37. Quirk di "classe B"

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N/A IMPORTANTE!
Allora, io questa domenica, cioé domani, dovrò svegliarmi alle 3:00 del mattino per andare ad un viaggio di istruzione per una settimana a Siviglia, nel sud della Spagna.

Perciò avviso che forse il capitolo non uscirà il prossimo sabato che, tra l'altro, sará il giorno in cui dovrei ripartire da lì per ritornare qui.
Quindi potrebbe esserci uno stacco di due settimane. Proverò a scrivere il più possibile, ma sarà difficile.

Detto questo, buona lettura.

[...]
"Anch'io non ho scelto,
ma non mi lamento.
Potevo essere qualcuno
molto meno a parte."
[...]

-da "Nella moltitudine" di Wisława Szymborska

Izuku scorse quella follia e ne fu terrorizzato.
<N-non s-sei...> balbettò Izuku, fra paura e dolore al petto.
<Non sono cosa? Su, voglio sentire!> domandò ghignando come un pazzo io bullo.

Kaeko gli afferrò con forza i capelli, facendo male alla vittima.
<... umano...> esalò in un sussurro questi, emettendo un lamento.

<Umano...? Io sono ben più umano di te! Sei tu il mostruoso!> esclamò Kaeko, lasciando i capelli del verdolino e dandogli un calcio, mandandolo contro il muro accanto la porta per lo sgabuzzino.

Lacrime, saliva e un poco di sangue sporcarono il pavimento vicino il volto di Izuku, che stava provando a rimanere cosciente.
Svenire sarebbe significato dargli carta bianca.

"Perché non dargliela per sempre...? Cosa mi impedisce di farlo?"
<Perché... fai così...?> pigolò fra i singhiozzi ed il dolore al petto.

Kaeko si animò di una rabbia mista a boria che lo portò a ridere in modo maniacale, andando di nuovo appiccicato ad Izuku.

Lo afferrò per il colletto della divisa, sollevandolo totalmente come un peso morto e tenedolo attaccato al muro.
La mano libera era chiusa a pugno.

"Perché sono così cretino?" si chiese, nella disperazione, il verdolino; giusto un istante prima che gli arrivasse in faccia un cazzotto a tutta potenza.

<Perché faccio così, ti chiedi, mh?> e gli diede un altro pugno, ma nello stomaco, mozzandogli l'aria con un mezzo urlo di dolore.
<Perché siete lo schifo della società. Meritate di morire, lontano da qui! Dimenticati dai familiari, senza venir rimpianti, anzi, che alla vostra morte si festeggi come mai fatto.>

Il discorso del ragazzo era follia, era palese ad Izuku perfino nel dolore, e non sapeva che fare per fermarlo prima di finirci davvero ucciso a furia di botte.
Sembrava che a Kaeko davvero non importasse di ucciderlo, tanto era perso in quella sua malsana convinzione.

<Non meritate la vita... Dimmi se sbaglio, dimmi se non ti fai schifo ogni giorno, guardandoti allo specchio e sapendo di essere inferiore a tutti quelli che ti stanno attorno! Dimmi che non ti senti un aborto di essere umano!> gli strillò a due centimetri dal naso altrui, un'espressione contorta e difficilmente interpretabile dipinta sul suo volto.

Midoriya rimase muto.
Faceva fatica a restare cosciente e lucido.
Stava combattendo una battaglia impari contro il baratro dell'inconscio per un motivo che neanche lui comprendeva.

Perciò, quando l'altro finì di parlare e lasciò passare secondi in silenzio, stava cercando di elaborare quello che il bullo gli aveva urlato, quasi in sfida.
Era estenuante ragionare e gli sarebbe comunque costato troppo connettere la bocca coi propri pensieri e fare uscire dalle sue labbra qualcosa di coerente.

Amare sé stessi é l'unica regola della vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora