capitòlo 2

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17 anni dopo

BJÖRN
Io governo sopra tutti, questa città è diventata mia, porto tutti sul palmo della mia mano con la minaccia di schiacciarli nel mio pugno.
Ho tutto quello che voglio sesso, soldi, potere, ho fatto e faccio atrocità da cui anche il diavolo rimarrebbe scioccato, ma lei, la mia bambina non c'è, è sparita nel nulla un giorno di 16 anni fa, aveva solo sei anni eppure è stata lei a darmi la forza di vincere la malattia.
Ad 8 anni mi ero  arreso all'idea di morire, senza di lei sarei morto.
Ho provato a cercarla, ma con solo il suo nome non sono arrivato lontano.

PHOEBE
"Grazie" consegno i soldi al tàxista e scendo dall'auto ritrovandomi di fronte alla casa dei miei genitori, quanti ricordi, ricordi dolorosi. Non so perché sono tornata nella mia città natale, o forse lo so perché sono tornata, forse e perché spero di rincontrarlo e lo so che lo riconoscerei anche in mezzo ad una marea di gente, anche se sono passati anni e noi eravamo solo dei bambini quando ci siamo guardati negli occhi l'ultima volta, ma occhi come i suoi non si dimenticano, mai.
Dopo aver sistemato le valigie decido di farmi una passeggiata per la città, ripercorrere queste strade mi riporta indietro nel tempo quando ero una bambina e ancora dovevo comprendere quanto una mancanza faccia male, vorrei rivivere anche solo per qualche istante i momenti passati con lui, che se pur dolorosi sono gli unici che ho e a cui non rinuncerei per nulla al mondo.
Sono le 21 e mi sto preparando la cena, ho passato tutta la giornata in cerca di un lavoro, sono riuscita a farmi assumere in un panificio, non vedo l'ora di iniziare, ho bisogno di soldi.
I giorni passano inesorabilmente, ho iniziato a lavorare e alle 5 del mattino mi alzo per andare al panificio, oggi sono in ritardo e sto correndo come una forsennata, non ho una macchina e credo che non l'avrò ancora per molto tempo, sento dei lamenti, gli seguo fino ad arrivarne alla fonte, in un vicolo riverso sul cemento c'è un uomo con quella che sembra una ferita d'arma da fuoco all'altezza dello stomaco, gli corro in contro e cerco immediatamente di tamponarli la ferita, il sangue scorga ovunque non so che fare.
"Non ti preoccupare ho chiamato l'ambulanza, cerca di resistere" sussurro all'uomo che continua a soffrire sommessamente sento un rumore alla mia sinistra e  vedo un uomo, mi basta uno sguardo e capisco che forse non è stata tanto saggia la scelta di soccorrere quest'uomo, mi vedo puntare una pistola, sono terrorizzata, non riesco a muovermi mi sembra che il tempo si sia fermato, mi sembra di essere in una dimensione ultra terrena, mi arriva il suono delle sirene alle orecchie, l'uomo si volta immediatamente e un espressione di indecisione gli si dipinge sul volto, non sa che fare, in fine fa un grugnito di rabbia mentre mi lancia un ultimo sguardo intimidatorio e si appresta a svoltare l'angolo del vicolo e a sparire dalla mia visuale e da quella dell'ambulanza che appare dinanzi a me, i soccorsi sono arrivati ed oggi hanno salvato più di una vita.

Sono in ospedale in sala d'attesa stanno operando il ragazzo, non lo conosco ma ho comunque un po' d'ansia, è un ragazzo giovane non merita di morire, l'ultima persona che ha visto prima di perdere i sensi sono stata io, una tizia che neanche conosce, e morire in un vicolo cieco con una sconosciuta e per mano di uno stronzo è abbastanza squallido.

La voce del dottore mi fa trasalire "Signorina, abbiamo provato a contattare i parenti ma a quanto pare risulta che non ne abbia, quindi riferisco a lei le sue condizioni, la pallottola è stata estratta adesso è sotto effetto della anestesia, e sta riposando, se desidera può entrare" appena il dottore termina di parlare mi fiondo nella stanza.

Il ragazzo ha una fascia che gli prende tutto il busto ed è attaccato a tanti fili, è biondo ha il naso piccolo e le labbra sottili, gli occhi sono chiusi per cui non riesco ha capire di che colore sono, mi avvicino al suo capezzale ed istintivamente gli accarezzo una guancia, è solo, come me, non ha nessuno, come me, da oggi in poi ci sarò io.

Io che dopo 4 anni dalla morte dei miei genitori sono tornata nella mia città natale con la speranza di rincontrare un uomo, con la speranza che quel bambino sia ancora vivo.

[..]

Mi sveglio con un mal di schiena atroce, non c'è niente di più scomodo della sedia di un ospedale, apro gli occhi e trovo un altro paio di occhi che mi stanno già osservando, ha gli occhi blu.

"Buongiorno" dico sorridendo, ma lui non ricambia e continua a scrutarmi "Ti aspetti che ti ringrazi?" dice lui con lo sguardo duro, faccio un sorrisino sghembo "Non me ne faccio niente della tua gratitudine, ma nessuno merita di morire da solo in un vicolo".

"Quindi l'hai fatto per pietà ?" mi chiede guardandomi con disprezzo, " No! semplicemente ho riconosciuto un'anima sola,.... tra simili ci si riconosce".

" Questa frase l'hai letta in un libro?" afferma acido e con una smorfia sul volto, ma lo so che le mie parole lo hanno colpito, gli occhi gli si sono fatti lucidi. La solitudine non l'accetti mai.

Nel frattempo è arrivato il pranzo, cioè una brodaglia, quindi prendo il vassoio e glielo sbatto sulle gambe " ma mangia e non rompere il cazzo" - " dispotica" dice mentre gioca con quella brodaglia con un'espressione schifata. " Credo che se mangio questa cosa mi dovrebbero rioperare per problemi al fegato" continua e io scoppio a ridere, di quelle risate che non facevo da tempo, quando smetto di ridere lo trovo che mi guarda con un sorriso appena accennato sulle labbra.

Il mio stomaco brontola, " io vado al bar, torno presto" lo avverto e quando sto per oltrepassare la soglia della porta, sento sussurrare " cosa darei per della cioccolata in questo momento" faccio dietrofront e puntandolo con il dito chiedo " cioccolata calda con marshmallow?"- " già ti adoro" mi risponde sorridendo.

VIVERE PER TEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora