Dopo aver chiamato la polizia, essa si presentò sotto casa...
Degli agenti iniziarono a rinfilzarmi di domande inopportune, credendo che fossi stata io a compiere quell'atto atroce e crudele.Agente 1: Sa chi potrebbe essere stato a compiere questo omicidio?
Dove ha visto l'ultima volta i suoi genitori?Sofia: ...
Agente: Può rispondere alle nostre domande?
Sofia: ...
Io ero completamente sconvolta e paralizzata... Non riuscivo a muovere un muscolo e tanto meno a parlare...
Stavo leggermente tremando mentre venivo sottoposta a quel susseguire di domande, ma ad un tratto un membro della pattuglia chiese di poter parlare "in privato" con quel agente insistente.
Rimasi da sola seduta sul marciapiede, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, per poi scoppiare definitivamente in lacrime.
Dopo quasi cinque minuti di crollo morale, sollevai la testa, osservando che cosa stesse succedendo intorno a me.
Mentre il mio sguardo vagava, i miei occhi si concentrarono sulla fitta boscaglia non molto lontana..
Qualcosa o "qualcuno" era in piedi in mezzo agli alberi.
La poca luce che veniva emessa dalla luna, illuminava una strana figura.
Essa era troppo lontana e purtroppo non potevo intravederla e definirla nei minimi dettagli.
Mi alzai di scatto attirando gli sguardi degli altri uomini in divisa.
Un uomo giovane e alto, dotato di una bellezza rara, occhi di un blu profondo e magnetizzante, capelli folti e rossicci si avvicinò a me con espressione preoccupata.Agente 2: Signorina? Sta bene?
Sofia: S-Sì, to bene... Ma può togliermi una curiosità?
Agente 2: Certamente, è il mio lavoro.
Mi asciugai velocemente le lacrime dal viso con la manica della felpa.
Sofia: Dovrò rimanere qui? Dove i miei genitori sono stati uccisi?
Agente 2: Assolutamente no. Verrà trasferita da suoi parenti, o amici famigliari, se ne ha.
Sofia: Ho un'amica di famiglia che abita dall'altra parte della città.
Sono 60 chilometri da qui! Come farò ad arrivare, se non ho una macchina né tanto meno una paten-Agente 2: La accompagnerò io.
Sofia: Ma agente, io-
Agente 2: Puoi chiamarmi semplicemente Thomas.
Sofia: Sì, Thomas. Lei non-
Thomas: E niente formalità tra noi, ok?
Sofia: Certo...
Thomas: Va bene. Domani dovrai essere presente in caserma alle 14:30 per compilare alcuni documenti e rispondere a delle domande riguardo all'omicidio.
Manderanno degli agenti per accompagnarti.Sofia: Va bene...
Mentre Thomas si incamminava verso la macchina, lanciai un ultimo sguardo veloce verso il bosco, notando che la figura di prima non era più presente.
Era scomparsa.Thomas: Sofia? Entra in macchina.
Mi diressi verso la macchina stringendo le dita sulla mia piccola borsetta a tracolla in cui tenevo solitamente i soldi e il mio cellulare.
Mi sedetti di fianco a Thomas che era il guidatore, per poi partire.
Dopo mezz'ora di guida, io trovai il coraggio di dire qualcosa per rompere la tensione che si era formata tra noi due.Sofia: Thomas?
Thomas: Sì?
Sofia: Da quanto tempo lavori nel dipartimento di polizia?
Thomas: Quasi un anno.
Sofia: Ah, e quanti anni hai?
Thomas: 25, tu?
Sofia: 17, tra quattro mesi ne compio 18.
Thomas: Mh... Perdere i genitori a quest'età è molto dura.
Delle lacrime si formarono nei miei occhi, minacciandomi di voler uscire per poi scorrere sulle mie guance.
Ma le trattenni abbassando lo sguardo per poi guardare le mie cosce.Thomas: Io ho perso mia madre in un'incidente stradale quando avevo 14 anni.
Quindi posso capirti.
So cosa provi... So che sei arrabbiata, triste, impaurita.Mise una mano sulla mia coscia facendola scorrere lentamente sul mio inguine.
Thomas: Ma io... Posso aiutarti a stare meglio. Molto, ma molto meglio tesoro...
Alzai il mio sguardo incredulo verso di lui, iniziando a guardarlo in maniera sconvolta e scombussolata.
Tolsi velocemente la sua mano da me, allontanandola.
Lui iniziò a guardarmi in una maniera poco rassicurante rallentando l'andatura del veicolo.Sofia: Perché stai rallentando?
T-Thomas??Si fermò di colpo sul ciglio della strada facendomi sussultare alla sua frenata violenta.
Sofia: T-Thomas?! Perché ti sei ferma-
Thomas si fiondò sulle mie labbra, iniziando a baciarmi selvaggiamente e facendo sbattere con violenza i nostri denti, stringendomi a lui e facendo scorrere le sue grandi mani sulla mia schiena.
Iniziai immediatamente a spingerlo cercando di allontanarlo il prima possibile da me, ma lui era decisamente più forte e io non riuscii minimamente a spostarlo.
Mi fece stendere facendo sbattere di colpo la mia testa contro al finestrino.
Iniziò a guardarmi con un sadico sorriso stampato in volto, avvicinando le sue mani sulla cintura dei suoi jeans, slacciandosela velocemente.
Io iniziai ad urlare e a calciare contro di lui, cercando di colpirlo per poi fuggire, ma si era piazzato in mezzo alle mie gambe in modo da bloccare ogni mia singola mossa.
Mise le mani sul mio seno stringendolo tra le sue dita, iniziando a baciarmi il collo, e tirandomi i capelli.
Riuscii a tirargli una testata talmente forte da farmi girare la testa.
Lui si scansò da me, cadendo all'indietro sull'altro sedile.
Schiacciai velocemente il tasto per sbloccare le porte ma non si aprirono.
Thomas si ripiazzò velocemente su di me, stringendo la sua mano sul mio collo, bloccandomi il respiro.Thomas: Piccola puttanella... Mi hai fatto molto male sai? Meriti proprio una bella punizione...
Ti farò urlare talmente forte da farti strappare qualche corda vocale.Mise le sue mani sul bordo dei miei jeans, tirandoli giù in maniera secca.
Iniziai a lottare contro di lui, urlando e singhiozzando, ma lui continuò, violando la mia intimità.
Si sfilò i jeans per poi buttarli nel sedile posteriore, accovacciandosi sopra di me, guardandomi cupamente.
Riuscivo a vedere me stessa riflessa nei suoi occhi profondi. Mi vedevo impotente, spaventata. In preda al panico.
Sentii il suo membro premere contro alla mia intimità ricoperta dal tessuto delle mutande e le sue dita sfiorare il mio ventre...*CRASH*
La finestra della porta del guidatore venne spaccata da un...
Uomo.
Esso afferrò Thomas per il colletto della divisa, facendogli uscire la testa all'infuori della finestra ormai spaccata, scacciando un coltello dalla tasca della felpa per poi sgozzarlo in maniera netta.
Il sangue schizzava in aria e non smetteva più di fuoriuscire.
Il mio "salvatore" si tolse il cappuccio rivelando un volto pallido circondato da ciocche di colore nero carbone, con un sorriso autoinflitto sulle guance.Era lui.