CAPITOLO 38 - Quando le parole non servono

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Finita la riunione, col cuore ancora in subbuglio, mi ritrovo a stringere un sacco di mani e a dover rispondere ad un sacco di sorrisi.

I loro aperti e sinceri, il mio puramente di circostanza.

Ora che ho questa specie di spada di Damocle che mi penzola sopra

la testa, l'ultima cosa che ho voglia di fare è essere allegra.

Vedo James, dall'altra parte dell'immenso tavolo, scambiare qualche parola con uno degli avvocati, poi col suo assistente, prima di allontanarsi in modo discreto.

(Cosa faccio? Devo assolutamente parlargli.

Ma sarà un buon momento? Se non adesso, quando?)

Provo a raggiungerlo passando dalla parte opposta, ma Madison

mi intercetta per primo e mi costringe ad un'ulteriore chiacchierata.

(Ma... accidenti!)

E alla fine perdo il mio obiettivo...

(Grande... veramente splendido! Questi avvocati!)

Quando finalmente vengo congedata mi precipito fuori dalla stanza, ma di James non c'è traccia.

Noto però, con la coda dell'occhio, che la porta dell'ufficio di Claire

è leggermente socchiusa.

Mi avvicino.

Una sottile lama di luce si riflette nel corridoio in penombra.

Sento provenire dall'interno una voce maschile.

Parla piano, in modo quasi circospetto.

Mi porto più avanti per sentire meglio.

"Sì... è durata più del previsto e... ma no, aspetta un attimo..."

Continuo a camminare in punta di piedi.

Non riesco a sentire perfettamente cosa sta dicendo, ma presumo

stia parlando al telefono con qualcuno.

"No, non so se ce la faccio per cena. Non fare così, amore..."

(Amore?)

Il cuore mi salta in gola e mi si secca la bocca.

Un velo di nebbia mi offusca il cervello e i pensieri si mescolano

come un mazzo di carte.

L'uomo continua la sua conversazione, mentre io rimango nel corridoio, immobile, cercando di capire come comportarmi.

(E adesso che faccio? Io giuro che... Lo distruggo!)

Decido nel giro di un secondo e a passo di carica spalanco la porta.

Poi mi blocco, vacillando sui tacchi delle mie scarpe nuove.

Il giovane di fronte a me rimane sbigottito per l'intrusione.

"Ti richiamo tra un attimo." e riattacca.

"Ellen, che ci fai ancora qui?!"

"Mi dispiace, non volevo disturbare la tua telefonata."
"Non preoccuparti. Era solo la mia fidanzata che voleva sapere come mai fossi ancora in ufficio."

(La sua fidanzata? Non avevo mai pensato che ne avesse una)

Phil mi guarda con i suoi innocenti occhioni nocciola.

"Ti senti bene?

Voglio dire, alla luce di quanto è successo là dentro."

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