CAPITOLO 37 - L'ultima prova

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Il Lunedì raggiungo la scalinata antistante la ATPique e la percorro

di corsa, con un sorriso smagliante sulle labbra.

Infagottata nel mio cappottino pesante, una bella sciarpa soffice, sfido il gelo pungente di fine Novembre.

La Domenica trascorsa con le mie amiche mi ha proprio rigenerata.

Mi sono divertita, ho pianto, mi sono sfogata con loro, e sento di essere più leggera, più fresca, come non mi capitava da un bel po'.

Lucy questa mattina è uscita di casa molto presto.

Dopo quasi un intero weekend passato senza il suo ragazzo, si sono visti per fare colazione insieme.

(Che carini!)

A essere sincera non mi è pesato particolarmente percorrere il nostro solito itinerario da sola.

Sono talmente positiva e rilassata che niente mi può fermare.

Mentre attraverso la hall saluto con gioia chiunque incroci.

E anche in ascensore, dove solitamente sto piuttosto sulle mie, riesco a scambiare quattro chiacchiere in totale relax.

Mi sento una Ellen nuova... sono carica come una molla!

Raggiungo il piano e, incrociando alcuni colleghi ormai miei sottoposti, mi dirigo con passo sicuro verso il mio ufficio.

Come sempre la porta è aperta, e da dentro sento provenire il ticchettio di una tastiera.

(Non sarà che...)

Rallento l'andatura e mi ricompongo, assumendo un atteggiamento più guardingo.

Poi in un lampo mi viene in mente una cosa.

(Sì, ma certo!)

Sento parte della mia sicurezza scivolarmi lungo i pantaloni del tailleur e finire sul pavimento.

(Non è il momento di fare la stupida! Sii professionale.)

Sospiro brevemente e mi schiarisco la gola mentre varco la soglia.

Come immaginavo, Andrew è seduto alla sua scrivania, digitando pigramente qualcosa sul computer.

Noto subito che ha un nuovo taglio di capelli, ma per il resto mi sembra uguale a tutti gli altri giorni.

Probabilmente la settimana di vacanza gli ha giovato perché, dalla freschezza del suo viso, si direbbe proprio che non c'è niente che lo turba.

Penso questo finché non lo sento parlare.

"Buongiorno Andrew."

Non mi azzardo a chiamarlo con il diminutivo, non ho idea di come potrebbe reagire.

Dopotutto non abbiamo più quella confidenza che avevamo fino a una settimana fa.

Lui solleva appena lo sguardo dal monitor del pc e mi dà un'occhiata fugace per poi salutarmi con voce atona.

"Buongiorno a te."

(Perfetto... almeno non mi ha tolto il saluto. E' già qualcosa!)

Appoggio la borsa sul mio tavolo e appendo il cappotto.

Con la coda dell'occhio noto che mi sta osservando discretamente, ma faccio finta di niente.

Non voglio metterlo a disagio.

"Come va?"

"Eh?"

Solleva la testa e mi guarda, gli occhi intrisi di curiosità, come se gli avessi chiesto chissà cosa.

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