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cominciare sí, ma non sapeva dove. non sapeva mai niente lui, che era stanco di tutto e di niente, che amava il barocco e odiava la veritá, che avrebbe costellato la sua vita di illusioni, ma che aveva bisogno di sincerità.

c'erano giornate in cui i suoi capelli neri diventavano grigi e la sua pelle bianca si scioglieva come la neve al sole, ma non era fuoco quello che lentamente lo pressava quando chiudeva le palpebre e lasciava vagare le mani in tranquillitá.

lasciava volare i pensieri, sí, ma gli occhi restavano aperti. palloncini in volo nutriti di elio e sogni e speranze, la mano sempre pronta ad afferrarli.

avrebbe voluto fare tante cose, lui. avrebbe voluto frequentare un'accademia e fare della passione un lavoro, pensava con la testa fra le mani e le formule di matematica davanti, costante promemoria di ciò che invece era costretto a imparare.

avrebbe voluto sapere cosa rendeva felice sua madre, perchè non vedeva il suo sorriso ormai da anni.

avrebbe voluto essere completamente libero e avrebbe voluto che qualcuno gli scrivesse cosa fare e cosa pensare.

e avrebbe voluto avere migliaia di colori per dipingere tutte quelle emozioni e foglie che si agitavano dentro di lui; ma li aveva finiti tutti in quadri strampalati di un artista senza occhi.

la mano era volata sul cellulare prima
che potesse rendersene conto. perchè mentre scorreva il dito sulla rubrica e pregava che Dio non lo lasciasse essere solo, si accorse che c'era una sola persona che avrebbe potuto capire.

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erano le 3:06 quando seungmin ricevette la chiamata che lo fece sussultare. era sabato, quindi non era strano che anche altre persone fossero sveglie, ma che lo chiamassero? questo sí. avrebbe pensato che avessero sbagliato numero se non avesse visto il nome sullo schermo.

"hwang hyunjin"

gli tremava la mano mentre cliccò l'icona verde.

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silenzio e odore di caffè; seungmin lo aveva bevuto prima di uscire.

niente chiacchiere di convenzione, solo e semplice silenzio, il rumore di due respiri intrecciati e due cuori che battevano all'unisono.

e poi hyunjin parlò.
e si svuotò la bocca e la pancia e l'anima mentre con assoluta tranquillitá non capiva nulla di quello che gli stava succedendo, la sua vita era un casino di indecisioni e gli occhi sempre piú pesanti e il sorriso sempre meno brillante; caso o destino dava che accanto a lui ci fosse seungmin, che con la paura ci brindava vino a colazione.

non sapeva cosa ci fosse di speciale nel corvino, ma qualcosa ci doveva pur essere, perchè quando le sue labbra articolavano parole vedeva le linee leggere di un ragazzo tratteggiato a matita e riempito di colori; e quella notte le stelle brillavano di piú, perchè si erano infiltrate nell'epidermide e tra i capelli ed erano in collisione e i suoi occhi fiammeggiavano e appassivano,  non c'era luna abbastanza splendente da illuminare due anime perdute e non c'era fuoco abbastanza caldo da farle sentire a casa.

non sapevano quale fosse il loro posto e non sapevano perchè solo loro due sembrava si sentissero cosí.

ma seungmin una cosa la sapeva; che ci si poteva abituare alla tempesta se si imparava ad apprezzarla, si poteva galleggiare su una barca rotta, se si sapeva come usarla.

non c'erano stati pianti, nè urla, nè le cose tipicamente teatrali su cui l'anima dava sfogo quando si trattava di liberarsi.

semplicemente, parlarono.
e poi fecero silenzio.
ancora, ancora, ancora.

e seungmin capí che ormai non c'era piú modo di tornare indietro; ma questa volta non gli importava.

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c'erano due figure nella camera di hyunjin. due come le coltellate inflitte al suo cuore il momento in cui se ne era accorto. due. due.

era l'alba quando jeongin chiuse la serranda.


𝐝𝐢 𝐦𝐢𝐞𝐥𝐞 𝐞 𝐜𝐚𝐟𝐟è ✩ 𝐬𝐞𝐮𝐧𝐠𝐣𝐢𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora