what do you want from me

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La situazione aveva preso una piega più dolce, proprio come dettavano i piani diabolici di Hoseok, che era decisamente riuscito ad ammorbidire quello scorbutico del leader. Tutti avevano notato un lieve cambiamento in lui, e si domandarono se fosse stato davvero per quel futile scherzetto da due soldi. La verità era che Jungkook aveva parlato tutto il pomeriggio restante col padre. Una figura superiore a tutti era quella, secondo il ragazzo. Ogni cosa che usciva dalle sue labbra era oro da cogliere accortamente, e ogni consiglio che le sue parole davano al figlio erano per lui delle perle di saggezza da fissare nella mente e da non dimenticarsi mai.

Jungkook ammirava tanto suo padre, una figura che mirava sempre ai suoi ideali e quelli delle persone a lui attorno. Ascoltava sempre ciò che avevano da dirgli gli altri ed era quel tipo di persona che stava muta per tutta la durata delle tue varie ciance, ti lasciava sfogare tutto quello che ti arrotolava la lingua, e poi, concluso il discorsone, lui ti dava sempre dei consigli. Fossi anche stato il suo acerrimo nemico o robe simili, lui stava sempre lì a darti una mano.
Era un uomo che campava di pane e abnegazione, e non c'era stato manco un secondo nella sua vita in cui rammentava e sentiva il pentimento di aver aiutato un determinato individuo.

Jungkook voleva seguire le sue orme, diventare un uomo forte e ambizioso, amato e dilettato da tutti, anche dai più superbi che stanno sopra un piedistallo tutto loro. Anche i superbi amavano Namjoon, sì sì.

Solo un piccolo problema stava a ostacolare quelli che erano i principi ideali del giovane, bensì la verità che lui era uno stronzo patentato, e in quel modo non era tanto adorato dagli altri.
Tutti quelli con cui aveva scambiato l'infima parola lo squadravano con una smorfia di fastidio e nervoso, se lo incontravano per caso in strada o al parco o, data ancora la sua giovane età, a scuola. Ecco appunto, lui a scuola era proprio detestato.
Ma non è che veniva bullizzato o cose simili, anzi, era piuttosto temuto a causa di quella sua perenne e terribile aura scura che si portava appresso. Poi, capirai, vestiva nero dalla testa ai piedi, era conficcato da piercing su per tutte le orecchie, di tanto in tanto i suoi piedi erano fasciati da scarpe grosse e alte, e portava con sé sempre il suo tanto adorato chiodo altrettanto nero, con qualche borchia appuntita qua e là.
Ma non gli dispiaceva essere in parte isolato dagli altri, non per finta lui aveva sudato camice su camice per costruirsi quella reputazione quasi masochista. A lui piaceva.

Tuttavia spesso si chiedeva come facessero Yoongi e Hoseok a stargli ancora vicino, nonostante quel caratteraccio che s'era fatto. Loro erano persone buone, pazienti con lui e di buon animo. Quando lo trattava male, Hoseok abbassava le orecchie e gli teneva il broncio tutto il giorno, oppure lo abbracciava cercando di scaldargli quel cuoricino arrugginito. E per davvero, di volta in volta ci riusciva. La situazione con Yoongi invece ne rimaneva tanto opposta, con il biondo che aveva solo bisogno di uno sguardo di rimprovero per dare una secchiata d'acqua gelida alla rabbia bollente che portava il piccolo a fare e dire cose fin troppo precipitose e irrazionali. Forse era solo per l'età tanto superiore, o forse per la stima che provava altrettanto nei suoi confronti, così simile a quella di suo padre ma a miglia di distanza.

Quello che non voleva ammettere era che voleva infinitamente bene ai suoi amici ed erano considerati come una seconda famiglia cui lui non riusciva proprio ad allentare la presa, e cui affetto poi però manifestava attraverso parole spinose e gesti egocentrici.
Ma nessuno, appunto, riusciva a superare il bene che lui voleva a suo padre.

Quando gli aveva raccontato degli ultimi episodi della sua vita come un vero e proprio adolescente frustrato, aggiungendo e omettendo parole sconnesse tra loro e qualche congiunzione di troppo. Il filo del discorso era attorcigliato in un ammasso di lamentele e pretesti per lamentarsi delle sue "disavventure".
Gli aveva raccontato di tutto, come usuale. Jungkook col padre era sempre stato un libro aperto che manco le ragazzine coi diari personali. Non sembrava il tipo di persona da versare i propri sentimenti e pensieri e racconti a una figura tanto stretta come quella paterna lì.

Anche se era costantemente indaffarato con il lavoro, a scrivere ricopiare e apportare modifiche continue alle proprie sceneggiature, immerso in tutti quei fogli e documenti e file confusionari, uno spazio di tempo lo ritagliava sempre per il suo piccolo Kook.
Era un gioco loro. Il ragazzo, una volta a settimana o anche più si recava nell'ufficio del padre, poco distante dalla sua camera, si sedeva sulla seconda poltrona in pelle- apposta per lui- presente nella piccola stanza e raccontava a Namjoon quello che gli era successo in quel breve arco temporale, e lui stava sempre ad ascoltarlo con orecchie ben aperte e documenti chiusi. Sembravano piccole sedute dallo psicologo, ad eccezione che erano padre e figlio e che il primo dava consigli al secondo secondo una scala più vicina e scherzosa- quando serviva-, con vero e profondo supporto da papà che era.

In quel caso aveva portato a lui la presentazione di Taehyung, con tutti i suoi dubbi e confusioni e rabbie, e dispetti che i suoi amici gli programmavano per farli avvicinare. Perché Jungkook era tutto tranne che ottuso e ingenuo, cazzo se era evidente che volessero fargli stringere un qualche rapporto.
Gli rivelò pure che, seppure sembrava tirarsela un po' troppo, lo trovava non poco bello, e che aveva una voce profondissima.
Non se ne vergognava, poiché di nuovo, il padre sapeva veramente tutto su di lui. La breve storiella di interesse con quel famoso "San col mullet", quella monumentale con Jiu e tutte le altre passeggere e insignificanti.

Tornando a quel capellone viola, Namjoon gli aveva consigliato ovviamente di non arrabbiarsi con Yoon e Hobi, perché volevano solo che farlo stare bene, fargli fare amicizia- o altro-e smussargli quel carattere tagliente che aveva. E forse Taehyung non era veramente quel mostriciattolo altezzoso che pensava, aggiungendo che all fine tutti hanno almeno cento volte nella vita quel briciolo di aria da finto aristocratico che li fa sentire un livello sopra agli altri.
E non per esagerare, Jungkook gli dava ragione subito, al padre, e l'avrebbe sempre seguito e ascoltato. Come alla classica domanda "se Tizio si buttasse da un palazzo, che faresti?", lui avrebbe risposto senza ombra di dubbio che starebbe già spiaccicato al suolo.

Era per quello, quindi, che Jungkook sembrava essersi dato una calmata, di certo non per quel insulso scherzetto di Hoseok. Ma alla fine tuttavia, riconosceva che sotto sotto ci stava pure la risata di Taehyung, ad avergli influenzato l'umore.

you're in the band - kookvDove le storie prendono vita. Scoprilo ora