II

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Quel giorno andai a lavoro da papà per aspettare che chiudesse il locale e mangiare qualcosa insieme. Arrivando lì passando dal retro sento delle voci, che non avevo mai sentito prima, provenire dalla sala principale. Apro silenziosamente la porta che collega la sala al magazzino e intravedo dei uomini vestiti in nero che parlano minacciosamente con mio padre.
"Cedric, hai i miei soldi?" chiede uno dei due uomini, quello più basso.
"Non ancora. Il mese non è ancora finito. Sto rispettando i tempi. Dovreste farlo anche voi." risponde mio padre serio. Mi nascondo dietro il bancone per sentire meglio evitando che mi vedano.
"Cerchi di contradire i nostri accordi?! " ribatte l'altro molto più robusto e alto.
"Non posso in questo momento. Vi ho dato la mia parola che li avrete."risponde mortificato.
"Adesso basta. Non sappiamo che farcene della tua parola. Ci prenderemo il tuo locale come garanzia." riprende l'uomo basso.
"Non potete è tutto ciò che ho." risponde urlando.
"Hai esaurito il tuo tempo." continua quello grosso puntando la pistola contro mio padre.
"Ci prenderemo tutto." ribatte incattivito.
Guardandolo negli occhi preme il grilletto. Per poi vederlo crollare accasciato a terra davanti ai piedi dell'assassino. Non posso crederci. Appena quelle persone escono dal locale, sconvolta corro a soccorrerlo.
"Tesoro. Mi dispiace non sono riuscito a proteggerti. Perdonami." riferisce per poi chiudere i suoi occhi un'ultima volta.
Tutto ciò si ripete nella mia testa più e più volte. Sento ancora il rumore sordo dello sparo. Non riesco più a muovermi sono paralizzata. Le lacrime continuano ad uscire.
"Papà?! No!"urlo disperata.

Mi sveglio di soprassalto. Il ricordo di quel giorno comincia a tornarmi in testa da quando ho letto quella lettera. Non hanno voluto dargli un'opportunità e senza scrupoli hanno troncato la vita di un uomo innocente. Come non l'hanno avuta con me caricandomi di un peso che non merito, neanche lui lo meritava. Quei soldi non sono di loro proprietà.
Guardo l'orologio dal cellulare. Sono le 4 del pomeriggio. Sono di nuovo in ritardo a lavoro. Mi rimane prepararmi ad un'altra giornata monotona. Adesso sono più determinata che mai a cambiare tutto e a voltare pagina ed andare avanti. Devo riuscire a scoprire se questo viaggio ci sarà e sopratutto quando sarà. Devo assolutamente essere pronta ad ogni evenienza e come mi ha raccomandato papà, non devo fidarmi di nessuno. Mi alzo dal letto e sempre più pensierosa vado in bagno a preparami. Poco dopo scendo al piano di sotto prendo velocemente le chiavi dell'auto e la borsa e corro a lavoro.

L'unica distrazione da tutto sono ormai i miei abituali clienti. Quelli che vengono qui da una vita, che conoscevano mio padre e mi trattano con assoluto rispetto, cosa che 'il proprietario' non fa mai. Cercano di distrarmi e farmi sentire meglio e devo dire che molte volte, anche solo per poco, ci riescono rendendomi una giornata disastrosa molto gradevole. Come al solito finisco il turno molto velocemente. Saluto gli ultimi clienti rimasti ed esco per andare a fare un po' di shopping veloce, visto che erano le 8 di sera. Prendo la mia auto e incomincio la ricerca di qualche negozio ancora aperto.

Passano i minuti e finalmente riesco a trovarne uno, 'H&M'. Non è tra i miei preferiti ma mi accontenterò. Fermo l'auto nel rispettivo parcheggio. Entro e cerco qualcosa di carino da comprare. Non mi piace nulla. Quindi decido di salire al piano di sopra e dare un'ultima occhiata, visto che hanno annunciato che tra 20 minuti il negozio avrebbe chiuso. Mentre sono ancora alla ricerca di qualcosa da acquistare sento toccarmi la spalla.
"Ciao Madison!" esclama Susan. E' la mia vecchia compagna del liceo. La classica ragazza bella e popolare, amata da tutti, ma odiata da me. E' riuscita ad andare a letto con quasi tutta la scuola.
"Ciao Susan." le rispondo fredda quasi ignorandola.
"Come stai?" chiede infastidendomi.
"Susan non rompermi. Sta sera non hai nessuno con cui scopare?" rispondo girandomi e guardandola negli occhi. Rimane in silenzio. Nessuno le aveva mai sputato la verità in faccia, ma sono stufa di tutti.
"Non fingere di essere mia amica solo perché ti faccio pena. Quindi per favore non chiedermi come sto. Perché la mia risposta non importa a nessuno e mai importerà, perciò vattene e fai finta di non conoscermi. Prima che vada da tuo padre a raccontargli tutte le porcherie che fai." continuo arrabbiata.
"Va bene Madison, scusami. Ciao." risponde voltandosi per poi andarsene silenziosamente.

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