Parte VII

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(Martina)

Entrando nell'hotel mi blocco notando una figura al telefono seduta sulle scale. Sentendo il rumore della porta alza gli occhi che si incastrano subito con i miei. Gaia. Cosa ci fa qui? Restiamo a guardarci, lo so di non avere un bell'aspetto, lo so che i miei occhi sono rossi dalle lacrime, lo so che il mio sguardo è vuoto. Il suo viso, già incupito, si rabbuia ancora di più vedendomi ed è facile avvertire un velo di preoccupazione che la pervade mentre mi fissa. Ma non dice niente. Non si alza. Semplicemente aspetta. Non abbassa lo sguardo nemmeno per un secondo. Non posso stare sulla porta tutta la notte e comincio ad incamminarmi lentamente verso le scale. Lei segue ogni mio passo, più mi avvicino e più noto la sua preoccupazione crescere. Devo avere veramente un aspetto terribile e a quanto pare il cappuccio della felpa non ha nascosto il mio stato. Mi blocco quando le sono di fronte e sospiro. Lei resta seduta e poi la vedo frugare nelle tasche alla ricerca di qualcosa. Tira fuori un pacchetto di fazzoletti e me lo porge. Lo accetto senza proferire parola, poi mi siedo accanto a lei. Volontariamente? Sinceramente non lo so. Fatto sta che mi accomodo e mi passo il fazzoletto sul viso, cercando di eliminare con violenza tutto il dolore che sto provando in questo momento. Non so cosa dire, non ho voglia di parlare, non ho voglia di crollare di nuovo e soprattutto non ho voglia di farlo davanti a qualcuno. Credo capisca che non ho intenzione di cominciare io una conversazione perché mi parla lei, stupendomi.

-Hai mai pensato a quanto è rilassante stare stesi a terra? Nel senso che riesci a vedere il mondo totalmente capovolto da come lo viviamo di solito ed è inusuale. All'inizio era una situazione che mi inquietava perché fuoriuscivano emozioni nuove, che non sapevo bene come gestire, difficili da controllare e quindi tendevo ad evitare di sedermi sul pavimento. Poi ho cambiato prospettiva e adesso è diventata una delle cose che più mi aiuta a riflettere razionalmente senza lasciarmi prendere dalle sensazioni negative. Riesco a confrontare ed equilibrare quello che sento e quello che penso e mi sembra di essere l'arbitro di me stessa- Ma cosa stai dicendo Gaia? E soprattutto come parli?

-Una volta, a scuola, avevo preso un'insufficienza e tornai a casa fuoribonda. Mi fiondai direttamente nella mia stanza. Lanciai lo zaino a terra e mi ci sedetti vicino. Dall'altro lato della stanza c'era uno dei miei libri preferiti, To Kill a Mockingbird che aveva come segnalibro un foglio con il testo di una canzone che avevo buttato giù. Oscillavo tra lo zaino e quel libro e mi fermai a riflettere. Senza rendermene conto mi ritrovai stesa sul pavimento a guardare il soffitto e muovevo gli occhi tra lo zaino e il libro ripetutamente come una folle. E pensavo, ripensavo, mi arrovellavo il cervello perché non riuscivo a capacitarmi di quel brutto voto ed ero tanto delusa da me stessa. Mi resi conto di essere a un bivio, ero io al centro e guardavo due rami della mia vita apparentemente distanti tra loro con uno scorcio diverso. C'era da una parte il dovere, lo studio, la scuola, la diligenza che mi veniva continuamente richiesta e dove quel giorno avevo fallito. Dall'altra parte prendeva vita la mia creatività, il mio mondo, le mie idee, il mio punto di forza, il mio modo di interpretare la realtà. Nonostante fossero lontani tra loro e io ero nel mezzo, compresi che quei due filoni non erano inconciliabili come sembravano inizialmente- Ascoltai ogni parola ma ero confusa. Perché mi stava raccontando quello? E soprattutto qual era il punto di quella storia? Non aveva senso. Trascorsero alcuni minuti in cui non ero ancora in grado di proferire parola.

-Le cose si risolvono Marti- Il suo tono era estremamente premuroso e quelle parole me le stava sussurrando con una delicatezza sorprendente, come se avesse timore di rompermi. Sento le lacrime di nuovo pronte a scendere ma mi rifiuto categoricamente di spezzarmi ancora. Non voglio.

-Respira insieme a me- sussurra. Deve avermi visto in difficoltà.

-Concentrati sui nostri respiri. Ascolta il mio e poi respira come faccio io. Lo so che sai farlo bene. Sei una cantante no?- cerca di sdrammatizzare mentre avvicina la sua mano sul mio ginocchio. È calda.

Vienilo a riprendereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora