5. In infermeria

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Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
[...]

-da "Ho sceso, dandoti il braccio" in "Satura"
di Eugenio Montale

Una ragazza dai capelli mossi e mori, Yumi, loro compagna di classe, fece un sorrisetto soddisfatto.
<Perché siete ancora qui, vuoi due?> li apostrofò, per poi spiegare: <Il prof mi ha mandato a cercarvi, e per questo vi ringrazio, ma fareste meglio a ritornare in classe! La campanella é suonata da... Oh.> si interruppe nel discorso la ragazza, notando solo allora il sangue sulle mani e sul volto di Izuku.

Aggrottò le sopracciglia, confusa, per poi chiedere: <Cosa hai fatto, questa volta?> con un tono seccato.
"Questa ragazza conosce il tatto o, almeno, la gelida cortesia?" si chiese Todoroki, abbastanza confuso. Non era minimamente preoccupata che un suo compagno fosse mezzo sanguinante e col naso (forse) non totalmente al suo posto?
Erano tutti davvero così stronzi, in quella sua nuova classe?

Shoto stava per parlare, e raccontare lo stralcio di scena visto da lui, che Izuku lo anticipò e rispose: <Sono scivolato sul nulla e ho dato una botta col naso, mentre stavo ritornando in classe, sentendo la campanella. Lui era qui per pura casualità ed é stato così gentile da aiutarmi.> e le rivolse un sorriso, che dentro di sé sentì molto tirato.

E un magone gli si bloccò in gola e nel petto.
Nascondere le malefatte altrui, ingoiare la propria disperazione e reprimere la frustrazione non era mai semplice.

Shoto lo guardò alzando leggermente un sopracciglio. Non era ASSOLUTAMENTE andata così. Prima che però potesse replicare lo sguardo smeraldino di Izuku lo trafisse, quasi in una supplica di restare muto. Todoroki chiuse gli occhi, lentamente, ed espirò; ad acconsentire controvoglia.

<Beh, allora va in infermeria.> sentenziò Yumi, per poi aggiungere, perplessa: <E... Riesci almeno a camminare come si deve? Hai la tremarella alle gambe perfino da fermo!>
Izuku si maledì internamente per non essere riuscito a nascondere il tremore delle gambe dallo stress. Esatto, stress.

Ormai l'instabilità del capogiro gli era passata, ma era arrivato il nervosismo da stress. Il bullismo continuamente subito, il disprezzo del mondo verso lui e il suo sogno e il dover perennemente fingere lo avevano portato ad avere notevoli problemi con lo stress dall'anno prima. Il medico gli aveva prescritto delle erbe medicinali che si portava sempre con sé. Ed era rassicurato di sentire la scatoletta di metallo nella tasca dei pantaloni.

Si era perso nei suoi pensieri, restando muto, come a dar conferma di essere instabile sulle gambe.
<Beh, è un bel guaio...> commentò la mora, stizzita. Non voleva essere lì, in parte. Voleva sì poter ammirare il nuovo figo della scuola (suo neo-compagno di classe) e, in qualche modo, conversarci, ma non con quella nullità di Midoriya Izuku accanto, a cui sembrava star dando maggiori attenzioni che a lei.
Lei che era bella, simpatica, dolce e sicuramente migliore di quella feccia che era il verdino.

<Lo posso accompagnare io in infermeria.> si propose Todoroki.
<Non ce ne è bisogno!> si affrettò Izuku. <Già! Se la caverà! Non è un poppante!> diede "manforte" Yumi, facendosi ancora più invisa a Todoroki.
Non pensava proprio per nulla ad un compagno di classe? Cosa pensava di fare? Voleva che lui non stesse con il ragazzo ferito per...

"Oh". si disse Shoto.
Aveva intuito che voleva passare qualche minuto da sola con lui. La guardò per qualche secondo con celato disgusto. Non avrebbe mai permesso che una persona così menefreghista si potesse avvicinare (emotivamente e fisicamente) a lui.

Una sola persona estranea ai fratelli e alla madre gli aveva fatto breccia nel cuore, e ciò era accaduto un'estate di tanti anni prima. Di sicuro non voleva dimenticare quella figura, che gli era parsa come un angelo, anche se purtroppo all'inizio di settembre si era dovuto trasferire e da allora non aveva più rivisto quella manna dal cielo.

Amare sé stessi é l'unica regola della vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora