Cap. 19

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16 mesi dopo...

"Rachel, perché il mio testo di filosofia è tutto unto?" mi rivolgo alla mia coinquilina urlando, per cercare di sovrastare il rumore dell'acqua che scorre nella doccia.

"Non ho capito, cosa mi hai chiesto?" la sua voce, proveniente dal bagno, arriva alle mie orecchie come un suono soffocato.

Alzo gli occhi al cielo e impreco interiormente, mentre tento di pulire la copertina del libro con una salvietta umida.

Rachel è la persona più disordinata e pasticciona che io abbia mai conosciuto e viviamo insieme solamente da una settimana.

Spero che il suo livello massimo di disordine sia questo e che non si stia trattenendo perché ancora non ci conosciamo bene, altrimenti esistono concrete possibilità che prima della laurea mi becchi qualche malattia e venga ritrovata morta, dopo giorni, sotto il cumulo di vestiti sporchi che lascia in giro per la stanza.

Finalmente esce dal bagno, avvolta da un asciugamano striminzito che non riesce a coprire molto del suo corpo e si dirige, saltellando, verso il suo lato della stanza, lasciando una scia d'acqua che cola dalle punte dei capelli bagnati.

"Che stavi dicendo, prima?" mi domanda mentre fruga distrattamente tra la pila di vestiti che ha accumulato sul pavimento nel corso dei giorni passati, procedendo con il passarli al vaglio del suo olfatto, cercando, forse, qualcosa di semi-pulito da indossare.

Tento di reprimere un tic all'occhio, non voglio sembrare una precisina puntigliosa, non lo sono mai stata, ma questa ragazza mi fa salire il disturbo ossessivo compulsivo.

"Dicevo, perché il mio libro di filosofia è tutto unto e appiccicoso? Cosa gli hai fatto?" le domando, curiosa e al contempo terrorizzata dalla risposta.

Inclina il capo da un lato e arriccia le labbra, assumendo una posizione pensierosa.

"mmm forse mentre dipingevo, ieri pomeriggio, potrebbe essermi caduto un po' di olio di lino sulla scrivania." Mi rivolge uno sguardo languido, da cane bastonato, e io non posso fare altro che fargliela passare liscia.

"Va bene, fai più attenzione la prossima volta e, Rachel, asciugati i capelli o ti beccherai un raffreddore!" le intimo, mentre esco dalla stanza con la borsa carica di libri. Credo proprio che mi abbia risposto con una linguaccia.

Scrollo le spalle per alleggerire la tensione, oggi è il primo giorno di lezioni. La Brown è un sogno ad occhi aperti e ancora non riesco a credere di essere stata ammessa.

Mentre cammino per il campus osservo meravigliata tutto ciò che mi circonda, e mi lascio emozionare dall'energia che emana la cultura e la storia di questo meraviglioso luogo che mi farà da casa nei prossimi anni.

È ancora presto per la prima lezione della giornata e decido di fermarmi in un chioschetto per fare il pieno di caffeina. Anche il caffè sembra più buono, qui.

Mi seggo su una panchina nel bel mezzo di uno dei tanti giardini del campus, e frugo nella borsa, alla ricerca della mappa del college che ci hanno dato il giorno dell'orientamento. Con la matita, segno le aulee che dovrò frequentare oggi, cercando di capire quali siano i percorsi più veloci per raggiungerle.

Nel bel mezzo del mio meticoloso lavoro di programmazione della giornata, vengo distratta da uno strano rumore: un tonfo. Sollevo lo sguardo dalla mappa e mi rendo conto che qualcosa è atterrato nelle mie vicinanze. Raggiungo i piedi di un albero e mi rendo conto che, steso sull'erba, c'è un libro: Le notti bianche, di Dostoevskij.

D'istinto sollevo il capo per cercare di capire da dove sia venuto. Sono confusa, come ha fatto un libro a cadere da un albero?

Mi piego per raccoglierlo, ma proprio quando le mie dita sfiorano la copertina, un urlo cattura la mia attenzione. Succede tutto molto velocemente, non ho neanche il tempo di sbattere le palpebre che un tizio precipita dallo stesso albero dal quale presumibilmente è caduto il libro, atterrando proprio a qualche centimetro dai miei piedi.

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