Il Genio e l'Eroe. - Parte I

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Il Genio e l'Eroe. - Parte I.

Prologo.

Il silenzio rimbombava in modo fin troppo fastidioso all'interno di quella grande stanza, dalla volta esageratamente alta.

Il sole splendeva alto nel cielo, come le diverse vetrate di quel luogo dimostravano, eppure un certo grigiume aleggiava nell'aria.

Era di cattivo umore.

Tutti lo sapevano.

E quando era di cattivo umore, di solito qualcuno moriva.

Per questa ragione, nessuno degli uomini lì presenti attorno a lui si stavano azzardando ad aprire bocca. Una sola parola sbagliata e sarebbero stati condotti alla forca.

L'uomo tanto temuto era seduto a capotavola, alla fine di quella lunga tavolata di persone e, in silenzio, stava fissando dei fogli appoggiati di fronte a sé. Era più che altro incantato, con gli occhi persi nel vuoto ma la sua espressione contratta faceva ben presupporre quanto fosse arrabbiato.

Poi, improvvisamente, colto da uno scatto di rabbia, l'uomo si alzò di scatto, buttando con foga tutti quei fogli sul pavimento. Gli uomini che lo circondavano sobbalzarono ma, ancora una volta, non si azzardarono a muoversi, a parlare.

Poi, con un urlo di frustrazione, sbatté entrambe le mani sul tavolo e iniziò a guardare ferocemente ogni persona presente lì attorno a lui.

"Ditemi che ha sofferto" ringhiò, a voce alta. "Ditemi che quell'incompetente di Del Toro ha sofferto quando è stato mandato all'inferno!" esclamò.

Nessuno, in un primo momento, rispose.

Anzi, ogni suo singolo sottoposto continuò a tenere gli occhi costantemente bassi.

"Quell'insetto ha osato fare di testa sua! Gli ho dato un po' di potere e lui ha creduto di essere Dio!" l'uomo emise una risata amara, prima di cadere di nuovo seduto sulla sedia. "Il potere che vi offro rimane sempre di mia proprietà!" urlò, minacciando con il suo dito. "Se solo fosse ancora vivo, gli avrei fatto ben vedere chi comanda! Io sono il presidente! Io solo l'unico che può decidere i vostri dannati destini inutili!" esclamò, alzandosi in piedi nuovamente. Poi, massaggiandosi la tempia con le dita di una mano, l'uomo, il presidente, Klaus Meier, si diresse stancamente verso una delle grandi finestre presenti nella sala del consiglio.

Portandosi le braccia all'indietro e incrociando i polsi, iniziò a fissare insistentemente il panorama che si estendeva sotto di sé. La capitale del suo paese era tutta lì, sotto i suoi occhi, a continuare a vivere ignara della guerra alle porte.

"Greensbook dovrebbe essere distrutta. Rasa al suolo per il clamoroso tradimento di quella feccia" continuò, con aria severa. "Di certo, d'ora in poi, non vi permetterò mai più di avere così tanto potere."

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