-Capitolo 6-

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Giro il mio corpo lentamente, fra le sue grosse mani, prima che il suo sguardo penetrante mi inchiodi al pavimento: i suoi occhi marroni mi fissano intensamente, mi ci sto perdendo dentro; il suo sorriso è trattenuto, mentre si morde il labbro inferiore; il suo ciuffo è stato alzato, proprio come quando l'ho conosciuto. Il mio sguardo preoccupato si perde nel suo divertito, dandone vita a uno solo. Sono ipnotizzata dalle sue iridi marroni; non posso fare a meno di fissarlo ammutolita.
Le sue potenti mani mi avvicinano di più a lui, facendo incontrare il suo bacino con il mio ventre; trasalisco per il troppo contatto fisico. Lui fa una smorfia divertita, mentre io continuo a guardarlo seria. Cosa vorrà farmi?
Aspiro profondamente il suo odore, quando le sue morbide labbra si appoggiano sul mio collo. Chiudo gli occhi abbandonandomi al suo tocco umido. Gemo piano, quando i brividi percorrono tutto il mio corpo.
Il suo respiro caldo e poco affannoso mi sfiora delicatamente il collo, facendomi venire la pelle d'oca.
Le sue labbra arrivano dolcemente alla mia guancia sinistra, incominciando a baciarmi anche quest'ultima; non lo fermo, piuttosto, stringo forte la sua spalla con la mano destra, dandogli la prova del mio lieve piacere.
Sorride compiaciuto.
Il suo fiato mi accarezza le narici, mentre la sua bocca si avvicina furtiva alle mie labbra. Mi sfiora il viso con le sue dita; mugolio. Percepisco che sta sorridendo a causa del respiro spinto che mi ha toccata poco prima.
Apro gli occhi sentendomi osservata, prima che il suo sguardo mi faccia trasalire ancora.
Il suo pollice mi carezza il labbro inferiore, quando appoggio la mia mano sul suo petto per allontanarlo; devo smetterla di cadere nel suo gioco.
Mi guarda sorpreso, un po' stranito, prima di spostare le sue labbra da vicino le mie e indirizzarle verso l'orecchio.
Il suo profumo si insinua nelle mie narici, mandandomi in confusione tutti i sensi.
-Ho fame.- mormora con voce profonda.
Deglutisco, prima di sorridere timidamente. Si allontana da me, quando io abbasso il volto verso il pavimento, poi alzo di poco lo sguardo verso di lui, mentre i suoi occhi mi scrutano divertiti.
-Stavo cucinando... prima che tu mi interrompessi.- sorrido spingendolo di poco, liberandomi così della sua forte figura.
Lui non mi ferma, mi guarda semplicemente andare via, poi, mi segue.
-Mi scusi signorina, non lo sapevo, la prossima volta presterò più attenzione.- ride prendendomi scherzosamente in giro.
Lo guardo stupita: credo di non averlo mai visto ridere sul serio, infatti la sua risata ora è diversa, più bella, meno macabra; le sue labbra si assottigliano, lasciando spazio a dei bellissimi denti bianchi, dove nel mezzo vi è la sua adorabile linguetta; i suoi occhi sono socchiusi, mentre piccole rughe si formano ai loro lati; la vena del suo collo si è gonfiata, dandogli un aspetto più sexy. È davvero bello.
Lo scruto sorridendo come un'ebete; sono meravigliata dal suo ottimo umore. Sarà cambiato? Forse sta solo fingendo, ma non riesco a toglierli lo sguardo di dosso.
Sospiro pesantemente, prima di tornare seria. Afferro un coltello e inizio a tagliare i pomodori. Forse non dovrei permettergli di vagare in giro per casa, ma tanto in un modo o nell'altro si libererà lo stesso e forse, poi, non sarà così gentile e dolce. Trasalisco quando mi cinge la vita da dietro. Il suo viso si appoggia sulla mia spalla sinistra, stringendomi forte a sé. Chiudo gli occhi, trattenendo le lacrime. Il suo respiro accarezza dolcemente il mio collo, dove incomincia a lasciargli piccoli baci innocenti. Io continuo semplicemente a tagliare i pomodori, cercando di non lasciarmi trasportare dal suo confortevole tocco.
La sua mano si inoltra nella mia maglietta, percorrendo lentamente tutto il mio ventre, fino a sfiorarmi dolcemente il seno destro; smetto di tagliare i pomodori, in preda all'eccitazione. Appoggio le mie mani sul bancone stringendolo forte.
Le sue dita mi lasciano scivolare una bretella della maglietta che indosso; di sotto non vi è il reggiseno. Mi accarezza la spalla nuda, prima di leccarla delicatamente, poi morde piano.
Sospiro pesantemente, cercando di non piangere; non posso cedere alle sue avance, non posso nemmeno rifiutarlo, forse non voglio.
Il suo dito pollice accarezza lentamente la cicatrice sulla mia spalla, la stessa che lui mi aveva procurato. Un brivido mi sale su per la schiena, al suo gesto. Ispeziona con cura quel taglio ormai chiuso vicino al mio braccio, rendendosi conto del male che mi aveva fatto. Lo lascio fare, ricordandomi di quel giorno. Piango in silenzio, mentre le sue dita percorrono ancora la lunga cicatrice. Il mio respiro esce spezzato, quando le sue labbra me la baciano, dolcemente, teneramente; poi, la lecca come se fosse un gatto. Il mio cuore batte veloce, mentre numerosi brividi prendono in ostaggio il mio corpo; sto tremando.
-Non posso... non voglio... - mormoro con un filo di voce.
Lui si ferma alle mie parole, portando il suo viso vicino al mio orecchio.
-Che cosa?- chiede sussurrando.
La sua voce profonda mi fa vibrare l'animo. Non posso trattenere le lacrime sapendo che lo ferirò.
-Amarti.- dico piano, con voce spezzata.
Il suono del suo sospiro profondo, dispiaciuto, mi percorre i timpani per qualche secondo, provocandomi amarezza nel cuore.
Le sue mani scivolano via dal mio corpo, quando piano si allontana da me; io rimango ferma.
-28 ottobre 2004, ore 23:37... esattamente in questa stanza ebbi questa cicatrice.- dice.
Mi giro incuriosita verso di lui, vedendolo mentre indica una delle tante cicatrici sul suo corpo: quella sulla spalla sinistra, nello stesso posto in cui lui, lo aveva fatto a me.
Lo guardo dispiaciuta, ma curiosa di sapere la sua storia, forse capirò il motivo delle sue azioni.
-Mia madre... lei me la procurò... una notte mio padre tornò a casa ubriaco e incominciò a picchiare mia madre... lo faceva sempre e io non ero mai stato capace di difenderla, forse perché ero piccolo... forse perché avevo paura... ma qualcosa quella notte scattò dentro me... non mi nascosi più, come facevo di solito... no, mi alzai e lo colpii... con un coltello... dritto al cuore... non volevo ucciderlo... non volevo fargli del male... volevo solo difendere mia madre... - mormora cercando di trattenere le lacrime.
Mi da le spalle, mentre trema intimorito; vorrei andare da lui e abbracciarlo, ma forse è meglio lasciarlo continuare, magari vuole solo sfogarsi.
-Ho... ho visto la luce lasciare i suoi occhi, Perrie... io... io ho ucciso mio padre... lui era lì disteso sul pavimento, mentre inalava il suo ultimo respiro... il sangue usciva come sputo dalla sua bocca... e io lo fissavo spaventato... con quel coltello in mano, pieno di sangue sul viso, sui vestiti, sulle mani, sono rimasto sporco di quel sangue per tutta la vita... del sangue di mio padre... - sussurra esitante, ormai piangendo.
Dai miei occhi cadono grosse lacrime, che percorrono veloci il mio viso e mi cadono sul collo. Sono ancora immobile, mentre lo vedo tremare. Non emetto una parola, un suono, niente. Voglio rimanere lì e ascoltare semplicemente la sua storia, perché forse nessuno è mai stato capace di farlo.
-Mia madre si avvicinò a lui piangente... nonostante tutto lo amava ancora... nonostante tutto lei non poteva vivere senza di lui... nonostante io fossi suo figlio lei mi odiava... si girò furiosa verso di me... il suo sguardo era uguale a quello di mio padre... freddo e insensibile... il coltello mi cadde dalle mani... avendo ormai capito, che me l'avrebbe fatta pagare... si... loro erano uguali... poi afferrò violentemente la mia spalla sinistra, infilandogli cruentemente le unghie lunghe e affilate; non potei non gridare, supplicare, chiedere perdono... lei mi rinchiuse nello scantinato... per giorni e giorni, senza mangiare, senza bere e quando mi tirò fuori... aveva trasformato il salotto... nella sala della paura... che voleva usare... solo... per me.- dice piano con voce tremante.
I miei occhi liberano nuove lacrime, mentre il respiro che ho trattenuto in gola, durante il racconto, esce esasperato dalla mia bocca. È orribile; come può una madre fare questo al suo bambino?
Mi avvicino a lui, esitante, prima di toccargli la spalla tremante, poi, appoggio il mio viso sul suo braccio, incominciando a piangere per il dispiacere. Ora capisco il motivo del suo pessimo carattere, non lo giustifico, ma posso comprenderlo.
-Scusami... sono uno stupido... ti ho fatto così tanto male... io... io non volevo... io... io credo di amarti.- balbetta sussurrando.
È dannatamente bello, vestito dei suoi sbagli.
Devo credergli?
Mi alzo sulla punta dei piedi, non arrivando bene a baciarlo dalla mia normale posizione; lo guardo tristemente negli occhi, prima di accarezzargli la guancia; forse cambierà. Le mie labbra incontrano piano le sue, baciandole delicatamente, quasi come fosse il mio bambino. Ha bisogno di essere amato.
-Scusami tu.- mormoro sulle sue labbra.
Un respiro pesante abbandona la sua bocca. Lo accarezzo ancora, prima di allontanarmi da lui e andare verso la pasta, ormai, pronta.
Mi asciugo le lacrime, che insistenti continuano ad uscire dai miei occhi.
-È pronto... siediti.- dico secca, cercando di non far trapelare la mia frustrazione.
Obbedisce al mio ordine.
Mangiamo in silenzio, senza rivolgerci lo sguardo; non posso fare a meno di pensare alle sue parole. Mi fa male sapere che è dovuto crescere soffrendo e non ridendo; mi fa male sapere che è stato sempre circondato da cattiveria e mai da bontà; mi fa male vederlo distrutto, senza riuscire a vedere niente, senza poter cambiare le cose.
Il suo sguardo è perso nel vuoto; cosa starà pensando?
-Hai finito?- chiedo prima di sparecchiare.
Annuisce serio.
Afferro i due piatti e li porto al lavandino; li laverò più tardi adesso voglio solo dormire. Mi giro per salire in camera mia, prima che l'immagine di Zayn mi blocchi. Cosa devo farne di lui? Devo lasciarlo andare? O forse no?
-Senti... io vado a letto... sono stanca... me ne andrò domani mattina...- dico mentre mi dirigo verso le scale.
La sua mano mi afferra il polso, fortemente, facendomi girare sconvolta verso di lui.
Cosa vuole da me?
-No! Non puoi andartene! Tu devi vendicarti! Devi ripagarmi della stessa moneta!- urla quasi arrabbiato.
Scruto i suoi occhi tristi.
Perché vuole che io lo torturi ancora?
-Credo che tu abbia imparato la lezione... non voglio più vendicarmi... ho già fatto tutto.- emetto con un filo di voce queste poche parole.
Il suo sguardo sembra folle, mentre mi guarda disperato.
-Io non ho imparato... io non imparo mai! Devi legarmi, adesso! Devi rimanere qui e torturami o giuro che lo farò io a te!- afferma convinto.
Un'espressione dolorante si forma sul mio volto, quando la sua mano stringe più forte il mio polso; mi fa male. Lo spingo via da me; forse devo ascoltarlo, ma perché mai dovrebbe consigliarmi la sua tortura? Io non lo capisco.
-Non puoi chiedermi questo, Zayn... non sono più in grado di farlo... sei libero, perché non vuoi accettarlo?- chiedo confusa, quasi piangente.
Rimane immobile, senza dire una parola. Poi, sorride follemente.
-Allora non vuoi proprio capirlo? Se non mi legherai  ora... il ricercato diventerò io... non appena troveranno il tuo corpo privo di vita... perciò legami e basta.- dice serio.
Il suo sguardo mi incute paura; lo ascolto.
Prendo le catene e gli lego i polsi, prima di trascinarlo nella stanza delle torture, dove lo lego al muro.
Lo guardo mentre vado via: la sua testa è rivolta verso il basso, come se fosse triste; le sue braccia sono appoggiate alle sue gambe distese sul pavimento; le sue spalle tremano. Provo amarezza, pena, frustrazione, ma devo continuare, me l'ha detto lui stesso, se non lo faccio, mi ucciderà.

Insane||ZerrieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora