Cap. 15

109 22 64
                                    

Il sole riflette sui capelli scuri di Martin, lasciando intravedere dei riflessi leggermente ramati che, fino ad ora, ignoravo. Mi immergo in questo nuovo dettaglio e le mie mani fremono dal desiderio, vorrebbero soltanto accarezzarli, tastarne nuovamente la morbidezza, percepirne la freschezza e, scuoterli, per liberarne l'aroma nell'aria, così da poter dare sollievo alla maggior parte dei miei sensi.

"Cathy, perché hai interrotto la lettura?" mi chiede, ruotando il capo nella mia direzione.

Siamo stesi su una tovaglia in prossimità del lago che, con la primavera inoltrata, ha acquisito tutto il fascino del risveglio della natura. Circondati da una distesa di fiori selvatici, nel tepore di questo soleggiato sabato mattina di maggio, io e Martin trascorriamo il tempo come, ormai, siamo soliti fare.

Al di fuori di questi nostri incontri, il mondo prosegue regolarmente. Martin ha la propria vita e io la mia, ma quando veniamo al lago è come se fossimo sospesi in una dimensione senza tempo e senza spazio. Siamo solo noi due e i personaggi dei libri che gli presento, di volta in volta.

"Scusa, mi sono distratta un attimo." Lo guardo dritto negli occhi. È da un po' di tempo che abbiamo cominciato a parlare anche con lo sguardo e il suo, nonostante sia sempre segnato da un velo di tristezza, da quando la madre si è sforzata di riprende in mano la propria vita, dopo l'incendio, sembra più gioioso. È come se, finalmente, i suoi occhi cominciassero a brillare di quella luce che si può notare nello sguardo delle persone che vivono davvero.

Martin allunga in braccio verso di me e inaspettatamente insinua la mano tra i miei capelli, provocandomi un calore che si diffonde in tutto il corpo. Poi, però, la ritrae, mostrandomi una foglia.

"Avevi questa incastrata tra i capelli." Giustifica il gesto.

Oh.

"Grazie."

Che illusa che sono.

In questi mesi il nostro rapporto si è fatto più intimo e forse, in alcuni momenti, ho creduto che tra di noi potesse esserci qualcosa di più. Il coraggio che avevo racimolato la giornata dell'incendio è andato perso e forse è stato un bene, Martin mi considera un'amica e io di questo ne sono felice. È il mio primo vero amico e anche se, forse, provo qualcosa per lui, non rovinerò tutto per delle stupide fantasie. Non posso perderlo.

Mi schiarisco la voce, "allora, dove eravamo rimasti? Ah, si...

-Perché non sai più volare mamma?-

-Perché sono grande tesoro. Quando si diventa grandi ci si dimentica di come si fa-

-Perché ci si dimentica di come si fa?-

-Perché non si è più spensierati, innocenti e senza cuore. Solo chi è spensierato, innocente e senza cuore può volare-"Continuo la lettura dal punto in cui mi ero interrotta.

"Secondo me Peter Pan è solo spaventato all'idea di diventare adulto, ma è inevitabile, dovrebbe farsene una ragione" mi interrompe Martin, con il suo solito cinismo.

"Forse è così, ma non vuole smettere di volare, di credere nelle fate e nell'isola che non c'è. " Tento, in vano, di fargli cambiare idea.

"Persino Wendy l'ha capito, che bisogna crescere" continua, fissandomi.

"Sì, Wendy ha deciso di crescere e adesso non riesce più a volare, non è triste?"

"Sì, ma è realistico. La realtà è triste." Torna a guardare il cielo.

Per rispondere, decido di utilizzare ancora una volta le parole di Peter, "I bambini di oggi sanno troppe cose, smettono troppo presto di credere alle fate, e ogni volta che un bambino dice -io non credo nelle fate-, da qualche parte una fata muore."

Sweet ChildDove le storie prendono vita. Scoprilo ora