Parte XVI

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(Martina)

La contentezza che mi provoca comporre è ineguagliabile; buttar giù sensazioni, immaginare melodie, ricercare la parola adatta che descriva al meglio la mia emozione, trovare gli accordi giusti e fantasticare su come suonerebbe il prodotto finale davanti ad un pubblico, mi trasportano in un'altra dimensione e mi svuotano la mente, man mano che elaboro un evento. Il tutto senza che sia consapevole dei minuti che volano via inesorabili diventando presto ore. Quel silenzio che mi avvolge mi permette di concentrarmi al meglio e lasciare che le pagine vengano riempite da note, accorgimenti, parole cancellate e modificate ripetutamente nella ricerca minuziosa dell'interruttore che faccia accendere la lampadina e mi faccia gridare soddisfatta "è questa quella giusta".

Mi tiro su gli occhiali che sono sul punto di scivolarmi via per la posizione china, in movimenti abitudinari che sembrano darmi anche il giusto appiglio per la frase perfetta. Quella luce leggera, intanto, è diventata calda, segno che il sole è ben alto e che il mondo intorno a me si sta svegliando ed è pronto a far rumore. Mi volto a pensare, lasciandomi ispirare da quel bagliore e quando sono convinta di me ritorno velocemente ad appuntare la mia idea sulla pagina, notando con la coda dell'occhio Gaia intenta a fissarmi. Insieme al mondo, si è svegliata anche lei. Mi segno la frase, prima di dimenticarla, e poi rialzo lo sguardo verso la sua figura. Ha i capelli scombussolati, gli occhi ancora stropicciati dal sonno e la maglietta leggermente storta da un lato che lascia un po' di pelle nuda sulla spalla e mi guarda mentre è stesa sul suo fianco, con una mano che le sorregge la testa e quegli occhi chiarissimi, che bruciano su di me. È meravigliosa.

-Buongiorno- dico a fil di voce dal letto di Talisa aggiustandomi la coda spettinata e con la matita tra le labbra.

-Bom dia- saluta lei con voce roca non spostando i suoi occhi stanchi dai miei.

-Non sono in grado di portare avanti una conversazione in portoghese con te- la informo alzandomi dal letto per prendere la chitarra. Tutto ciò che avevo scritto finora non lo avevo testato, strimpellare all'alba con lei che riposava beatamente a pochi passi da me non mi sembrava il caso.

-Dovrò insegnarti la lingua allora- la sento dire mentre si muove nel mio letto stiracchiandosi.

-Preferisco il rivolese-

-Ti ho rubato il letto, mi dispiace- dice mettendosi a sedere.

-Ladra- ridacchio tornando su quello di Talisa con la chitarra stretta a me.

-Non mi sono accorta di essermi addormentata- la vedo pensierosa che si gratta i capelli come a voler spremere le meningi per ritornare alla serata di ieri. Probabilmente sta parlando più a lei stessa che a me.

-Ti sei appropriata della mia camera Gozzi, non ti sembra di dover rimediare?- la prendo in giro mentre mi preoccupo di accordare la chitarra e facendo una faccia schifata quando prendo una stecca per via del dolore che ancora non ha abbandonato le mie nocche.

-Hai ragione, rimedierò- sussurra ancora scompensata dal sonno e sbadigliando ampiamente provocandone di rimando uno anche a me.

-Dormito bene capitano?- le chiedo accennando qualche accordo e rialzando lo sguardo su di lei per darle attenzione.

-Muito bem-

-Gaia smettila di parlarmi in portoghese, non capisco nulla- dico guardandola male e lei sogghigna alla mia espressione contrariata.

-Tu piuttosto? Come stai?- e finalmente si alza sistemandosi invano quella chioma arruffata quasi quanto la mia.

-Me la cavo Gozzi, questa matita mi ha fatto tanta compagnia stanotte- le indico l'oggetto che ho poggiato via per lasciar spazio alla chitarra.

Vienilo a riprendereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora