CAPITOLO 10

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Sono passate due settimane da quella sera, da quello che è successo.

Nota positiva: ho avuto le mestruazioni. Quindi non sono incinta.
Nota negativa: è successo di nuovo, di nuovo, di nuovo e di nuovo. Mi sono illusa che una volta avuto quello che voleva, una volta appagato il suo piacere la guardia ma avrebbe lasciata in pace, invece ogni dannatissima sera di lavoro è tornato a cercarmi. Avevo detto che la vita è un cerchio, dovevo aspettarmi che le cose non sarebbero mai cambiate. Ovunque io andrò sarà sempre uguale, gli uomini vorranno sempre e solo una cosa da me e io non potrò farci niente.

Dopo essere quasi morta sul pavimento del mio bagno, con i polsi tagliati, ho preso una decisione drastica. Ho raccolto i miei pochi averi, ho abbandonato tutto ciò che potesse collegarmi al mio passato, compreso il mio nome, e sono andata via.

Adesso è una settimana che vivo in questa nuova città, molto più grande e caotica. Devo dire che mi piace, non conosco nessuno e nessuno conosce me, sono solo un minuscolo puntino in mezzo a tanti altri e nessuno farà mai caso alla mia esistenza, a quello che faccio.

Ho deciso di essere come una piccola goccia d'acqua intrappolata nell'inesorabile cerchio della vita, che si lascia sospingere e segue la corrente senza opporre resistenza.

Gli uomini vogliono il mio corpo? Vogliono scoparmi?

Ok, avranno ciò che vogliono, ma ad un prezzo e alle mie condizioni.
Sapevo che non sarebbe stato difficile trovare qualche cliente e guadagno meglio di qualsiasi altro lavoro io abbia mai fatto o possa mai fare. E quando finisco la mia amica lametta mi aspetta per consolarmi e rincuorarmi e pulirmi dallo schifo che mi sento addosso.

Ho finalmente capito qual è il mio posto, ho accettato che sono stata creata solo per il piacere altrui, ho compreso che il mio corpo non mi appartiene e ho smesso di lottare, mi sono arresa. Permetterò alla vita di fare di me ciò che vuole fin tanto che vorrà, fino a che un giorno i miei occhi non si apriranno più sul mondo. Quando anche da chiusi tutto ciò che vedranno sarà il buio e non le mani, le catene, il sangue e il dolore.

Mi preparo per andare al "lavoro", adesso non sono più Natalie, no lei non esiste più, adesso sono Meghan. Indosso la parrucca ed esco di casa alla ricerca di qualche cliente, anche volendo smettere non potrei. Ho dato fondo agli ultimi soldi che mi erano rimasti per poter venire qui e vendermi è il modo più rapido per poterne racimolare.

La prima sera è stata orrenda, quando quel vecchio ha iniziato a spogliarmi e a mettere le sue mani su di me pensavo di vomitare. Ogni suo tocco, ogni sua parola, per quanto lusinghiera, mi disgustavano. Durante il rapporto il dolore era insopportabile e avrei voluto solo strapparmi la pelle di dosso. Tornata a casa ero così stremata e distrutta fisicamente, emotivamente e mentalmente che mi sono accasciata all'ingresso e non mi sono mossa per 12 ore esatte. Ho contato ogni singolo minuto. Mi sono anche imposta il digiuno. Quando non mangio la sensazione di leggerezza alla testa mi impedisce di pensare e di concentrarmi su qualunque cosa.

Poi c'è stata una seconda volta, una terza, una quarta...
Andando avanti, mi sentivo sempre peggio, mi odiavo sempre di più, il mio corpo non mi apparteneva e mi disgustava, sempre più segni sulle mie braccia, sulle mie gambe, ovunque. Eppure, paradossalmente, stavo meglio.

Così ho capito che anche questa è una degna punizione. Si sa, quando si è all'inferno si viene sempre puniti in qualche modo. Prostituirmi è una punizione peggiore di qualunque digiuno e di qualunque taglio io possa mai infliggermi. Più lo faccio, più sentimenti uccido e meglio sto.

E così siamo arrivati a venerdì. Ogni giorno sono riuscita a trovare e servire 3 o 4 clienti, se anche oggi ci riuscirò domani potrò prendermi un giorno per me. Per esplorare nei dintorni, prendermi del tempo per riflettere, dedicarmi un pochino a me stessa.

The Darkness of LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora