Cap. 16

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“Signorina, può accostare.” L'esaminatore rompe il silenzio che da qualche minuto regnava nell'abitacolo dell'automobile.

Faccio come dice, prestando attenzione a non far sbattere le ruote della macchina contro il marciapiede, errore che Martin mi rimprovera sempre. 

L'incertezza mi sta logorando, le pulsazioni del mio cuore mi rimbombano nelle orecchie e i palmi delle mani sono così sudati che sembrano incollati al manubrio di ecopelle dell'utilitaria di mia sorella. Non so nemmeno perché sono così ansiosa, se per la paura di fallire o per il timore di riuscire. Superare l'esame vorrebbe dire fare un grande passo in avanti e non sono sicura di essere ancora pronta per tutto quello che seguirà. 

Ma devo farmene una ragione.

“Esame superato, congratulazioni. Questa è la sua patente, guidi con prudenza.”

Deglutisco a fatica e gli rivolgo uno sguardo preoccupato, che se potesse parlare direbbe  "ne è proprio sicuro?", mentre prendo, con mano tremante, la tessera che l'uomo mi sta porgendo.

“Grazie” riesco, infine, a dire. 

*

Ancora incredula e indecisa se essere contenta o terrorizzata, faccio ritorno a casa. Oggi è il diciottesimo compleanno di Ellen e ha organizzato una festa che si terrà a casa nostra, con tutti i suoi amici e i compagni di scuola. Mamma e papà per l'occasione hanno deciso di darle fiducia e non saranno presenti, trascorreranno la serata in un B&b nelle vicinanze. Credo che avessero bisogno di stare un po' da soli, perché erano fin troppo eccitati al pensiero di questa piccola gita a Owls Head.

Entro in casa e subito percepisco un vociare stridulo fin troppo familiare proveniente dalla cucina. Margaret. Roteo gli occhi in segno di disperazione e mi appresto a rivelare il mio rientro a casa.

“Ciao festeggiata!” saluto con entusiasmo, non ricambiato, mia sorella, che accenna giusto un sorriso freddo. Uno dei tanti, ultimamente. “Margaret.” Mi limito a pronunciare il suo nome accompagnando un cenno con il mento. 

“Che state facendo?” mi rivolgo nuovamente a Ellen.

“Prepariamo gli stuzzichini e i drink per stasera. Gli invitati saranno qui a momenti, ti conviene andare a prepararti” mi risponde, senza guardarmi negli occhi. 

Io, al contrario, la osservo per qualche altro istante. È inevitabile guardarla, è bellissima. Già pronta per la serata, indossa un vestito nero aderente con le spalline sottilissime, come si usava negli anni '90, che le sta meravigliosamente, non c'è che dire. 

“Certo, vado subito.” Tentenno qualche secondo, “non mi chiedi com'è andata?” le chiedo, infine.

“Ah già, l'esame. Com'è andato?” Continua a non rivolgermi lo sguardo.

“Bene, guarda!” Le mostro la tessera che tengo saldamente tra indice e pollice della mano destra. 

Solleva lo sguardo per una frazione di secondo, per poi distoglierlo subito dopo e tornare a sbrigare le sue faccende. “Complimenti, Catherine” risponde, atona.

Se fossi più coraggiosa, se non avessi timore delle conseguenze, se fossi una persona migliore, la afferrerei per le spalle e urlerei a squarciagola “che problemi hai? cosa ho fatto per meritarmi tutta questa freddezza?”, invece mi affliggo, mi spengo e, come al solito, evito il confronto. 

Con lo sguardo basso vado via per trovare rifugio tra le mura della mia stanza. 

Stasera, alla festa, sicuramente, sarà presente anche Martin, e questo fatto mi mette addosso una certa agitazione. Non abbiamo avuto modo di parlare dopo quello che è successo al lago, la settimana scorsa. Siamo stati entrambi molto impegnati o, forse, abbiamo preferito evitarci intenzionalmente, anche se non credo che i motivi fossero gli stessi. 

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