12.

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Appena entro in stanza, lo sento prendermi un braccio, in un attimo mi trovo al muro, col suo corpo premuto su di me, mi guarda le labbra, poi con lo sguardo scende sul collo, infine ancora più giù.
Sorrido e il suo sguardo ritorna di nuovo ai miei occhi, mi sposta una ciocca di capelli e mi poggia la sua mano sul collo, i suoi gesti sono caldi, morbidi e allo stesso tempo decisi.
Nell'attimo prima che le sue labbra possano poggiarsi poco sotto il lobo del mio orecchio, lo blocco.
- Siamo solo amici. - sussurro.
I suoi occhi mi scrutano.
- Certo. - dice.
- Nessun altro legame. - ribadisco.
- Liberi. - sentenzia lui.
Sono state le ultime parole che ci siamo scambiati, fin quando non ci siamo fermati per riprendere fiato.
Fiori diluvia e c'è il vento a soffiare forte ma sotto a quelle coperte, dentro a quei sospiri e oltre i nostri gemiti, non ci siamo accorti di nulla.
Distesi sul letto, l'uno accanto all'altra, lui sorride compiaciuto e io lo guardo mentre con la mano gioco con il lembo della coperta, mi sporgo oltre di lui per vedere l'orario e lui mi segue con lo sguardo.
- È tardi. - ritorno a sentire la sua voce.
- Fuori è tempesta. - mi distendo nuovamente e poggio una mano sul suo petto.
- Dovrei andare. - confessa.
- Forse ti conviene aspettare, può essere pericoloso. - dico e mi volto dall'altra parte dandogli le spalle.
Ciò che è successo tra di noi, non ha importanza, non è una storia d'amore, non è il mio ragazzo e quindi da buona menefreghista, in poco tempo mi addormento, consapevole che al mio risveglio non lo avrei ritrovato al mio fianco.
Quando alle 7.00 suona la mia sveglia, mi volto e Cesare non è più lì, come da pronostico.
Sorrido, ripensando alle scintille che aveva negli occhi e anche se è stata solo una notte, non mi importa, è stato bellissimo.
Mi alzo dal letto e i miei piedi nudi toccano in pavimento gelido, vado a lavarmi perché tra un'ora devo essere in ufficio e non voglio ritardare.
Appena sono sul posto di lavoro e mi avvicino alla scrivania, trovo un biglietto sulla mia tastiera.
Mi ricorda qualcosa.
Lo prendo e lo apro.
"E se tu fossi ancora nei miei sogni?"
Questi messaggi criptati non li sopporto, vorrei tanto capire chi è che si diverte a prendermi in giro e inaspettatamente, mentre sono ancora lì con quel foglio in mano, sento qualcuno parlare alle mie spalle.
- Quindi li leggi? -
Mi volto riconoscendo la voce.
- Sono le 8.00, che ci fai qui? È prestissimo! - dico a Gabriele con lo sguardo sconcertato.
- Ti ho lasciato un ricordino. - dice indicando il pezzo di carta che ho ancora tra le mani.
- Ascoltami, io mi sento onorata nel ricevere queste attenzioni, ma non sono interessata. -
- Lo so. - afferma lui. - Lo avevo capito, ma vorrei fare solo un ultimo tentativo. -
Quasi intenerita dal suo sguardo deluso, lo lascio parlare.
- Un solo caffè, come due amici. -
Comincio ad essere perplessa.
- Poi ti lascio in pace. - termina.
Prendo un profondo respiro per cercare di ottenere del tempo per pensare meglio, ma alla fine seguo l'istinto e annuisco.
Gli si accende un sorriso sul viso e stringe il pugno in segno di vittoria.
È proprio un tipo strano.
- Grazie, davvero. - si volta e va via, senza nemmeno salutare ma con la faccia di un bimbo alla quale è stato promesso un gioco bellissimo.
Non mi fido molto, non lo conosco e nemmeno ho intenzione di socializzare, quindi ho deciso che la mia tattica sarà quella di rimandare questo invito il più possibile, fin quando non gli sarà passata la voglia e io sarò libera.

Come quando mi hai portato le margherite. /COMPLETA/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora