32. Disperazione

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[N/A: oltre al grazie mille per le oltre 3K di visualizzazioni, mi dispiace per le diverse ore di ritardo, ma fra compiti interminabili e mazzi vari ho proprio rimosso il dover pubblicare il capitolo.

Ed il problema é che devo ancora scrivere tutto il prossimo capitolo e non so dove racimolare tempo. Spero di farcela, perché mi dispiacerebbe lasciarvi senza capitolo la prossima settimana.

E dopo le mie lamentele, buona lettura!]



"A un cuore in pezzi
Nessuno s'avvicini
Senza l'alto privilegio
Di avere sofferto altrettanto."

-aformisma di Emily Dickinson




Shoto rimase a fissare quelle ferite come in trance per una buona manciata di secondi, prima di sentire le gambe instabili.
La signora Masai, non volendo avere un secondo svenuto in infermeria, se poteva evitare, smise di trattare le ferite di Izuku per prendere Todoroki sottobraccio e farlo sedere su una sedia lì vicino.

Poi ritornò al suo lavoro, trattando con cura quelle ferite che potevano riaprirsi da un momento all'altro.
"Ha evitato di tagliare verticalmente le vene. Solo tagli orizzontali, paralleli, calcolati. Era una lucido mentre li faceva… nel dolore, ma lucido. E ha evitato di uccidersi subito, per nostra grazia."

Finì di fasciare le braccia del verdolino, per poi ri-abbassargli le maniche. Successivamente, con la premura di una madre, tirò da sotto di lui le coperte e gliele mise sopra, rimboccandolo per bene.
Lo guardò con un velo di tristezza ad adornarle il volto e andò verso il bancone, dove c'era il telefono di servizio dell'infermeria.

Masai pensò fosse un minimo giusto avvisare il bicolore, e anche perché non lo voleva vedere affogato nel dolore e nel silenzio tutto il tempo.
<Todoroki, ragazzo, …> richiamò la donna e il bicolore si voltò, fissandola dritto negli occhi.

Aveva gli occhi eterocromi lucidi, lucidissimi, ma non stava versando alcuna lacrima, come se le avesse consumate già tutte prima.
La faccia era rossa, rossissima, contratta in una smorfia mentre cercava di trattenersi.

E la signora Masai ci vide davvero, per la prima volta, tutta l'umanità di quel ragazzino, perché quello era un pianto vero, un pianto disperato, fatto per chi si ama (come un parente, amico o amato non importava).

La donna prese un pacchetto di fazzoletti e glielo portò, parlando nel mentre.
<Devo chiamare la madre di Izuku. Ha il diritto di sapere che é appena successo a suo figlio, anche se io non lo so troppo bene… Potresti raccontarmelo tu? Se non te la senti adesso, me lo dirai dopo; la signora Midoriya si dovrà accontentate di sapere, all'inizio, che é solo "un'urgenza".>

Il ragazzo non rispose, però prese il pacchetto di fazzoletti subito e iniziò a soffiarsi il naso.
L'infermiera sospirò piano, inudita.
"Non posso fare troppe cose insieme. Prima Izuku, poi Todoroki."

Masai ritornò dietro il bancone e prese il telefono fisso, componendo il numero che teneva scritto su un post-it, quello di Inko, che ben più di una volta aveva chiamato.

La signora Midoriya rispose all'istante. <Cosa é successo ad Izuku?> chiese all'istante con tono preoccupato.
<É molto grave la situazione, anche se mi devo far spiegare bene le dinamiche di come gli ultimi eventi si sono svo->
<Non mi può dire qualcosa più in dettaglio?> domandò ancora Inko, ormai seriamente agitata.

<Suo figlio é svenuto per, probabilmente, stress o spossatezza e ha diversi tagli su braccia.> spiegò la donna in modo neutro.
La madre del verdolino fece un verso strozzato, terrorizzato, prima di balbettare: <A-Arrivo a-a-al più p-p-presto!> e subito dopo chiudere la chiamata.

Amare sé stessi é l'unica regola della vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora