CAPITOLO 12

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** Natalie **

Non posso crederci che lui è qui, di fronte a me. Come fa ad essere qui?

Di fronte al suo sguardo, così freddo ed indagatore, mi sento piccola e inutile, mi sembra di essere tornata quella bimba di dieci anni, seduta nella sua camera, che attende le 22. Odierò per sempre quel numero e quell'ora. E adesso siamo qui, il mio corpo non risponde, si rifiuta di muoversi. Ma alla fine è questo che mi è stato insegnato, il mio corpo non è mio in realtà, e deve rispondere ai comandi del padrone.

- Che c'è? Come mai non saluti tuo padre? - fa un passo verso di me

Mi si blocca il fiato in gola e sento gli occhi riempirsi di lacrime, non voglio piangere davanti a lui. Non voglio che abbia questa soddisfazione.

Ma ho paura, una fottuta paura, che mi attraversa e mi scorre nelle vene. Ho passato così tanti anni a subire un'infinità di cose da lui, ho dovuto sopportare e compiere di quei gesti che non voglio né descrivere né ricordare. Vorrei scappare via, ma ho il terrore di quello che potrebbe fare. Se iniziassi a correre, ma lui mi prendesse, quale sarebbe la punizione?

Inizio a tremare e so che lui ha capito, può vedere e sentire la mia paura, ci è sempre riuscito. Sorride e continua ad avvicinarsi.

- Cosa succede? Perché hai paura del tuo papà? Non ti ho sempre trattato bene? -

No, no, no, no, no, no. Non mi hai trattato bene, per niente, mai, in nessun momento. Vorrei dirglielo, vorrei urlargli in faccia tutto quello che penso, gli insulti e il dolore, ma dalla mia bocca non esce nulla. Non riesco a dire niente. Le parole sono chiare nella mia mente, formano pensieri e discorsi infiniti, potrei parlare per ore, ma le mie labbra si rifiuta di collaborare, non si aprono.

E così, lo guardo mentre si avvicina e allunga la mano. In questo momento desidero solo morire. Prego che il mio cuore si fermi. Chiudo gli occhi, sospiro e mi rassegno al mio destino, non posso fare niente per impedire quello che sta per succedere. È sempre stato così e lo sarà per il resto dei miei giorni. Lui dovrebbe essere in prigione, invece, è qui.

- Natalie! - sento urlare il mio nome in lontananza e apro gli occhi di scatto.

Lui non c'è più! Non è più davanti a me, la sua mano che stava per afferarmi, che voleva farmi del male è sparita. Solo in quel momento mi accorgo che ho il viso bagnato dalle lacrime, non sono riuscita a fermarle.

- Natalie... -

Sento di nuovo il mio nome, ma il mio cervello è in tilt, non registra che qualcuno si sta avvicinando e mi chiama.
Ho bisogno solo di una cosa adesso. Faccio ancora molta fatica a respirare, ma mi giro e inizio a correre verso casa.
Spalanco la porta e non mi interessa chiuderla, devo arrivare lì, devo arrivare da lei. Mi importa solo questo.

Entrata in bagno, mi butto in ginocchio e con le mani tremanti prendo la lametta. Nelle mie orecchie sento solo il suono dei miei singhiozzi, i miei occhi vedono solo le mie mani tremanti che stringono la mia amica.

Inizio a passarla senza sosta sulle braccia, sulle gambe e su qualsiasi pezzo di pelle che mi capita a tiro. Ma le lacrime, la paura e il dolore non cessano. Continuano a scorrermi nelle vene, fino ad arrivere al cuore e a stringerlo nella loro gelida morsa.

Che senso ha vivere?

Ho tutto il diritto di fare questa domanda. E la risposta è che non ha alcun senso. Vivo una vita fatta di dolore e sofferenza, provocata da me, dagli altri, da tutti. Non ho un posto nel mondo né un'utilità di alcun genere.

Chi piangerebbe per me se morissi?

Mentre realizzo tutto questo, sento che piano piano tutte le emozioni che mi stavano attanagliando iniziano a farsi meno pesanti, le sento sempre di meno. Mi rendo conto che non c'è motivo di andare avanti così, se poi lui è libero, io non potrò vivere in pace mai. Illudersi è inutile.

The Darkness of LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora