Capitolo 12

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Prendo un flûte di prosecco, bevendolo tutto d'un sorso, oh mio dio sono la regina delle cavolate. Sento uno sguardo bruciarmi la schiena e quando mi volto vedo che Fabio mi guarda a distanza mentre non ascolta per niente quello che gli viene detto dall'uomo di mezza età accanto a lui, il moro stringe tra le mani un calice di quello che deduco sia vino bianco, di tanto in tanto annuisce distrattamente, poi lo vedo sorridere all'uomo, probabilmente scusandosi, perché dopo ciò viene verso di me, gli do le spalle all'improvviso mentre poggio il bicchiere vuoto sul tavolo dinanzi a me.

"Dobbiamo parlare." Sento sussurrare al mio orecchio, poi la sua figura si materializza davanti ai miei occhi.

"Non abbiamo niente da dirci." Tento di usare un tono fermo, ma la mia voce mi tradisce per l'agitazione.

"Voglio solo chiarire Alice, è una cosa pacifica." Lo guardo stranita perché la sua ultima parola non si addice per niente al suo essere. Lui porta due dita sul cuore. "Credimi." Sospiro afflitta.

"Ok due minuti." Gli concedo cominciando a camminare verso l'uscita, non posso fare a meno di notare Luca a pochi passi dalla grande scalinata, ha la mascella contratta e i pugni stretti lungo i fianchi, il nostro momento di debolezza è durato poco, mi son ritrovata a pensare che era stato fin troppo breve, non ha accennato un'altra parola, è uscito dal bagno come se nulla fosse successo ed io mi sono ritrovata da sola a sistemare il mio aspetto fin troppo fuori posto grazie a lui.

Fabio mi conduce all'interno della sua auto, posta nel parcheggio, ma non accenna ad avviare il motore, deduco voglia parlate qui.

"Allora? Di cosa vuoi parlarmi?" Inizio io spezzando il silenzio.

"Cerchiamo di risolvere i nostri problemi Alice, torna a casa." Lo guardo sorpresa, ha un tono quasi supplichevole, ma non voglio cascarci.

"Fabio il problema eri tu, quindi da parte mia è già tutto risolto." Una scintilla di rabbia gli passa negli occhi, serra la mascella, ma con mia grande sorpresa non sputa veleno.

"Posso cambiare."

"No, non cambierai."

"Non puoi saperlo se non ci provi." Mi prende le mani stringendole nelle sue, cerco di guardare ovunque, ma non il suo viso o i suoi occhi.

"Non voglio provarci Fabio." Dico flebile.

"Hai un altro?" Chiede con fin troppa tranquillità e non so perché non riesco più a parlare, è ovvio che io non abbia nessun altro anche se alla sua domanda ammetto che il nome di Luca mi è balzato subito in testa, ma noi non siamo niente.

"Rispondi Alice." Alza il tono di voce di un'ottava e mi ritrovo a sobbalzare sul posto. "Hai un altro?" Questa volta scandisce bene le parole, passano vari secondi prima che io cerchi di dire qualcosa, ma è troppo tardi perché i miei capelli vengono afferrati e in seguito sento un dolore lancinante alla tempia, mi ha scaraventata contro il finestrino dell'auto.

Sono sconvolta da tanta cattiveria e aggressività che di solito la si può riservare al proprio peggior nemico, non di certo alla persona che si ama e la quale si ha avuto accanto per tanti anni.

Afferro la maniglia dell'auto, la sicura, precedentemente messa da Fabio della quale non me ne ero neanche accorta e che di sicuro sarebbe stato un campanello d'allarme per me, scatta subito in seguito la porta si apre e vengo investita da un leggero venticello fresco, ma non faccio in tempo a cacciare entrambe la gambe dall'auto che vengo nuovamente afferrata, questa volta per un braccio.

"Dove credi di andare cazzo." Dice furioso, non riesco a guardarlo, sono terrorizzata. "Tu torni a casa con me."

"No." Urlo mollandogli un ceffone in viso, approfitto della sua sorpresa per scappare via, i tacchi alti non mi aiutano, in fretta li sfilo e mi dirigo all'entrata dell'edificio, quando varco la soglia tutti gli sguardi sono puntati su di me, so per certo di avere una sopracciglia sanguinante dato il vetro sporco in auto, e so anche di essere in uno stato pietoso, Chiara mi corre incontro prima che io possa scendere le scale.

"Oh mio dio Alice, cosa è successo?" Ha gli occhi colmi di lacrime mentre una mano si posa sulla sua bocca schiusa, con l'altra tenta di toccarmi, ma è fin troppo tremolante, sembra quasi che abbia paura di farmi male solo sfiorandomi. Mi lascio andare in un pianto liberatorio, mentre un forte bisbiglìo si innalza nella grande sala.

"Chi è stato?" Sento dire da Gionata quando ci raggiunge.

"È stato lui?" La sua voce inconfondibile mi arriva alle orecchie, non lo guardo, sono troppo imbarazzata per farlo, Chiara mi stringe in un abbraccio mentre tremo ancora.

"Andiamo a casa." Dice flebile.

"Mi sono rotto il cazzo di quel tipo." Luca é fin troppo nervoso e ciò non promette nulla di buono, lo vedo uscire dalla grande villa e posso dedurre che sta per scatenarsi l'inferno.

Ne è valsa la pena|| CAPO PLAZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora