Lewis si guardò intorno, come sempre, alla ricerca delle telecamere nascoste. Non aveva ancora fatto l'abitudine a quella situazione, nonostante la certezza di essere costantemente sotto i riflettori.
Il fatto che fossero giunte le fasi finali del torneo avrebbe dovuto rassicurarlo, ma non riusciva proprio ad essere ottimista. Fino a pochi giorni prima erano in quattro, ora restavano solo in tre, senza avere idea di che cosa fosse accaduto davvero agli altri sette piloti che erano stati costretti a prendere parte a quel campionato invernale.
Nei primi tempi era circolata la voce che la loro morte fosse stata simulata per questioni di show, ma era una spiegazione che non convinceva nessuno dei superstiti.
Là fuori qualcuno sapeva? Qualcuno sospettava fino a che punto fosse malata e perversa la mente di chi governava la Formula 1? Oppure affermavano ancora, senza mezzi termini, che era "molto meglio sia dei tempi di Ecclestone, sia dei tempi di Liberty Media"?
Era una follia.
Era solo una dannata follia, da cui non sarebbe emerso alcun vincitore.
Sarebbero morti tutti, Lewis ne era certo. In un modo o nell'altro, sarebbe finita per ciascuno di loro, quindi tanto valeva infrangere le regole e fregarsene del fatto che i contatti tra i piloti di diversi team fossero stati vietati.
Si infilò nella stanza dei ferraristi, perché sapeva che sarebbe impazzito, se non fosse riuscito a parlare con qualcuno, sperando che non fosse l'ultima volta.
Sebastian era solo, seduto sul bordo del letto, con lo sguardo perso.
Quando Lewis richiuse la porta alle proprie spalle, si girò verso di lui e dichiarò: "Ci ammazzeranno tutti. Questo campionato, o per meglio dire questo show, è la versione motoristica di 'Dieci Piccoli Indiani'. Solo, non ci sono colpevoli tra di noi. Siamo soltanto stati ingenui, quando abbiamo accettato di venire qua."
"Cos'altro potevamo fare?" obiettò Lewis. "Ci siamo fidati. Perché non avremmo dovuto? Nessuno di noi pensava che ci saremmo ritrovati da soli, su un'isola in cui i ripetitori telefonici sembrano non esistere e in cui non abbiamo la possibilità di comunicare con il mondo esterno. Non sappiamo nemmeno se possiamo fidarci dei meccanici e dei team principal... chissà quanti, tra di loro, stanno dalla parte di chi ha organizzato tutto questo. In fondo le view e gli introiti valgono di sicuro di più della vita di tutti noi..."
Sebastian scosse la testa.
"L'ho sempre detto che i social network sarebbero stati la rovina del mondo..."
"I social network hanno soltanto fatto emergere i lati oscuri delle persone" replicò Lewis. "Sono diventati la valvola sulla quale sfogare gli istinti repressi. Chi si è divertito vedendo i nostri colleghi morire - sia che siano morti davvero sia che non lo siano - si sarebbe divertito in ogni caso, anche senza i social. Solo, non avrebbe avuto un pubblico al quale comunicarlo."
"Questo significa, appunto, che i social hanno contribuito a tutto questo."
"Mi sembra un po' troppo facile prendersela con i social. Pensa a tutte le persone che li hanno sempre usati per motivi innocenti."
"Del tipo?"
"Tipo postare foto di piatti a base di prosciutto di soia, oppure selfie in cui posavano con la lingua di fuori."
"Non ci vedo niente di interessante, in tutto questo."
"Infatti non c'è bisogno che tu ci veda qualcosa di interessante. Però stiamo parlando di tutt'altro. Davvero pensi che la gente che in questo momento sta posando con la lingua in bella vista sia da mettere sullo stesso piano di quella che si esalta ogni volta in cui vede un incidente grave?"
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Le Cronache dei Vettelton
FanfictionUna serie di racconti brevi e indipendenti l'uno dall'altro, seppure uniti da una linea di fondo essendo ambientati uno in ogni gran premio dell'attuale calendario (alcuni nei tempi attuali, altri nel passato, altri nel futuro), con protagonisti Lew...