questo non la consolò affatto.

Il giorno in cui Papillon fu sconfitto:

Adrien trattenne il fiato mentre bussava alla porta dello studio di suo padre, la mano era ancora sospesa quando lo sentì rispondergli di raggiungerlo dentro e, come il figlio educato qual era, abbassò la maniglia lentamente ed entrò nella stanza con cautela. Rimase sull'uscio in silenzio.

Gabriel Agreste aveva ancora il capo chino, teneva il pennello tra le dita ferme mentre dava gli ultimi tocchi di colore a chissà quale nuovo disegno per la sua prossima collezione. Ci mise un po' a decidersi a sollevare lo sguardo verso di lui, allora Adrien trattenne un sussulto ed agitò le dita, le braccia strette contro i fianchi nel tentativo di non lasciarsi trascinare troppo dalla speranza.

Vide suo padre intingere il pennello nell'acqua, solo dopo sollevare lo sguardo e prestargli davvero attenzione..

«Sì?» chiese, lo sguardo distratto che pareva non vederlo davvero.

Adrien strofinò le mani una contro l'altra e deglutì, sorrise.

«Nino ha invitato me, Marinette ed Alya ad andare al cinema insieme, questa sera.» disse. Fece una pausa, cercando le parole per porre nel migliore di modi domanda, ma suo padre non glielo permise.

«Non puoi uscire.» rispose. Poi chinò ancora il capo, riprese il pennello e lo agitò nell'acqua. Non disse altro, nessuna motivazione sensata in cui Adrien avrebbe potuto sperare, nessuna ragione che avrebbe potuto dare un senso a quel no così repentino.

A volte Adrien pensava che suo padre gli negasse di fare ciò che amava solo per semplice dispetto. Rimasto immobile con le labbra dischiuse, sentì la speranza che lo abbandonava, si costrinse a non replicare, conscio che non ci avrebbe guadagnato nulla.

Suo padre sollevò una mano, gli fece cenno di andare senza neppure guardarlo. Obbedì, si allontanò e percorse a grandi falcate il corridoio fino alla sua stanza. Non si preoccupò di non sbattere la porta della sua camera da letto, una volta dentro; dubitava che suo padre se ne sarebbe accorto, concentrato com'era ad ignorare lui e tutto il resto del mondo. Non era un mistero che per lui il'universo svanisse, mentre lavorava.

L'ombra del gatto - INCOMPIUTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora